Linea d'ombra - anno I - n. 1 - marzo 1983

discussione Goffredo Fofi narrativae giornalismo Nota su Truman Capote "Da diversi anni mi sentivo sempre più attratto dal giornalismo come forma di arte in sè. Per due motivi. Primo, mi sembravache dagli anni venti in poi non ci fossestato qualcosa di autenticamente innovativonella prosa, o nella letteratura in generale;in secondo luogo, il giornalismo inteso come arte era un territorio pressoché vergine, per il semplice motivo che ben pochi veri scrittori si erano dedicati al giornalismonarrativo, e quando l'avevano fatto era stato sotto forma di diari di viaggio di autobiografia". Così Truman Capote nella prefazione a Musica per camaleonti (1980; trad. it. Garzanti, Milano 1982),parlando dei motivi che lo spinsero, dopo il reportage di Si sentono le Muse (1956),ad affrontare la grande fatica dei sei anni di ricerca e fattura per A sangue freddo. Che fu un buon libro, un ottimo libro, però criticato da molti come un "fallimento dell'immaginazione". Questa frase, ricorda malignamente Capote, venne usata da Norman Mailer, che dopo di allora doveva "copiare" il modello Capote nei suoi molti romanzi giornalistici o "romanzi-verità", come Capote definisce il suo, parafrasando quasi certamente la definizione di "cinema-verità" data da Edgar Morin e Jean Rouch al loro Chroniqued'un été (1960)mi pare e poi passata al grande documentarismo canadese, in contrapposizione sia al vecchio documentarismo che al "cinema-occhio" degli americanipre-televisivie televisivi, troppo poco preoccupati di costruire, col documento, il romanzo. In realtà, non era vero che "ben pochi veri scrittori si erano dedicati al giornalismo narrativo" e che l'avessero fatto solo in forma di "diari di viaggi o di autobiografia". Era stato vero solo in parte per Reed, London, Dreiser, Sinclair, Dos Passos, Lardner, Hemingway, Caldwell, Algren; non lo era stato certamente per Wilson, scrittore poco amato da Capote, ma il suo / manoscritti del Mar Morto, che dev'essere della fine degli anni Quaranta, e più ancora Dovuto agli Irochesi, certamente andavano nella direzione del "romanzo-verità", erano già "romanzoverità". In letteratura nulla s'inventa che qualcuno non abbia mai tentato. Per fermarci al Novecento e per guardare all'Europa sarebbe ingiusto dimenticare i tedeschi Kisch o Tucholsky, il russo Tendrjakov (ma anche Pilnjak, Babel, Ehrenbi.irg),i francesi Nizan, Malraux, ecc. ecc. Tentativi imprecisi, può dire Capote (che forse non li conosce) ma tutt'altro che secondari. Perfino l'Italia ha avuto i suoi romanzi o racconti verità: ne hanno scritti la Serao e Salvemini, Lussu e Malaparte, Levi e Scotellaro e molti de "Il Mondo". Siamo tuttavia così ben disposti nei confronti di Capote dalla lettura di Musica per camaleonti da sorvolare sulla sua perdonabile presunzione, e da prendere per buono ciò che è implicito nelle sue affermazioni, che cioè i libri di Mailer e della McCarthy, di Vidal o della Sontag o i formidabili film di Frederick Wiseman venuti dopo i suoi abbiano tenuto conto del suo magistero. E che egli resti, in questo camGoffredo Fofi - 101

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