ECONOMIA La Confindustritl di corte di GIUSEPPE ARE CnE cosA STAACCADENDO AL VERTICE DELla Confindustria? Da un paio di mesi esso è indaffaratissimo a trovare un successore al suo attuale presidente, il Doti. Carli. Ma, sebbene il termine per la designazione sia da un pezzo scaduto, l'impresa è ancora in alto mare. Molti autorevoli personaggi sono stati via via proposti e poi scartati, uno perché di non completo gradimento delle molte correnti che esistono anche in via dell'Astronomia, un altro perché non consonante con le alchimie di cui sembra ci fosse un gran bisogno, un altro ancora perché si è ritratto da sé, timoroso di bruciarsi senza costrutto. Intanto i comitati ristretti delegati a scegliere continuano le loro complicate consultazioni e trattative interne. Una crisi insomma lunga, tortuosa e oscura, del tutto simile a quelle governative a cui ci hanno assuefatto negli anni settanta. Per una organizzazione che ha sempre criticato l'inconcludenza della classe politica da un punto di vista efficientistico non c'è male! Resta da sapere se questa impasse ha qualche importanza dal punto di vista della più generale storia nazionale, o se è una delle tante sterili beghe di corte ~he imperversano a Roma. Insomma potremmo anche chiudere la Confindustria senza danno, come proponeva beffardamente Scalfari qualche settimana fa? O invece quanto avviene ai suoi vertici è il riflesso di una reale crisi culturale e politica di tutta la diffusa imprenditorialità privata italiana? Possibile che questa, nella misura in cui si raccoglie e si riconosce nella Confederazione sia così perplessa e sbandata sulla linea politica da seguire? Di questo problema non ci si può evidentemente disinteressare come si potrebbe invece delle cospirazioni e intrighi di corte. È probabile che gli intrighi e le perversioni dello stato spartitorio abbiano coinvolto adattivamente anche parte dell'imprenditorialità media e piccola, considerata giustamente più sana di quella grande. Ed è abbastanza noto anche da recenti inchieste che essa è piuttosto frazionata politicamente. Ma è certo che quanto avviene ai vertici non è affatto il riflesso di uno scontro o anche contrasto di tendenze fra i novantamila imprenditori che aderiscono alla Confindustria. La struttura di questa, frammentata, stratificata e burocratica non apre nessun canale attraverso cui una qualunque visione politica possa proporsi agli aderenti. misurare i consensi che vi raccoglie e. fondandosi su questi, procurarsi una rappresentanza capace di influenzare o determinare i processi decisionali del vertice. Non è più vero come dieci anni fa che gli ·imprenditori sono universalmente alieni da espliciti dibattiti politici. In questi ultimi anni il loro interesse per i problemi extraziendali è cresciuto enormemente ed essi hanno cercato di sfamarlo come meglio potevano. Ma non meno di prima essi. in quanto base, sono stati accuratamente esclusi da ogni coinvolgimento nelle controversie e nelle scelte politiche che pure avvenivano nel chiuso dei vertici confindustriali. La crisi attuale non è dunque il riflesso di contrasti di tendenza che agitino la base imprenditoriale. È invece il riflesso degli insuccessi del vertice stesso, derivati dal modo in cui esso ha impostato i rapporti con le forze sociali e politiche del paese, dal vuoto in cui hanno finito per trovarsi sospesi la maggior parte dei suoi assunti e delle sue scommesse sulla realtà e l'evoluzione di queste. Il profano potrebbe meravigliarsi che questa crisi sia esplosa proprio dopo anni dominati prima da una presidenza sommamente carismatica e poi da una raffinatamente intellettuale. Non è proprio in questi anni che si è, con eloquenza senza precedenti, asserita la centralità dell'impresa, rivendicata la sua autonomia. denunciati i lacci e laccioli che la intralciano, esortato a tener fede alle regole del mercato, esaltata la vocazione liberale, progressiva, europea, occidentale dell'imprenditoria italiana, e via VIITOR/0 MERLONI CANDIDATO ALLA PRESIDENZA DELLA CONFINDUSTRIA 25 MARZO 1980
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