...... r .... ■ - ■.,.._.r .... ■ ... • lllliiiill' ... - ... • lllliiii "' ... - ...... r .... ■ .... lllliiiill'lnl■ sarebbe tenuto da Il a pochi mesi. Nonostante il veto democristiano, rinunciando ad ogni ritorsione con apprezzabile senso di responsabilità, il PSI permise, sia pure con l'astensione, la costituzione del «governo di tregua» di Cossiga, con l'intesa che esso sarebbe durato fino alla conclusione del congresso della DC. In quegli atteggiamenti si intravidero i primi passi di una politica che - superando le nevrosi e le fughe dalla realtà della metà degli anni settanta - conferiva al PSI un nuovo prestigio fatto soprattutto di coerenza verso l'attuazione di quel •patto con gli elettori», che aveva restituito ai socialisti un peso politico assai maggiore della loro consistenza elettorale e parlamentare. Tutto ciò dura fino a dicembre, o meglio fino allo scoppio della torbida storia delle tangenti dell'ENI, allorquanto la sinistra del PSI si scatena chiedendo, malgrado i patti, la caduta immediata del governo di tregua mentre sale di tono il coro di critiche contro Craxi. E qui si assiste al rovesciamento del marginale che diventa centrale e viceversa. Il marginale era la natura politica delle critiche, il centrale era l'esplicita accusa - non del tutto infondata - rivolta a Craxi di gestire il PSI in modo autoritario ed esclusivista, chiuso nei suoi uffici, protetto e attorniato da tante fide e piccole vedette lombarde. Si arriva all"estenuante sessione del Comitato centrale del 15-18 gennaio ove il marginale politico si conclude con l'unanime richiesta (tranne un solo voto contrario e un paio di astensioni) di un governo d'emergenza, ivi compresi i comunisti, e senza alcuna subordinata. A coronamento di tale intransigenza, tutto il Comitato centrale lanciava un corale anatema contro il pentapartito, mentre il documento. raggiungendo il massimo di raffinata ambiguità, si concludeva reclamando in tale governo la presenza delle forze democratiche disponibili. Le due scuole, che tale frase farà sorgere, discetteranno a lungo silenziosamente, da opposti versanti, sulla disponibilità sia dei comunisti sia dei partiti laici. li centrale, cioè la diminuzione del potere assoluto del segretario, Il LEVIATANO veniva rinviato a tempi futuri con l'armistizio tra Craxi e Signorile. Sia pure con gli scalpitii della sinistra, il PSI attende la conclusione del congresso della Democrazia cristiana per dichiararsi subito dopo «deluso» del risultato che vede la vittoria dei •preambolisti». Un paio di dirigenti socialisti (anche craxiani) arrivano a formulare l'infantile esortazione al Consiglio nazionale democristiano di rovesciare i risultati del PIETRO LONGO congresso, accogliendo le sconfitte ragioni di Zaccagnini. L'aspetto strano delle «delusioni» socialiste sta nel fatto che mentre l'area Zaccagnini dedicava tutte le sue attenzioni al PCI, l'area del preambolo esaltava, invece, il ruolo del PSI intravedendo nel rapporto privilegiato con esso l'unica strada per assicurare un governo stabile ed autorevole al Paese. E qui comincia un altro attacco di nevrosi socialista. Alla proposta di Pietro Longo di una riunione fra i quattro partiti laici, il PSI risponde di essere disponibile solo per incontri bilaterali con tutti i partiti «dal PCI al PLI», mentre il presidente del PSI, Riccardo Lombardi, dichiara di ritenere possibile un governo DC-PSI ma «dopo un assenso politicamente esplicito del PCh («Avanti!, 28 febbraio). Il giorno dopo rettifica affermando che «qualunque soluzione deve essere esplicitamente concordata dai partiti di sinistra sia in sede di programma che di composizione del governo» («Avanti!•, 29 febbraio). Le tre dichiarazioni sono completate, infine, dalle voci socialiste che auspicano un governo DCPSI-PRI verso il quale il PCI manterrebbe un atteggiamento meno duro di quel che avrebbe invece contro l'odiato pentapartito. Poco importa se da questa soluzione la conseguenza più ovvia sarebbe quella di indebolire lo schieramento laico di fronte alla DC. Arrivati a questo punto c'è da chiedersi quale fosse il valore della seconda frase di quegli Appunti programmatici del presidente incaricato on. Bettino Craxi dati alle stampe il 23 luglio 1979 e largamente diffusi dentro e fuori del PSI che recitano testualmente: •La maggioranza parlamentare può nascere da un accordo tra la DC, il PSI, il PSDI, il PRI e il PLI e dall'impegno comune di questi partiti ad operare in leale solidarietà fra loro, per garantire al Paese un periodo di stabilità, di governabilità, di rinnovamento e di riforme». Perché, insomma, il PSI è contrario oggi al pentapartito mentre lo proponeva unanimemente appena sette mesi or sono? È la nevrosi? È la cupio dissolvi? Gianni Finocchiaro 9
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