posti da ultimo al più lungo e crudele strattone di redini del .blo~co totale si poteva, durante questi sessanta g1orn1, ottenere tutto. L'approvazione del coraggioso decreto Cuminetti, che tende a collocare i contributi nell'ottica di un piano pluriennale di risanamento di un settore in crisi, in vista del ritorno al prezzo di mercato, non è affatto, per molte ragioni, scontata. In queste circostanze, il silenzio era d'oro. Ed è stato religiosamente osservato. Perché questa tecnica da felpato agguato notturno? Apparentemente, la questione rientrava nel novero di quelle incontroverse. Il principio del finanziamento statale ai partili è stato san1iona10. ,ia pur di misura. da un referendum popolare nel 1978. Fra gli avversari della legge, i liberali avevano sin dall'inizio annunciato _che l'avrebbero osservata lealmente, incassando. 911 stessi radicali, avversari più infiammati, hanno mcassato proclamando di disobbedirla, nelle circostanz~ res_en_ote dal pamphlet •La rosa rubata» e poi dai d1batllll congressuali di Genova. A ogni modo, nessuno potrebbe mettere seriamente in dubbio la sopravvenuta insufficienza dello stanziamento eroso dall'inflazione, in questi sei anni, in una mis~ra che sicuramente minaccia le finalità di garanzia del minimo vitale per l'indipendenza politico-finanziaria, contemplate dalla legge del 1974.Questione, dunque, di puro adeguamento ai dati della svalutazione avvenuta nonché, prudentemente, di quella prevedibile nei primi esercizi futuri. Cosa di meno indecente? La discr_ezionedella forma prescelta integra, alla fin fine, un riguardo verso l'opinione pubblica, preservata c?sì contro il ritorno di incomode quanto sterili dispute. Anche nel '74 la legge Piccoli passò per le vie brevi, anzi fulminanti: cavato il dente, cavato il dolore ... . A così suadenti considerazioni non si può non nspon~ere, più che con quel certo sdegno che il procedimento menta, proprio evocando i fantasmi di q_uellevecchie dispute. Esse riguardavano, come si ricorderà, anzitutto il contesto della legge, e poi il suo adeguamento. Quanto al contesto, l'apposizione delle firme degli onorevoli Cariglia, Mariotti ed Oronzo Reale all_aproposta Picco_lifu condizionata all'impegno esplicito, sollecitato in particolare dai repubblicani, che entro brevissimo tempo il «pacchetto» fosse completato con altre leggi per la moralizzazione della vita pubblica, in aggiunta ai divieti di finanziamento che l'attuale già prevedeva. Quanto al contenuto ad ogni richiesta di approfondimenti legislativi si tagliò corto adducendo che la legge, urgentissima come replica allo scandalismo in atto, era comunque sperimentale e perciò _suscettibile di ogni correzione, anche a breve termine, sulla base dell'esperienza. A quella sede andava dunque rinviato quanto di apprezzabile pur contenevano proposte e progetti emersi in sede qualificata negli anni precedenti: da Sturzo, a un convegno del PRI, a Bertoldi, all'Istituto di studi legislativi,. al Movimento di opinione pubblica, al Club Turatt. Promesse tanto solenni quanto insincere, come 1Ifuturo (e la delibera in corso sembra stare prop~io in ~unzione di pietra tombale) si sarebbe incancato d1dimostrare. A meno che non si volesse collocare sotto la rubrica della moralizzazione il proposito di estendere le guarentigie dell'immunità parl~m~ntare anc~e agli amministratori locali, o quello d1 nformare in senso permissivo l'istituto del pecula!o, esclu~endo la stessa ipotesi di reato quante v_olte_s1possa dimostrare che denaro pubblico è stato, s1, .d1stra_tto.dagli scopi ai quali leggi, bilanci e dehberaz1om collegiali lo destinavano, ma per dirot- /L LEVIATANO tarlo verso altri lidi. pur sempre pubblici. Di queste aspm1z1om della «nuova classe» si è concretato. ad oggi, solo un vistoso e generalizzato incremento delle indennità e dei gettoni dovuti agli eletti o designati a funzioni pubbliche locali. A livelli, è bene dirlo, in trol?pi ~asi so_cialmenteingiustificati (e chi ha provato a giustificarli, lo ha fatto in chiave di apertura su quelle basi, di un nuovo capitolo della finanz~ di partito). · Ora, questa occasione per ridiscutere non il principio, ma le modalità del finanziamento pubblico dei partiti non può andare perduta. Ci sono gli emendamenti Donai Cattin-Bodrato, frettolosamente respinti nell'_aprile '74,pe_rvincolare a parametri fissati da ogni partito, ma resi pubblici, e stabili, il riparto del C?ntribut<_p>~b~lico fra centro nazionale e organizzazioni terntonali, posto che costituzionalmente esso va riferito alla associazione di cittadini denominata «partito», non al solo vertice centrale. C'è l'insufficie~te modello di bilancio allegato alla legge, ventidue voci fra entrata e uscita, inidoneo a consentire un q1Jalsi'.1sigrado di leggibilità e di comparazione fra b1lanc1, anche da parte di specialisti. E c'è la questione della veridicità dei bilanci: anche a volersi rimettere al puro autocontrollo di partito, integrato da un più esauriente sistema di pubblicità, come non stabilire, quanto meno, che gli organi di controllo che ogni partito si sceglie vengano eletti a voto limitato assicurando la presenza di eventuali minoranze? Infi_n~\ma si potrebbe continuare a lungo) a quale vend1c1tà possono aspirare bilanci e libri contabili di organizzazioni, alle quali contemporaneamente il codice civile preclude la possibilità di intestarsi direttamente i l?ropri beni immobili e mobili registrati, fino al furgoncino per la propaganda, costringendo a intestazioni fiduciarie, a doppie scritturazioni a forme m_olteplici(e anche pericolose, non fosse ~he per la. chiarezza dei rapporti interni) di elusione della legge? I rimedi esistono, sono stati lungamente discussi e studiati. Si insiste anche, fuori dell'area specifica di questa _legge.su una anagrafe patrimoniale dei parlamentari e degli uomini pubblici. Una campagna di opinio_nepubblica può essere ancora, in tempo utile, organizzata. Avendo ben chiaro che non si tratta solo o tanto, di trasparenza interna, di «moralizzazione/ si tratta, più specificamente, di assicurare un maggior grado di democrazia interna nei partiti; più esattam~nte ~n~ora, d_impedire che il finanziamento pubblico s1 nsolv~ in un ulteriore strumento di irrigidin:iento centralista e burocratico. Chi è uso disdegnare siffatto genere.di questioni dai balconi della Realpnlitik di apparato non si lamenti poi del callivo funzionamento delle istituzioni democratiche. Perché i partiti sono, appunto, una di queste istituzioni, collocata in posizione decisiva: e una calli va legge sul finanziamento pubblico ne condiziona il modo di essere in profondità. Paolo Ungari P.S. In atto di licenziarequesto fascicolo del Leviatano pervengono notizie di iniziativedi partiti sia per opporsi all'aumento del finanziamentopubblico,sia (per chi non fu a_brogazionislanel referendum del I978) allo scopo di nformare la legge I95 come condizione preventiva di qualsiasi riconsiderazione dell'ammontare del contributo statale. Comunque vadano le cose, il presupposto stesso dell'emendamentodel governo,che era l'accordo larghissimo se non proprio unanime dei partiti, è a questo punto venutomeno. Ci auguriamoche si sappìatrarre dall'ondata emotiva di indignazioneche scuote l'opinione pubblica l'impulso per una revisionedemocraticadellalegge. · J
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