Il Leviatano - anno II - n. 9 - 11 marzo 1980

r:artito. Medvedev si sente ancora vicino alla «corrente» dei «democratici di partito», una corrente (minoritaria) di sinistra che, all'interno del PCUS, si contrappone nettamente al gruppo di destra (neostalinista) e a quello di centro (moderato-conservatore), verso il quale però naturalmente, essa assume una posizione di apertura. li libro di Medvedev, La democrazia socialista (Vallecchi, Firenze 1977), offre molti elementi per valutare esattamente la posizione politica della «corrente» alla quale egli fa riferimento, soprattutto in rapporto agli altri gruppi di dissidenti. che si pongono al di fuori del partito. Questa «corrente•, anzitutto, si mantiene su posizioni ideologiche comuniste, cioè marxiste-leniniste. I suoi rappresentanti «sono in generale favorevoli non solo alla restaurazione ma anche a un ulteriore sviluppo delle norme leniniste nella vita dello Stato e del partito», ad es. alla restaurazione del vero centralismo democratico contro l'attuale centralismo burocratico. o al potenziamento del Soviet supremo. Conseguentemente, essi chiedono una categorica condanna del culto di Stalin e di tutte le sue deplorevoli conseguenze». Chiedono quindi una più estera e coerente democratizzazione della vita pubblica. con una maggiore libertà di stampa, di parola. di riunione e di organizzazione; la creazione. sia alrintemo che alresterno del partito. di normali meccanismi per lo scambio di opinioni, per la discussione e per· il dialogo coi dissidenti. Medvedev pensa che il «pluralismo» sia un fattore di vivificazione della vita politica, e non lo ritiene affatto incompatibile con l'eredità leninista. Il leninismo è uno dei tratti che maggiormente distinguono la posizione di Medvedev da quella dei dissidenti filo-occidentali, per i guaio lo stalinismo è una logica conseguenza del marxismo-leninismo, e il marxismo, in generale. va rigettato interamente. Per Medvedev, infatti, «sarebbe un grave errore credere che il marxismo-leninismo non rappresenti più una base per lo sviluppo di un nuovo sistema etico». L'altro elemento distintivo è il fatto che Medvedev concepisce l'opposizione al sistema burocratico dominante in Unione Sovietica esclusivamente nella forma di una l;:posizione «legale», che si svo1-· IL LEVIATANO ga nel pieno rispetto della Costituzione. È facile capire, a questo punto, il relativo isolamento nel quale si è venuto a trovare - specie negli ultimi tempi - Roy Medvedev, del quale hanno finito col diffidare tanto i dirigenti sovietici che i dissidenti, e che tuttavia è il frutto di una scelta chiara e rispettabile, quella di dare battaglia all'interno del partito, rifiutando ogni «eccesso», ogni opposizione di tipo cospiratorio. Di qui, quel tanto di autobiografico che è possibile cogliere nel libro su Bucharin (Gli ultimi anni di Bucharin, Editori Riuniti, Roma 1979). l'uomo che non ritenne inutile qualsiasi sacrificio per salvaguardare l'unità del partito, una figura alla quale Medvedev si sente legato anche per motivi più strettamente politici: Bucharin è infatti l'artefice della NEP, e la NEP è la grande protagonista dei libri di Medvedev sulla Rivoluzione d'ottobre (La Rivoluzione d'ottobre era inelutrabile? e Dopo la rivoluzione, Editori Riuniti, Roma 1976e 1978), la cui tesi di fondo è che la Nuova Politica Economica poteva (e doveva) essere introdotta in Russia fin dal 1918. Ma non basta. Poiché anche le crisi del 1928-32, del 1953-54e del 1%3-64 sono imputabili in primo luogo «agli errori di vario genere che si sono commessi nel campo della politica agraria», è fuori discussione secondo Medvedev. che taluni elementi della NEP - e quindi, naturalmente, anche il suo artefice - «andrebbero tenuti presenti anche oggi». ROY MEDVEDEV Medvedev, dunque, contrappo-~ ne Lenin e il leninismo a Stalin. Ma, esaminando più da vicino il Lenin di Medvedev, è facile vedere che si tratta di un Lenin molto vicino a Kautsky (i due sono esplicitamente accostati nell'intervista del «Corriere»). Il Lenin di Medvedev dice, come Kautsky, che «non c'è socialismo senza democrazia». Ma per Lenin si trattava della democrazia proletaria, cioè della dittatura del proletariato. Per Kautsky, invece, si trattava della democrazia liberale o borghese. Tale democrazia, secondo Kautsky, non era una «finzione»: essa era il risultato delle lotte del proletariato, ed era applicabile anche a un sistema socialista. Analogamente, Medvedev ritiene che la democrazia borghese non è una semplice elargizione, che non rappresenta una mera finzione, e che «la società socialista deve adottare molte delle regole e delle istituzioni democratiche stabilite nel corso di secoli di progresso», particolarmente il principio della divisione dei poteri tra legislativo ed esecutivo (una tesi di Kautsky, di nuovo, ma non di Lenin. né di Marx) o la durata limitata delle cariche. Medvedev. insomma. ripete nei confronti di Lenin l'operazione che già Kautsky aveva compiuto nei confronti di Marx, e che gli era valsa l'epiteto di «rinnegato». Anche se per Medvedev il pluralismo politico non implica il pluralismo economico. e il sistema dei Soviet resta ancora un punto di riferimento. è fuori dubbio che le sue J 15

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