Il Leviatano - anno II - n. 8 - 4 marzo 1980

DEMOCRISTIANI Smith, Colajanni e Zaccagnini GwNTO A PAGINA 10s DELLA SUA RELAZIONE al congresso della democrazia cristiana, l'onesto Zac ha un tentennamento, un dubbio che partecipa a tutta l'assemblea: «Dobbiamo chiederci perché tutte queste forze così vive, così operose, così altruiste, non trovano il modo di procedere unitariamente verso traguardi morali e materiali• comuni. È vero, dobbiamo chiedercelo. Eppure che tutte queste energie, questa «fantasia creatrice della nostra provincia• non trovino il modo di incanalarsi in un sano sviluppo non dovrebbe essere incomprensibile. Soprattutto dopo la lettura delle 104pagine precedenti, in cui abbiamo scoperto una DC «proprio brava» con dentro tutte le cose giuste che anche 111l1iberale chiederebbe per l'economia. Unite però a quello che bisogna dire a un cattolico di quelli tosti perché non si metta a piangere. In particolare. una serie di proposre appPna avanZatf' non deriva. sia <·hiaro.,dal desiderio di ritomare all'a11ticu liberalismo» (pag. 25) anche perché il «decadimento attuale» non dipende solo dalla «debolezza della grande borghesia imprenditoria/e• ma anche «dalla inadeguatezza dello Stato di diritto, IL LEVIATANO dalla sua incapacità di evitare gli abusi, e le ingiustizie, il greve mercato affaristico fra pubblico e privato• (cosa, quest'ultima, di cui i democristiani hanno lunga e profonda esperienza). Ma questo è nie11te: c'è proprio del marcio nel passato, nei modelli «classici». Ce lo rivelano, «da un lato il fallimento del tentativo neoliberista in Francia, e dall'altro l'imperversare del 'inflazione in tutti i Paesi ad economia socialista•. Gli opposti estremismi, insomma. Ma oltre a queste, che con molto fair play potremmo considerare formule di stile, la gran parte delle affermazioni di Zac è di tono diverso. Ta1110diverso, dicevamo, da levare I' e11111siasmaol povero osservatore che nelle pagine della relazione fosse andato a cercare (magari con spirito un po' fazioso) la teorizzazione politica del quotidiano agire democristiano in campo economico. L'osservatore non molto attento, non abituato e neanche i11tenzionatoa spaccare il capello in quattro, potrebbe essere disorientato, leggendo uno Zac pieno di attenzione per l'efficienza della spesa pubblica. per la ridefinizione dei settori di intervento dello Stato, il miglioramento dei meccanismi che regolano il mercato del lavoro, la produttività delle grandi imprese. Per dare 1111 po' di conforto al nostro osservatore disorientato (che, comunque, farebbe bene a leggersi tutta la relazione di Zac, esperienza affascinante e utile) conviene ricordare quattro cose. La prima è che Zac parla di •problemi» e tace le «responsabilità•. Basta un decimo della memoria con cui si considera la coerenza dei comunisti rispetto al loro passato, per ricordare che i •problemi» su cui Zac ha una posizione «vagamente liberale» sono il risultato di scelte non liberali, antiliberali della DC. La seconda è che a grattare un ce111imetrosotto le dichiarazioni di principio c'è il vuoto. E non si dica che comunque si tratta di scelte importanti. Dire quello che dice Zac, oggi, non costa niente: il riflusso è nell'aria, basta ritagliare proposizioni e analisi 11011 da Zanone, ma da Lama o Colajanni. Ciò che costa ancora caro è riempire gli scatoloni vuoti con dati precisi sui costi immediati che certe scelte di risanamento comportano. Cosa che la DC non fa. La terza è che Zac ce l'ha con lo Stato di diritto, e si vede. Perché 11011 è 1111 sofisma ricordare che il vero problema per l'economia, a questo punto, 1101s1ono ramo le opzioni sugli obiettivi, qua1110quelle su alcune regole di funzionamento, impersonali e indipendenti dalle tendenze giomaliere del mercato politico. Se 1111fa0 l'elogio del 'efficienza ma sta male a sentir parlare di mercato e Stato di diritto, /'efficienza può proprio tenersela. La quarta è un'osservazione spe_ro11011oziosa, anzi mi auguro pertinente e uri/e. E questa: il disagio provato dal nostro ipotetico osservatore poco esperto di programmi di partito nel constatare che «grosso modo» il programma di Zac è 111e1lenco di richieste «liberali» (se ci fermiamo, ovviamente, al programma, non alla proposta politica per realizzarlo: qui le contraddizioni vengono a galla) dovrebbe far meditare, pitì che sulla DC, sui «liberali», sui laici tanto desiderosi di affermare la differenza fra loro e la DC. Non è certo 1111 discorso da relegare a una battuta· finale, ma mi pare che spesso il timore di «chiedere l'impossibile», un certo qual «ministerialismo» che porta a farsi carico di responsabilità non proprie, faccia perdere incisività alla linea, senza portare a sostanziali guadagni eleuorali. Anche perché, vinca o perda l'onesto Zaccagnini, del «possibile» si occupa .<iiàampiamente la DC. Silvio Bencini 9

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