Il Leviatano - anno II - n. 8 - 4 marzo 1980

EDITORIALE Se Giolitti • • ci npensa IL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO SOCIAlista dello scorso gennaio si era concluso, come si ricorderà, escludendo ogni formula di governo che non prevedesse la partecipazione dei comunisti: «nessuna subordinata•, s'era dello, al «governo di unità nazionale». Una così drastica presa di posizione avrebbe dovuto servire - nelle intenzioni della sinistra socialista cui inopinatamente s'era accordata la componente gioliltiana e infine, per mantenere il controllo del partito, obtorto collo, lo stesso Craxia porre il congresso democristiano di fronte alla necessità di una scelta precisa: i dirigenti del partito ca11oliconon avrebbe più potuto, secondo le previsioni dei lombardiani, continuare a giocare la carta dei socialisti contro i comunisti e viceversa. Ma era facile prevedere che la DC, di fronte alla scelta secca se portare o no i comunisti al governo in tempi brevi, avrebbe finito - tanto più in una situazione internazionale come l'alluale - per pronunciare un non possumus. La conclusione è dunque, almeno apparentemente, che, dal punto di vista della «governabilità», ci si è cacciati nella situazione peggiore: nessun governo è possibile. Non è possibile un governo delle sinistre, se non altro perché manca di una maggioranza parlamentare. Non è possibile un governo che comprenda DC e PCI: gli appelli che si levano in questi giorni da parte di alcuni affinché la DC, nel proprio Consiglio nazionale, rovesci le decisioni congressuali sono, ovviamente. del tulio irrealistici. Se il PCI non entra nel governo, il PSI - se dovesse seguire il deliberato dell'ultimo Comitato centrale - confermerà di non essere disponibile né ad entrare in un governo né a sostenerne uno dall'esterno. Ma senza il supporto del PSI, la DC e gli altri partiti laici non hanno la forza numerica per governare. Non dovrebbe, a rigor di logica, esserci altra via che quella si un nuovo ricorso ad elezioni politiche anticipate. Solo che - e su questo le previsioni, comprese quelle dei direlli interessati, sono unanimi - da uno scioglimento anticipato del parlamento sarebbe proprio il Partito socialista ad uscire a pezzi. Il PSI è dunque l'arbitro della sopravvivenza della legislatura: e nello stesso tempo è il più interessato a farla sopravvivere. Ne consegue che sperare in un cambiamento di rolla del PSI, rispello alle conclusioni del Comitato centrale, è quanto meno lecito, essendo ragionevole presumere che il PSI non voglia farsi fuori con le proprie mani. Certo, è tutt'altro che agevole per i socialisti rellificare la posizione assunta solo un mese fa. Se così facessero - sia pure a condizioni politiche e programmatiche che ne esaltino il ruolo anziché offuscarlo, come potrebbe accadere se, per esempio, ollenessero la presidenza del Consiglio, che liberali e socialdemocratici insistono ad offrire - rendendosi disponibili a formare una maggioranza che isoli i comunisti all'opposizione, dovrebbero scontare una IL LEVIATANO campagna di denigrazione, un allacco furioso da parte del PCI, dirello principalmente contro di loro: e d'altra parte I' alleggiamento comunista durante tutta l'esperienza di centro-sinistra non lascia dubbi. Né è da trascurare il fatto che, inogni caso, un cambiamento di linea incontrerebbe forti resistenze all'interno del partito, la cui anima massimalista e provincialel'orgoglio d'esser diversi dai socialisti europei - è dura a morire. E tullavia: c'è qualcuno che sappia indicare al Partito socialista una strada praticabile diversa da quella di una partecipazione al governo equamente contrattata con la Democrazia cristiana da un ritrovato "è rinnovato fronte laico? E, per altro verso, appaiono segni che lascino sperare in un ripensamento? Alla prima domanda si è già risposto. Il PSI non è chiamato a scegliere tra governo e opposizione, ma tra governo e scioglimento anticipato del parlamento. · Alla seconda domanda ci sembra di poter rispondere - se non interpretiamo male - positivamente. A determinare l'esito dell'ultimo Comitato centrale del PSI concorse, con un ruolo non marginale, la piccola corrente, composta soprattutto di intellelluali, che si richiama in vario modo ad Antonio Gioli11i.Non è un mistero che gli strateghi di questo gruppo, gliAmato, i Ruffolo, i Cafagna, ebbero l'impressione che si aprisse per il loro leader l'occasione di mediare tra la corrente autonomista e quella lombardiana, arrivate ai ferri corti anche per vicende parapolitiche - come quella dello scandalo dell'ENI -, e la possibilità di conquistare un ruolo che altrimenti le dimensioni della corrente non consentivano. Fu questo gruppo ad aprire le ostilità contro Craxi, tramite due «manifesti» di intelle11uali, fumosi nelle prospe11ivepolitiche ma precisi nelle critiche alla gestione del segretario. Le cose andarono però a finire male. Nel varco aperto dai giolilliani irruppe il fiume del frontismo e del massimalismo lombardiano, che scavalcò e travolse l'esile palluglia. Fu un errore, quello degli amici di Giolilli, di cui presto molti di loro dovellero prendere allo. Ora lo stesso Giolilli, sul «Corriere della sera» di domenica scorsa, sembra correggere il tiro. Commentando le conclusioni del congresso democristiano, che ha sì confermato il «moderatismo» democristiano, ma ha visto il prevalere della «linea politica meno ambigua e più coerente», Giolilli ricorda che la risoluzione conclusiva del Comitato centrale socialista di gennaio auspicava la formazione di un governo di emergenza tra tulle le forze politiche democratiche che per tale governo si fossero dimostrate «disponibili»; e constata però «l'indisponibilità» del PCI. Da ciò fa discendere un invito a «riflellere con molto senso di responsabilità, senza precipitazione, sul modo come soddisfare al tempo stesso il bisogno immediato di governo e la prospelliva di sviluppo democratico a più lungo termine» del Paese. Noi condividiamo ques(allenzione ai problemi di prospelliva, coniugata al senso di responsabilità per il presente; il richiamo sensato del leader di una corrente piccola ma prestigiosa e decisiva per l'equilibrio interno del partito ci fa continuare a sperare che il PSI sappia, per quanto gli compete, evitare che la crisi politica del Paese si aggravi ulteriormente. J

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