CULTURA « ••• metteranno al di sopra della vita umana un'idea astratta, anche se la chiameranno Storia... » NoN C'È TROPPO DA STUPIRsi se in questo strano Paese è passato quasi sotto silenzio un anniversario che avrebbe forse potuto fornire lo spunto per utili ripensamenti. Non che io creda molto a questi anniversari, in cui si celebrano «per dovere d'ufficio» nascite e morti di celebri personaggi o di opere famose. Ma, nella fattispecie, il ventennale della morte (una tragica morte, avvenuta per un assurdo incidente automobilistico in una fredda alba del gennaio 1960) di Albert Camus, poteva essere la giustificazione per rileggerlo in una chiave diversa, meno legata ai pregiudizi di «allora», e per scoprirne, magari con stupore e dolore, la straordinaria giovinezza e contemporaneità. Invece, per quel che mi risulta (non leggo tutti i giornali e può essermi sfuggito qualche intervento importante) quell'avvenimento è passato sotto silenzio. O peggio è stato ricordato da un giornale che vorrebbe definirsi «serio» e impegnato come «La repubblica» da un articolo di Giancarlo Marmori che, con grande degnazione, si sforza di salvare qualcosa di questo scrittore, di questo filosofo, di questo uomo di teatro, che in realtà liquida con qualche frase di questo tipo: «Nelle pagine di Camus, infatti, orrore e pessimismo scorrono lisci, non travolgono mai, perchè contenuti, magniloquenti e, in fin dei conti, imparaticci». O, ancora: «Ebbene, anche se il bagaglio culturale di Camus non superava quello di un professorino di liceo (e qui non si capisce se Marmori voglia far passare sottobanco, così, senza parere, un paragone fra l'autore dello Straniero e il «terrorista pentito» Carlo Fioroni), anche se oggi ci urtano il suo tono censorio e tribunizio, le sue piattezze, le iperboli e i truisimi, Camus si delinea, nondimeno solido e giusto, sopra le IL LEVIATANO livide nubi di tanta tempesta•. Sinceramente vorrei rivolgere a Marmori molte domande. Quali sono queste piattezze, queste iperboli, questi truismi, e chi intende con quel «ci» irritano. Se parla con il «plurale majestatis», beato lui. Ma se si riferisce a tutti noi, noi di oggi, noi contemporanei, allora mi sembra che per fare una simile affermazione ci vorrebbe qualche pezza di appoggio, che il giornalista della «Repubblica» si guarda bene dal fornire. Egli butta lì i suoi giudizi. ipse dixir. e il professorino di liceo» è bello che sepolto. Ma lasciamo stare Marmori e il suo giornale e parliamo, invece, di cose serie, cioè di Camus. ALBERTCAMUS Proprio mentre mi accingevo a scrivere questo articolo, più per amore verso uno scrittore e un giornalista, un artista e un uomo di pensiero, che mi ha culturalmente nutrito fin dal mio primo incontro con lui, nel lontano 1946 che per diritti culturali acquisiti, ecco che il caso mi gioca un tiro barbino. Perché, chiacchierando di questo mio compito con un mio giovane amico, scopro - più con meraviglia che con orrore - che lui di Camus non sa proprio nulla. L'amico, come vi ho detto, è giovane: ma non è certo uno sprovveduto. Ha una sua preparazione culturale, ha frequentato molto i nostri «intellettuali», ha lavorato, da sempre, nel mondo della cultura e anche con indubbie capacità. Quello che mi ha colpito maggiormente è stata la giustificazione che egli mi ha dato di questa sua ignoranza: «si vede - ha detto - che per qualche ragione, Camus aveva l'ostracismo negli ambienti della sinistra italiana». Ovviamente, l'amico esagerava, ma mica tanto. Perché la figlia JJ
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