Il Leviatano - anno II - n. 8 - 4 marzo 1980

PIERRE TRUDEAU esistente tra risorse e popolazione. Con un prodotto lordo quadruplicato tra il 1960e il 1975e un livello di consumi raddoppiato per lo stesso periodo, il Canada non è tuttavia ancora riuscito a risolvere i principali problemi strutturali della sua economia, come si è visto, per esempio, durante la crisi recessiva prima della fine degli anni cinquanta, poi recentemente nel 1974-75 e di nuovo in questi ultimi mesi. Ridotto all'osso il paradosso dell'economia canadese risulta questo: il 70% del commercio estero avviene con gli Stati Uniti ed è un commercio di materie prime, che tornano poi in parte nel Paese sotto forma di prodotti finiti. La classe imprenditoriale canadese preferisce operare nel settore bancario-commerciale e reinvestire i suoi profitti (6 miliardi investiti) negli Stati Uniti perché più remunerativi; al contrario, il capitale americano controlla (con 50 miliardi di dollari di investimenti) circa la metà del settore industriale e minerario canadese, e in particolare tutti i settori a più elevata tecnologia. IL 50% delle esportazioni canadesi negli USA è costituito quindi da materie prime e questo rende il rapporto tra i due Paesi simile, sotto certi aspetti, a quello che lega gli Stati Uniti a molti Paesi del Terzo mondo. L'economia canadese risulta pertanto estremamente, e a volte pericolosamente, sensibile alle fluttuazioni economiche del vicino americano; appunto dalle perduranti difficoltà dell'economia americana derivano le attuali battute d'arresto registrate in alcuni settori della stessa economia canadese. Questi stessi problemi si ritrovano poi, forse au- · mentali, sul piano della cultura, dell'informazione e, in generale, del costume. Se il Quebec risulta protetto da leggi speciali per tutelare la cultura e la lingua francese (al punto che la tendenza separatista è oggi in continuo declino), il resto del Paese vive invece l'onnipresenza e onnipotenza statunitense con un misto di irritazione e ammirazione, invidia e rassegnazione, sempre combattuto tra la tentazione di 12 identificarsi con il v1cmo fratello maggiore, e la ricerca di autonomia e identità. Queste difficoltà e lacerazioni non hanno portato il Canada a crisi drammatiche, anche perché i principali protagonisti della scena politica, il partito conservatore e quello liberale, non risultano divisi da contraddizioni di principio insanabili, ma nascono entrambi da una stessa tradizione ideale. Il Canada di oggi è però indubbiamente figlio dell'opera politica del leader liberale Pierre Trudeau, al potere dal 1968 fino alle elezioni del maggio dell'anno scorso. In questi anni Trudeau ha guidato il Paese a una serie di traguardi di notevole importanza. Ha ridotto i pericoli di una secessione del Quebec, ha portato avanti una grande· riforma costituzionale e amministrativa, ha perseguito una più equa e moderna politica fiscale, ha cercato di regolarizzare e disciplinare la scottante materia degli investimenti esteri, ha corretto infine la politica estera dei predecessori di completa identificazione con gli USA (in particolare per il Vietnam). Trudeau è caduto meno di un anno fa sul problema dell'inflazione e della disoccupazione, legate entrambe, come s'è detto, alle caratteristiche strutturali dell'economia canadese. Sostituito Trudeau con il leader conservatore Clark, i problemi sono però rimasti tutti identici e irrisolti; e quando il nuovo premier ha presentato il 13 dicembre il bilancio di previsione per il 1980, con una serie di inasprimenti fiscali e di misure restrittive, il suo governo è immediatamente caduto e si sono rese necessarie nuove elezioni. Al leader conservatore non sono risultate sufficienti le simpatie raccolte dal governo durante la crisi iraniana, che ha visto i diplomatici canadesi sottrarre alla prigionia un certo numero di cittadini americani. Le province del sud. in particolare l'Ontario. che sono quelle che decidono le elezioni (dal momento che le province orientali sono tutte liberali, quelle occidentali conservatrici e che il sistema del collegio uninominale favorisce questa rigida contrapposizione), hanno votato in modo massiccio per Trudeau, ridando così al partito liberale la maggioranza assoluta, con 146 seggi su 282. Notevole successo ha registrato anche il partito Neodemocratico, di tendenza socialista, forte nella zona di Toronto, nei movimenti cooperativi delle zone agricole e nella nuova sinistra, partito che viene indicato come uno dei possibili protagonisti del futuro politico canadese. L'elemento decisivo delle elezioni è risultato probabilmente quello che aveva invece negli anni passati creato delle difficoltà al leader liberale: la sua fermezza, la sua intransigenza, la sua politica di rafforzamento dello Stato e di affermazione del ruolo del Canada come identità nazionale. Sono tempi incerti dappertutto e il carisma è merce rara, così come la sicurezza nelle capacità di una guida politica. A Trudeau è stato sufficiente partecipare alle elezioni per vincerle; non ha dovuto neppure spendere troppe parole o impegnarsi in eccessive promesse: la gente lo ha votato così come si firma una polizza di assicurazione: contro il rischio di pericoli maggiori. Qualcuno, commentando i risultati e il suo fascino sempre vivo, anche se invecchiato, ha paragonato Trudeau a un Nasser canadese; forse più che con Nasser il parallelo andrebbe fatto con il maresciallo Tito, anche lui come Trudeau duro e fervido interprete e garante dell'unità di un Paese ancora alla ricerca di una sua identità nazionale. Aldo G. Ricci 4 MARZO /980

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