COMPROMESSO Chiaromonte insiste L , . EDITORIALE PUBBLICATO DALL'«UNITA• del 24 febbraio (La DC si è assunta una pesante responsabilità), con cui l'on. Chiaromonte ha espresso il giudizio ufficiale del Partito comunista sui risultati del Congresso democristiano, merita qualche commento. In questo editoriale risultano confermati, infatti, alcuni dei più gravi motivi di perplessità formulati da varie parti {non necessariamente •conservatrici•: basti pensare ai socialisti) sulla politica del •compromesso storico•. Tralasciamo pure gli argomenti, per chiamarli così, che l'on. Chiaromonte oppone al rifiuto della maggioranza democristiana di accettare i comunisti nel governo. •Si è arrivati a dire - scrive l'esponente comunista - che (... ) andare a un governo di emergenza contribuirebbe a determinare un aggravamento della situazione internazionale•. Ma questo è un fatto indubitabile, poiché una attenuazione della solidarietà dell'Italia con gli Stati Uniti e una sua posizione neutralistica, come richiesto dai comunisti, introdurrebbe un importante elemento di novità e di cambiamento nel quadro internazionale, che ne uscirebbe fortemente destabilizzato. A favore di chi, m;m è difficile immaginare. •Si è detto anche - prosegue l'on. Chiaromonte - che non è possibile giungere a un governo di emergenza se prima i comunisti non abbiano chiarito bene cosa intendano dire quando parlano della necessità di introdurre "elementi di socialismo" nella nostra società in crisi•. Anche questa, però, non sembra una pretesa irragionevole, bensì un'esigenza ragionevolissima: negli ultimi anni, infatti, il Partito comunista ha espresso, accanto a una linea •riformistica• o •riformatrice• {anche se spesso assai imprecisa, anzi nebulosa nei contenuti), un'altra linea, ispirata al •superamento• del capitalismo (e quindi ispirata non alla •riforma• del sistema, bensì alla sua soppressione). Chi non ricorda le farneticazioni {non troviamo parola più adatta) di Berlinguer nell'agosto scorso, quando proclamava la necessità di un passaggio in tempi brevi da una società fondata sul valore di scambio a una società fondata, nientemeno, sul valore d'uso? Ma non vogliamo indugiare in polemiche sapute e risapute. e veniamo agli aspelli più interessanti e più istruttivi dell'articolo di Chiaromonte. n quale prospetta uno schema esplicativo della situazione italiana in questi termini: la nostra società attraversa una grave crisi {non solo materiale, ma anche morale e politica): per far fronte a questa crisi occorre l'unità di tuttte le forze •democratiche• (e in primis dei due partiti più grandi: democristiani e comunisti); ciò purtroppo non è possibile realizzare, perché il gruppo dirigente democristiano è afflitto da un patologico •complesso del potere•, anzi da una •arroganza del potere». Finché questo •complesso» non verrà curato e guarito, non ci sarà superamento della crisi italiana. Quello che più colpisce in questo schema interpretativo è, oltre al suo semplicismo, una evidente insensibilità per il corretto funzionamento di un sistema democratico. IO Semplicismo, abbiamo detto. E infatti l'on. Chiaromonte, ripensando la vicenda politica degli ultimi trent'anni, a un certo punto scrive: •Il potere della DC è stato costruito anzi sulla divisione del popolo: e questo è forse l'aspetto più grave della politica che, dal 1948 in poi, ha condotto questo partito. Manca sempre, in tutti i dirigenti della DC, qualsiasi accenno autocritico su questo aspetto, che è parte fondamentale del modo come essi hanno governato l'Italia,.. Si tratta di un'affermazione che lascia sconcertati (e certo assai singolare per un marxista): la distinzione fra maggioranza e opposizione che ha caratterizzato la vita politica italiana degli ultimi decenni. non sarebbe il risultato di una contrapposizione sociale, ideale e politica fra due schieramenti profondamente diversi, bensì sarebbe il frutto abnorme di una artificiosa •divisione del popolo• perseguita e imposta dalla •arroganza del potere• del gruppo dirigente democristiano! Emerge qui l'aspetto più inquietante e pericoloso della posizione comunista. Il gruppo dirigente di questo partito dà infatti spesso l'impressione di voler utilizzare l'emergenza per far passare una soluzione che andrebbe assai al di là della durata dell'emergenza medesima: un accordo e un'alleanza a tutti i livelli (dai consigli comunali dei più piccoli paesi al governo centrale, dagli enti pubblici più piccoli a quelli di più grandi dimensioni) fra democristiani e comunisti. Ma questa non sarebbe una democrazia vitale e funzionante, bensì una partitocrazia {di due partiti) e un regime. Sarebbe inoltre un sistema politico che morti- ·ficherebbe le forze laiche intermedie, e nel quale l'opposizione verrebbe •regalata» ai gruppi più estremistici e avventuristici della sinistra extraparlamentare, con effetti destabilizzanti di grande portata. Questo a noi sembra uno dei pericoli più gravi della situazione italiana. Che la maggioranza del congresso democristiano abbia respinto questa soluzione è certo un fatto positivo. Ma è inquietante che il 40% della DC si riconosca ormai nella linea solidaristico-integralistica portata avanti con forza e decisione dal Partito comunista. Giuseppe Betkschi GERARDO CHIAROMONTE 4 MARZO /98()
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