Il Leviatano - anno II - n. 7 - 26 febbraio 1980

I quotidianamente di affrontare, il lorofacile ricorso a formule demagogiche con cui ci si illudevadi blandire gli studenti, mentre si accresceva il loro disorientamento e il loro distacco da un impegno responsabile. li rinvio delle elezioni del 25 novembre, il rifiuto di partecipare a quelle del 23 febbraio, non sono certo un segno diforza per la sinistra e per i laici in genere, bensì l'ultima conferma di una linea di politica scolastica quanto mai ambigua neifini che sipropone e negli strumenti che intende adoperare. Forse Valitutti farà del «lirismo pedagogico», ma i suoi avversari non sembrano mettere in mostra maggiore concretezza. Si prenda, ad esempio, il documento pubblicato dal/' «Avanti!» del I5 febbraio e che contiene le linee di orientamento sulla riforma degli organi scolastici di base, come essa si configura in una proposta legislativa del Partito socialista. Non mettiamo in dubbio le ottime intenzioni di coloro che hanno contribuito alla stesura del documento; prendiamo anche atto che si tratta solo di una parte di un più ampio progetto riformatore che dovrebbe investire l'intera organizzazione scolastica; tuttavia, restiamo abbastanza perplessi difronte a proposte che, invece di semplificare, tendono a rendere ancor più intricata la già ingarbugliatissima struttura scolastica. Abbiamo già visto come il più grosso difetto della riforma del 1974 consista nel 'aver soffocato l'autonomia degli organismi scolastici di base sotto il peso opprimente della burocrazia centrale e periferica fino a svuotarli di ogni effettiva capacità decisionale; ebbene, il progetto socialista proponé ora di istituzionaliuare e potenziare i comitati studenteschi e i comitati dei genitori, che sono sorti, in questi anni, ai margini degli organismi previsti dalla legge; anche se questi comitati dovessero avere, come il progetto afferma, «compiti eminentemente consultivi e propositivi, e di rappresentanza dei problemi e degli interessi più direttamente espressi dalle singole componenti», non è chi non veda come la loro istituzionalizzazione porterebbe al definitivo schiacciamento degli organismi rappresentativi, presi in mezzo fra /'incudine burocratica e il martello, probabilmente demagogico, di assemblee dominate dagli elementi politicamente più attivi, ma non per questo didatticamente pìù responsabili, del mondo scolastico. ISTITUZIONI In discussione al parlamento Paolo Bonetti L'ARGOMENTO DEL CAITIVO FUNZIONAMENto delle Camere è più che mai attuale. L'impressione più chiara che si riceve dal Parlamento dei nostri giorni è di una confusione levantina, causata dalla caduta di quelle regole che hanno caratterizzato l'attività parlamentare fino all'incirca al 1976,quando si concluse la VI legislatura. Regole sçritte, come l'art. 77 della Costituzione, secondo cui il governo adotta decreti-legge soltanto «in casi straordinari, di necessità e d'urgenza•, e regole non scritte, quali l'ostruzionismo ammesso come arma eccezionale, e IL LEVIATANO NILDE JOTII che il Partito radicale ha letteralmente capovolto. A questo punto, trovare una logica nell'attività parlamentare è molto arduo, ma volendo tentare si potrebbe individuarla nella spinta delle minacce: minacce di far cadere il governo, di fare ostruzionismo, e minacce non dei partiti ma di gruppi sociali, come i controllori del traffico aereo. Per la verità, quest'ultimo è un caso in cui l'inerzia è finora più forte della minaccia, ed infatti il provvedimento di smilitarizzazione langue all'ultimo punto dell'ordine del giorno della Camera. che è quello a cui non si arriva mai. Ma vediamo con ordine qualche materia di attualità. Editoria: come spesso è accaduto negli ultimi tempi l'ostruzionismo fine a se stesso, tutt'altro che costruttivo, svolto dal PR nelle già numerose sedute dedicate dalla Camera alla riforma dell'editoria ha sortito l'effetto di provocare un danno peggiore del male che si voleva contrastare. La reazione è stata quella di chiedere ed ottenere dal governo l'emanazione di un decreto-legge anche su questa materia. Si tratta, neanche a dirlo, di un tipico provvedimento-tampone, che, lungi dal rappresentare una riforma organica del settore, serve solo a ripianare il deficit ormai pauroso di alcuni editori vicini ai partiti di regime. C'è da dire che tali deficit sono stati aggravati dal fatto che gli editori, sulla base della promessa riforma, di cui i politici assicuravano la «rapida• approvazione già nella passata legislatura, hanno contratto debiti con le banche sperando di estinguerli al più presto, al varo della legge. Così non è andata e oggi i deficit fanno paura. Ma l'uso dello strumento del decreto-legge è sicuramente inusitato in questa materia e pericolosamente oltre il limite della costituzionalità. Docenze: il disegno di legge di delega per il riordino della docenza universitaria, approvato definitivamente nei giorni scorsi, rappresenta uno stralcio della cosiddetta riforma universitaria di cui si è parlato per decenni e che si è arenata sempre sul problema del personale. Non si tratta, quindi, di un monumento, ma di una legge che ha due soli obiettivi: sistemare le migliaia di laureati, che hanno lavorato molto o poco nelle Università italiane, e introdurre alcuni principi organizzativi delle strutture, come l'istituzione dei dipartimenti (in alcune Università esistono già, ma dovevano essere definiti) e del dottorato di ricerca; del tempo pieno opzionale, e di un regime rigido di incompatibilità. Nella sistemazione degli attuali lavoratori intellettuali c'è un effetto benefico: quello di 9

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