Il Leviatano - anno II - n. 7 - 26 febbraio 1980

«Operaio sociale• è categoria indifferenziata, che comprende l'operaio-massa delle catene di montaggio come le casalinghe, le lavoratrici a domicilio, i tecnici, e soprattutto gli studenti. i lavoratori del terziario e quindi anche, perché no, i funzionari di banca e i professori universitari, purché naturalmente aderiscano ad Autonomia. Perché il concetto di «ricomposizione di classe• va correttamente inteso come ricomposizione sociale e politica, e quindi non definisce sociologicamente un fatto oggettivo. ma implica la coscienza politica del soggetto. ... L'antagonismo radicale di questa «autonomia operaia» deve tradursi in «lotte contro lo sviluppo•, investire l'intero sistema economico e sociale per provocarne il tracollo. Ma non per instaurare il socialismo, sprezzantemente rifiutato come «capitalismo di Staio», anzi forma estrema e più raffinata del dominio del capitale. È il capitale stesso che va distrutto. Toni Negri giunge a prevedere che la distruzione rivoluzionaria dello Stato dovrà rivolgersi anche contro «scienza, tecnica, macchinario, tutto l'armamentario del lavoro morto, le fabbriche esistenti ... ». Allora quale società? Questo problema non turba gli orizzonti teorici del partito della lotta armata. Ma è significativo d'una comune mentalità collettiva che nel filone più ideologizzatv di Potere Operaio e Autonomia il «comunismo» si risolva nella stravagante utopia del «rifiuto del lavoro» iperbole del marxiano «rifiuto del lavoro salariato•. «Il comunismo è maturo - si afferma nel seminario di fondazione di Autonomia Operaia (Padova, luglio-agosto 1973), in quanto è ormai radicata la consapevolezza «che si può vivere senza lavorare, che ci si può definitivamente liberare della schiavitù del lavoro». (Cfr. anche li comunismo della classe operaia, in «Potere operaio», n. 28, 11-18luglio 1970). La miseria teorica di questa filosofia - che tale resta anche quando si presenta impaludata di boria accademica in veste di sofisticate elucubrazioni sui Grundrisse (cfr. T. Negri, Marx oltre Marx, Milano, Feltrinelli, 1979, pp. 174-77), o di •teoria dei bisogni» in soldoni consumistici - non deve ingannare sulla sua efficacia pratica, come motivazione ideologica di comportamenti violenti e radicalmente eversivi; dagli «espropri proletari» al «voto politico». Il •rifiuto del lavoro» esprime infatti in forma parossistica il rifiuto individualistico di sottostare a regole e valori senza i quali qualunque società organizzata, sia essa capitalista o socialista, e tanto meno la moderna società industriale e di massa. può esistere e funzionare. Non si tratta infatti di riformare o pianificare. La società va distrutta con la sua scienza, la sua tecnica, le sue 6 macchine. la sua organizzazione economica e sociale, lanciandone i frammenti umani in uno spazio cosmico sconosciuto ma che s'immagina ricco d'indefinite felici potenzialità. Emerge così con prepotenza il fondo irrazionalistico di questa concezione, attraverso due passaggi fondamentali: la riduzione della teoria a mero momento della prassi, della lotta di classe, e quindi la negazione radicale della dialettica e della ragione. Già Mario Tronti, in un saggio del '65 ripubblicato in quel best sel/er che fu per la generazione del '68 il volume Operai e capitale, aveva scritto che la cultura «è sempre borghese», in quanto mediazione degli antagonismi. «Se la cultura è ricostruzione della totalità dell'uomo, ricerca della sua umanità nel mondo, vocazione a tenere unito ciò che è diviso, - allora è un fatto reazionario e come tale va trattato•. Occorreva un «lavoro di dissoluzione di tutto quanto già c'è, rifiuto di continuare a costruire sul solco di questo passato. L'Uomo, la Ragione, la Storia, queste mostruose divinità vanno combattute e distrutte, come fossero il potere del padrone•. Così l'ossessiva accentuazione del momento dell'antagonismo, in una logica manichea, conduce Toni Negri alla negazione della dialettica e della ragione. La logica antagonistica «cancella la dialettica anche solo come orizzonte( ... ). Qui il processo antagonistico tende (... ) alla distruzione ed ali' annullamento de/l'avversario. Negare la dialettica, questa formula eterna del pensiero giudaico-cristiano, questa perifrasi per dire- nel mondo occidentale- razionalità( ... ) Fine della dialettica? Sì, perché l'atto di pensiero qui non ha alcuna autonomia dalla forza collettiva, dalla prassi collettiva che costituisce il soggetto in quanto dinamismo verso il comunismo. L'avversario va distrutto. È solo la pratica comunista che può distruggerlo e che deve, con ciò, nello sviluppo di se stessa, liberare la ricca multilateralità indipendente del comunismo». (Marx oltre Marx, p. 197). ... L'irrazionalismo nichilista, l'ebbrezza vitalistica dell'azione, del rischio e della distruzione,le suggestioni estetizzanti - che si colgono negli scritti di molti ideologi della lotta armata e nelle scritte murali - l'odio contro i partiti e i sindacati, il disprezzo per la democrazia, l'arroganza elitaria, il «rifiuto del lavoro», la cinica indifferenza per la vita e la dignità umana: sono tutti ingredienti ben noti. Parlare di nuovo fascismo sarebbe certo semplicistico di fronte ad un movimento che vive ancora una fase di ambiguità e ambivalenza, suscettibile però di determinarsi con radicale e repentino mutamento di segno, come l'esperienza storica ci insegna. Così l'infinità ironia della storia ha voluto che mentre le forze democratiche si mobilitavano contro i detriti pur sempre nocivi e insidiosi del vecchio fascismo, alle loro spalle e tra di esse riemergessero virulente, senza quasi che alcuno se ne rendesse conto, quelle tendenze filistee e irrazionalistiche, che assieme alla componente tecnocratica e produttivistica, contradditoriamente, formarono il fascismo storico. Questa antropologia del partito della lotta armata, la sua cultura e la sua determinazione sociologica, sono la chiave della sua infiltrazione profonda negli interstizi della società, dànno ragione in larga parte delle consonanze. delle indulgenze e delle contusioni che dai più diversi strati sociali e dell'opinione pubblica ne hanno consentito e favorito lo sviluppo. (Il testo che precede è una parte della prolusione letta dal prof. Angelo Ventura in occasione dell'apertura dell'anno accademico dell'Università di Padova. Il testo integrale verrà pubblicato dalla •Rivista storica italiana•). 26 FEBBRAIO /980

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