INTERNI DEMOCRISTIANI In un vuoto di idee NON SI PUÒ CERTO DAR TORTOAl COMUNISTI quando affermano (come fa l'on. Napolitano sul n. 37 di «Rinascita») che la preparazione al congresso della Democrazia Cristiana ha confermato «un vero e proprio vuoto di strategia» di questo partito. Anche se sarebbe più giusto riferire tale vuoto al gruppo maggioritario che attualmente guida la DC, cioè all'on. Zaccagnini e ai suoi amici. Costoro sembrano avere per ora un solo imperatitivo categorico: non scegliere. E proclamano apertamente la necessità e la giustezza di tale «linea». La situazione politica - scrive per es. il direttore del «Popolo», l'on. Belci -appare rigida e bloccata; alle diversità storiche e politiche fra i due partiti maggiori, la DC e il PCI, si aggiungono acute contrapposizioni polemiche all'interno del fronte laico, nel quale, da una valutazione se non di affinità almeno di riconoscimento di un comune ruolo storico, si passa a contrasti radicali, venati di dure polemiche, fino ad arrivare a sprezzanti rifiuti. «Non si può dire allora - conclude l'on. Belci - che sia la Democrazia Cristiana a costruire ad arte questa reale complessità e la rigidità di questo quadro, per collocarsi in una posizione centrale di tipo meccanico comoda per eludere le proprie scelte•. Senonché, quello che emerge con sempre maggiore chiarezza è il fatto che il gruppo maggioritario democristiano invoca le indubbie difficoltà della situazione (in primo luogo il marasma nel quale si trova ormai il PSI) solo e soltanto per non pronunciarsi, per non elaborare un programma sostanziato di chiari contenuti, per non delineare una proposta politica. L'unica risposta che l'on. Zaccagnini e i suoi amici sanno dare alla situazione è costituita dalle parole «centralità» (democristiana) e «confronto» (con tutti). Di contenuti (di politica economica, di politica sindacale, ecc.) non si parla nemmeno. Al punto che l'on. Belci se la prende con le posizioni più ·realistiche di Amendola e individua in esse un serio pericolo. Egli afferma testualmente: «la stessa visione amendoliana (rigorosa sulle cose da fare oggi, sulle verità da dire, sui comportamenti da chiedere) appare assai pericolosa». E ciò perché questa posizione richiederebbe di «domare• la società civile e di ordinarla in modo totale! La Democrazia Cristiana, dunque, secondo l'on. Belci, non solo non può, ma non deve scegliere. Quello che conta è in primo luogo la sua centralità, e poi la sua disponibilità al «confronto» (con tutti: comunisti, socialisti, repubblicani, socialdemocratici, liberali - e altri ancora, se ce ne sono). Quanto ai contenuti (quelli del Piano Pandolfi, per intenderci), è bene andarci piano, per non commettere brutalità contro la società civile. Il minimo che si possa dire di tutto questo, è che non si tratta nemmeno di una proposta politica, bensì di una spiegazione infantile, che, in un momento difficile e drammatico della vita del Paese, elude e rinvia tutti i problemi. In realtà, il vuoto ideale e politico dell'attuale segreteria democristiana, e dell'area che ad essa si richiama, è impressionante. Manca completamente una strategia, e la politica si riduce a una piatta routine giornaliera, basata su due parole magiche: centralità e confronto. ma queste parole non sono soltanto magiche, sono anche vuote. La centralità di un partito nella vita sociale e politica può affermarsi solo e soltanto se esso ha una proposta da fare, un'indicazione da dare, un programma da realizzare. Quanto al confronto, al di là del significato nobile ma generico di questa parola (la lotta politica in una democrazia è sempre confronto), non significa nulla se mira a coinvolgere il PCI, in qualche modo e in qualche misura. Perché questo partito ha già risposto con esemplare chiarezza: o al governo, o all'opposizione. E i socialdemocratici e i liberali hanno detto con altrettanta chiarezza: nessun governo con il PCI. L'on. Zaccagnini e i suoi amici non vogliono prendere atto di ciò. E mostrano (al pari dei comunisti) un ben povero e misero concetto della democrazia, la quale dovrebbe. funzionare solo se non c'è dialettica fra maggioranza e opposizione, solo se è «consociativa» e unanimistica: solo, insomma, se è partitocrazia e regime. È significativo in questo senso un articolo di Luigi Pedrazzi (sul «Popolo• del 19 FEBBRAIO 1980
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