Il Leviatano - anno II - n. 6 - 19 febbraio 1980

CULTURA REZA PALHAVI La coda del Pavone VERSO LA METÀ DEGLI ANNI SETTANTA l'Iran poteva essere considerato anche dagli osservatori più attenti come una grande potenza regionale, avviata a diventare in tempi brevi una delle maggiori potenze economiche mondiali. Il reddito nazionale aveva superato nel 1975i 50 miliardi di dollari con un incremento annuo del 10%e un reddito pro-capite di 1529dollari (che sarebbero diventati 2200 nel 1978); mentre la bilancia dei pagamenti era in fortissimo attivo già dal 1974- e le riserve valutarie superavano gli 8 miliardi di dollari. La produzione di petrolio, fonte principale di ricchezza e motore dello sviluppo del paese, era di 267.624.000 tonnellate nel 1975.2%.484.000 nel 1976 e continuava a crescere con riserve valutabili ad oltre il 10% del totale mondiale. Le forze armate, che assorbivano il 27% del bilancio e il 17,4%del prodotto nazionale lordo, costituivano una struttura sotto ogni apparenza formidabile: 200.000 uomini e 1360 carri armati, oltre 60 navi, 300 caccia-bombardieri e parecchie centinaia di elicotteri da combattimento e da trasporto. li sistema sanitario e i programmi di sicurezza sociale avevano raggiunto risultati insperabili per un paese del terzo mondo. Nel 1975erano disponibili 45.604 letti in 498 ospedali. con un personale comprendente IO mila fra medici e chirurghi e 1462 dentisti; mentre una rete di centri d'igiene e di medicina rurali, di laboratori e di dispensari si estendeva nelle provincie più remote. Esisteva, è vero, un'altra faccia dell'Iran, meno ufficiale ma non meno reale: quella delle sacche di miseria, delle enormi differenze di reddito, delle aspettative deluse, delle cospirazioni, quella della Savak, la polizia segreta di Stato, delle repressioni e delle torture. li quadro generale dava tuttavia l'impressione di un regime saldo e stabile, e la fedeltà alle alleanze politiche e militari con l'occidente ne faceva un elemento insopprimibile nel sistema di difesa e di equilibrio geopolitico dell'Asia centrooccidentale o, come si preferiva dire, •il gendarme del Goldo Persico». Senza ombra di esitazioni o di dubbi lo scià poteva permettersi di ricordare ad ogni occasione (scritti, discorsi, interviste) il cammino compiuto dal suo paese e, addirittura, un suo possibile destino di grande potenza. Si illudeva di aver realizzato, a quindici anni dall'inizio (1%3) della Rivoluzione Bianca (la •Rivoluzione dello scià e del Popolo»), solide premesse all'instaurazione di una «nuova civiltà», nel processo di sviluppo economico, nel miglioramento delle condizioni sociali, dell'igiene e della sanità. Sognava per il 1982 di fare delle forze armate dell'Iran uno strumento di potenza impressionante, per effettivi e IO per mezzi, con 760.000 uomini, oltre 3400 carri armati, 690 aerei da combattimento, centinaia di elicotteri, 4 incrociatori, 24 cacciatorpediniere, 12 sottomarini: una forza convenzionale •tra le prime del mondo» e in grado, secondo le sue stesse parole, «non solo di assicurare la salvaguardia degli interessi del paese nel Golfo Persico. ma di continuare a mantenere la stabilità e la pace nell'Oceano Indiano». Pochi mesi sono bastati a rovesciare questo scenario. Oggi l'Iran è un paese sconvolto, lacerato da contraddizioni e contrasti gravissimi, con l'economia sull'orlo del collasso, il potere politico diviso e incerto, in preda ai fanatismi e agli estremismi più irrazionali. Le forze armate imperiali, decapitate, senza alcuna resistenza. di tutti gli alti gradi. non rappresentano più uno strumento operazionale di qualche rilievo. Arresti, processi popolari ed esecuzioni sommarie hanno decimato la vecchia classe dirigente. La stessa unità nazionale è messa a prova dal riesplodere delle tensioni centrifughe nelle province. Il terrorismo, la presa di ostaggi, il rifiuto di ogni convenzione e di ogni autorità internazionale, sono divenuti strumento della politica dello stato ed hanno tolto ogni credibilità al governo del paese. 11' «bastione» delle posizioni occidentali nel Medio Oriente, il garante dell'equilibrio e della stabilità della regione, si è trasformato in un fattore di instabilità e di insicurezza. Come è potuto accadere tutto questo? Dall'esilio americano, con un libro (Réponse à l'histoire, Paris, Albin Michel, 1979) e più di recente in una lunga intervista da Contadora a David Frost per la rete televisiva americana ABC, il deposto sovrano si è sforzato di dare la sua risposta, che, se in parte è la /9 FEBBRAIO /98(}

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