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EDITORIALE l Un programma serio DuNQUE. CRAXI DICE CHE VUOLE I comunisti al governo, pensa che, nell'attuale situazione interna e internazionale, sia molto difficile che ci vadano e quindi, avendo dimostrato che non è colpa sua se il «governo di unità nazionale» non si può fare, spera di portare tutto il Partito socialista al governo a cinque, riaprendo la questione della presidenza del Consiglio: inoltre, avendo mantenuto un atteggiamento di disponibilità nei confronti del PCI, conta sulla restituzione del favore da parte dei comunisti. Spadolini, erede del partito di La Malfa, l'inventore, in altri tempi, della formula di «solidarietà nazionale», non può decentemente smetterla, come farebbe con un abito usato, ora che è diventata impraticabile. Propone allora una trattativa tra tutti i partiti «senza pregiudiali»: ma in compenso richiede con forza l'adesione comunista a una linea di politica estera che il PCI non può accettare (un conto è barcamenarsi, un altro è schierarsi apertamente tra le forze ostili all'URSS). Longo e Zanone, fiutando il cambiamento di vento in casa repubblicana, faciliiano la manovra di Spadolini, accettando l'incontro senza pregiudiziali ma dichiarandosi, giustamente, convinti che il PCI sulla linea filoamericana non marcerà. I comunisti cercano di spaccare il fronte laico proponendo l'esclusione di PLI e PSDI dall'incontro: sapendo che al governo non ci andranno, non vogliono farsi incastrare sul programma. Quindi: prima dit~ci che ci volete, poi decidiamo per fare che. Magri è uno zombie. I radicali eludono. La Democrazia cristiana approfitta dell'insipienza di Riccardo Lombardi: visto che il governo con i comunisti non si può fare, esclusa l'ipotesi di portare i socialisti nel governo con liberali, repubblicani e socialdemocratici, poiché i socialisti temono elezioni anticipate da cui probabilmente uscirebbero battuti, giocando i comunisti contro i laici e i laici contro i comunisti, la DC continua, come ha fatto finora, a tenersi per sé. tutto il potere. Che la politica sia un'arte non saremo noi a negare. Che, come ogni arte, presupponga la conoscenza di una tecnica non perfettamente accessibile a tutti, e che di questa tecnica faccia parte la capacità di far ricadere sugli altri le responsabilità per i mali e far apparire se stessi gli artefici dei beni, appare incontestabile. Se però questa tecnica diventa virtuosismo, se ciascuno crede di poter dire il contrario di 1 quello che pensa, che è a sua volta il contrario di quello che fa, se, in una drammatica situazione interna e internazionale, dimenticando le preoccupazioni e le aspettative del Paese, ogni forza politica si comporta come se al Paese il Palazzo non dovesse rispondere: se accade tutto questo, non ci si può stupire del progressivo decadimento delle istituzioni, del progressivo discredito del parlamento, della frattura che si allarga fra Paese e classe politica. Il Paese è stanco di un gioco politico inconcludente, di un'«emergenza» da cui non si esce mai. di mali unanimemente diagnosticati ai quali non si pone mai rimedio, di toccasana miracolistici che si rivelano regolarmente ricette alla Dulcamara. Ci avete promesso di risolvere il problema della disoccupazione giovanile e poi avete votato una legge che si è rivelata una truffa. Ci avete promesso una casa a prezzo ragionevole e il risultato è che case in affitto non se ne trovano più. Ci avete promesso la giustizia fiscale e ora non avete di meglio che immaginare controlli sugli avventori dei ristoranti, quando tutti sanno che questi controlli non ci saranno mai. Ci avete promesso l'aborto libero e gratuito, e le ragazze incinte continuano a ricorrere alle praticone e alla mammane. Avete detto che ridurre l'inflazione era la prima delle vostre preoccupazioni e, all'inizio del decennio, navighiamo verso un tasso del 30%. Ci avete promesso l'ordine e i terroristi sparano indisturbati nel mucchio. Ci avete promesso un'amministrazione pubblica efficiente e non c'è settore dell'amministrazione, dalle poste alle ferrovie, dai tribunali alle regioni, che non faccia acqua da tutte le parti. L'ultima promessa è la salute per tutti: la riforma sanitaria. Di fronte all'incauto ottimismo della classe politica, il Paese già sa, per antica esperienza e per semplice senso comune, che non funzionerà. A costi sempre crescenti - il servizio sanitario 11011 è gratuito, come si dice: lo paghiamo, e caro, tutti noi -, la riforma offrirà servizi sempre peggiori, l'ospedale 11011 funzionerà come non funziona la posta. Al ministro Altissimo - il quale, non si sa se per amore dell'avventura o per vocazione suicida, da una parte, da liberale, partecipa a convegni organizzati dalla Fondazione Einaudi nel corso dei quali i relatori (prof. Arthur Seldon) definiscono la riforma «una bella carrozza, il cui unico difetto è che non esiste un cavallo che 12 FEBBRAIO /980
possa trainarla» e prevedono, «com'è avvenuto in Inghilterra, Ungheria e Polonia, un mercato nero anche nel cafilpo delle prestazioni sanitarie»; e dall'altra parte, da ministro, non ha il coraggio di dire quello che pensano tutti, che la controriforma sanitaria è destinata al naufragio - al ministro Altissimo, dicevamo, «La Repubblica» ha chiesto: «~i l~cer~bbe operare lei, il cittadino Renato Alt1ss1mo, m queste condizioni» nelle strutture pubbliche? «Il punto non è questo», ha risposto il ministro; e ha proseguito tessendo gli elogi di una legge che il Partito liberale non ha votato. Ebbene, caro ministro, i/ punto è proprio questo. Le persone dotate di mezzi finanziari e di senso comune, compresi tutti i politici, non si fanno curare nelle strutture sanitarie pubbliche. Quelle le lasciano al popolo. Per loro scelgono le cliniche private, i medici fuori della mutua, i professori di nome. Con che faccia difende la sanità pubblica chi, giustamente, non se ne fida? Insomma, ciò che la grande maggioranza del Paese chiede è un governo serio, con un programma serio, con precisi impegni da rispettare con puntualità, in modo da ristabilire un rapporto di fiducia tra Paese e istituzioni. Un governo che, anzitutto, abbia una ferma posizione occidentale in politica estera, per garantire la nostra sicurezza, la nostra indipendenza, la nostra lil;>ertà. Iniziativa autonoma all'interno della NATO, dicono i comunisti. Siamo d'accordo, ma chiediamo un'iniziativa che vada nel senso contrario a quello che essi propongono. Né equidistanza, né neutralismo, né mediazione tra i blocchi: occorre invece un'iniziativa che, anziché .appiattirsi sulle posizioni più deboli dell'Occidente, comprenda anche i motivi di ricatto che l'URSS fa pesare sulla Germania occidentale e che supplisca con una posizione più forte all'oggettiva debolezza di chi ha il dovere di mantenere aperti i contatti con milioni di cittadini tedeschi colonizzati dai russi. Sicurezza all'interno: sostegno all'azione della magistratura e delle forze dell'ordine contro il . terrorismo, sul quale il recente voto di fiducia del parlamento ha dimostrato l'esistenza di una vastissima convergenza. Lotta vera contro l'inflazione, la cui causa fondamentale è l'espansione della spesa pubblica. È ora di finirla con i deficit delle aziende pubbliche: non c'è nessun motivo per cui lo Stato debba produrre, in perdita, cioè a spese di tutti noi, dai panettoni alle automobili. Lo Stato offra i servizi essenziali, mantenga la proprietà delle aziende economicamente sane e si disti, o chiuda, quelle che non riesce a gestire con efficienza. Giustizia fiscale, da ottenere imparando le tecniche adoperate nei Paesi più evoluti e senza inventare cervellotici e irrealizzabili meccanismi burocratici: ma soprattutto riduzione per tutti, a cominciare dai lavoratori dipendenti, del carico fiscale, tagliando di altrettanto le spese improduttive dello Stato e dell'amministrazione pubblica. Crediti per chi produce, non un soldo per chi IL LEVIATANO RENATO ALTISSIMO dissipa la ricchezza. Un servizio sanitario in cui ciascuno possa farsi curare da chi meglio crede, con un sussidio per i più disagiati. Regolamentazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici. Difesa dei più deboli: giovani, anziani, handicappati, invalidi veri. Un termine fissato alla legge dell'equo canone per riattivare l'edilizia; un aiuto concreto a chi vuole comprarsi una casa. Investimenti nel Mezzogiorno. Una scuola che educhi, un'università non da terzo mondo. Vera libertà di stampa e di informazione, anzitutto abolendo il monopolio televisivo, poi liberalizzando il mercato della carta stampata ed eliminando lo scandalo della Sipra. Ma soprattutto pulizia e onestà nell'amministrazione pubblica. Tutti sanno che tutti i bilanci dei partiti pubblicati in questi giorni dai quotidiani sono falsi. Quando il 40% dei cittadini italiani si pronunciò contro questa legge sul finanziamento pubblico dei partiti, si promise che la legge sarebbe stata rivista, che i bilanci sarebbero stati controllati da altri che non dai partiti stessi. Che ne è di questa promessa? Come si può pensare che la gente abbia fiducia nelle istituzioni quando coloro che hanno in mano lo Stato, i partiti, per sopravvivere, ricorrono tutti, come tutti sanno, a «tangenti» di varia provenienza? Quando, in altre parole, tutti rubano? Il nuovo indirizzo del Leviatano è in via Cicerone 44 - 00193 Roma telefono 38.41.55 J
INTERNI DEMOCRISTIANI Come affrontare l'emergenza « p OTREMO CONSIDERARE COMPIUTA L'EVOiuzione del PCI quando l'ipotesi di una presenza al governo o addirittura di un'alternanza alla sua direzione non introdurrà motivi di rischio e di angoscia politico-sociale, come è avvenuto in passato". Questa affermazione dell'on. Benigno Zaccagnini, conteriuta in una intervista al mensile «Euro,. (e che ha provocato una reazione assai polemica e risentita da parte dell' •Unità,.), ha il merito della chiarezza: essa esclude in modo netto che in questo momento sia possibile una partecipazione del PCI al governo. Dopo tante incertezze e tentennamenti, questo punto fermo sembra ormai acquisito da quasi tutti gli esponenti dell'area del segretario democristiano. Senonché, la chiarezza finisce qui, così come finiscono qui le distinzioni. Al di là di questo limite si apre una specie di zona franca, terra di tutti e di nessuno, fatta di ammiccamenti, di profferte di collaborazione, di aperture di credito, ecc. Zaccagnini e i suoi amici insomma, preso atto che non è possibile portare i comunisti al governo, li vorrebbe almeno nella maggioranza; e protestano vivacemente contro l'impostazione •rigida,. del gruppo dirigente comunista («o al _governo o all'opposizione,.). Tipico in questo senso è l'articolo dell'on. Granelli, Come affrontare l'emergenza, apparso sul •Popolo» di domenica 3 febbraio. Granelli polemizza contro i veti aprioristici e le pregiudiziali incrociate, cioè sia contro la posizione dei comunisti (ci siederemo al tavolo delle trattative solo per essere accettati al governo), sia contro la posizione dei socialdemocratici e dei liberali (parteciperemo a trattative, che però escludano sin dall'inizio la partecipazione dei comuLUIGI GRANELLI BENIGNO ZACCAGNINI nisti al governo). «È comprensibile - scrive Granelli - la preferenza dei partiti ad evitare un gioco senza rete, al coperto dell'illusoria sicurezza dei veti incrociati, ma risulta evidente che senza eliminare in partenza le reciproche pregiudiziali il dialogo, non solo il negoziato, rischia di franare prima del suo inizio, con conseguenze che tutti possono immaginare. Il confronto sarà, per la complessità dei problemi sul tappeto, difficile per tutti. Non vi è, tuttavia, un'alternativa praticabile. Nel campo della politica estera le difficoltà sono, oggi più di ieri, rilevanti, così come in altri settori le intese sono meno facili di quanto possa apparire. Ma la gravità della situazione impone una discussione senza pregiudiziali sul programma, sulle scadenze temporali, sulle intese parlamentari, sulle formule di governo e sui modi di governare. È chiaro che per tutti i partiti devono valere le medesime regole". Ci scusiamo per la lunghezza del passo citato, ma valeva la pena di riportarlo. Qui sembra proprio di assistere al gioco dei quattro cantoni. Si confrontino infatti le eleganti nuances di Granelli con la franca affermazione di Zaccagnini che abbiamo citato allo inizio: mentre il segretario del partito esclude tassativamente che i comunisti possano entrare nel governo, uno dei suoi più autorevoli collaboratori (l'on. Granelli, appunto) asserisce invece che tutto è possibile e tutto è aperto, compresa la formula di governo. Chi ha ragione? Chi dice la verità e chi ciurla nel manico? Chi è in buona fede e chi no? E tuttavia questo sarebbe un modo sbagliato e riduttivo di vedere il problema. La verità è che Zac e i suoi amici mostrano anche in questa occasione un'ambiguità, un'incertezza, una confusione incredibili, che possono essere soltanto la conseguenza di un completo vuoto di idee, di una totale assenza di proposta politica seria e coerente. Voler «incastrare,. i comunisti nella maggioranza di governo, lasciandoli fuori del governo, è,dopo tutto quello che è accaduto nel PCI (risultati elettorali compresi), puro infantilismo. E perché mai poi i comunisti dovrebbero essere •maturi» per entrare nella maggioranza di governo, se la loro revisione ideologica è solo agli inizi, se la loro posizione in IZ FEBBRAIO /980
politica estera è inaccettabile, e se in politica interna hanno preteso e pretendono di essere (come ha rimproverato loro Amendola) tanto un partito di lotta (demagogica) che di governo? Tutte queste cose sono state dette con decisione dei fanfaniani. Ha dichiarato per es. l'on. Bosco: «Di fronte ai gravi problemi dél paese, se è paradossale dibattere sull'opportunità di rievocare le paralizzanti inflessibilità delle pregiudiziali ideologiche, è altrettanto paradossale fingere di ignorare che patto sociale e piano Pandolfi sono già stati sostanzialmente respinti dal PCI e che in politica internazionale l'equidistanza dei comunisti non coincide con il nostro impegno atlantico ed europeo. Riproporre il confronto su questi temi come originale e nuova iniziativa politica significa soltanto ricorrere al labile terreno delle mosse tattiche per rendere sterile e improduttivo il congresso DC e perpetuare l'attuale fase di incertezza e confusione politica». In realtà, al contrario di quanto mostra di credere l'on. Granelli, un'alternativa al suo modo di impostare la questione c'è. Consiste, come sempre, nel partire non dalle formule, bensì dai contenuti: i quali sono essenzialmente (come ricorda l'on. Misasi in un suo vigoroso _intervento, Contenuti, 11011 formule, apparso sul «Popolo• del 30 gennaio) la questione meridionale, la disgregazione corporativa, la crisi istituzionale, ecc. Su questi problemi il partito di maggioranza relativa ha il diritto-dovere di elaborare un chiaro programma, all'altezza della situazione, che ponga le condizioni per il superamento della crisi, e di chiamare tutte le forze democratiche (dal PSI al PLI) a collaborare alla sua realizzazione. Se qualcuno si sottrarrà al confronto, se ne assumerà le responsabilità di fronte al paese; e il paese saprà. giudicare. Vero è che per elaborare un programma occorrono delle idee. Forse è per questo che l'on. Zaccagnini e i suoi amici si preoccupano tanto delle formule. Bruno Anioni COMUNISTI Jekyll e Hyde alle Botteghe oscure V /VERE UNA DOPPIA VITA È SEMPRE PENOSO, o almeno così dovrebbe essere, se aveva ragione Stevenson nel descrivere il dramma dello sdoppiamento della personalità nel Dottor Jekyll e Mister Hyde e la catastrofe finale di questa lacerazione interiore. Se questo è vero ci sembra particolarmente preoccupante la situazione psicolo1dca dello storico e giornalista del/' «Unità» Giuseppe Bo/fa, il quale presenta sintomi gravi di questa affezione. Egli è stato per anni uomo di salde certezze a proposito della natura sociale dell'Unione Sovietica e del carisma dei suoi capi. Questo gli permetteva per esempio, se la memoria non mi inganna, di raccontare in tutta serietà e con malcelato entusiasmo, che l'albero piantato da Chrusci!v in occasione del suo viaggio in India era cresciuto molto meglio del/'albero piantato nelle stesse circostanze da Bulganin, a IL LEVIATANO GIUSEPPE BOFFA causa della diversa origine sociale dei due leader (ma anche forse dei diversi destini politici che erano previsti per i due). Boffa ha vissuto quindi in quegli anni una vita psicologica e intellettuale limpida e univoca, nella quale non vi era spazio per ombre o dubbi. Poi purtroppo, con l'accavallarsi delle rivelazioni e dei traumi storici, tutto si è complicato, e i libri di Boffa sulla storia del/' Unione Sovietica scritti in questi ultimi anni sono stati un segno evidente dei suoi dubbi, delle sue lacerazioni e, infine, della sua trasformazione. Chi scrive questi libri è evidentemente 111a1ltro uomo rispetto a quello che scriveva quegli articoli. Ma scacciato dalla porta, /'altro ritorna ogni tanto dalla finestra a far sentire nuovamente la sua voce. Così deve essere stato per esempio il I febbraio scorso, quando Bojfa ha scritto per /'«Unità» un lungo articolo sulla crisi imernazionale, per dimostrare che l'invasione russa dell'Afghanistan è stata solo un pretesto utilizzato dagli Stati Uniti per rompere la politica di distensione. Quello che ci chiediamo, difronte a questo ritorno di certezze, è però che fine abbia fatto lo storico Bo/fa, quello che aveva scritto quei volumi critici e fino a che punto possa convivere con il suo Mister Hyde senza che questo gli provochi 1111d0efinitiva crisi interiore. Ancora più preoccupante ci sembra poi la situazione di Giancarlo Pajetta, il quale, l'altra sera, in una TV privata è stato sottoposto a un fuoco di fila impressionante da parte della base comunista, tutta schierata a difendere l'i11vasio11reussa dell'Afghanistan contro le trame della CIA e dell'imperialismo. Sembrava che il povero Pajetta ricevesse le telefonate di tanti altri Pajetta sparsi per la città e decisi a rinfacciargli quello che per anni egli aveva insegnato loro durante le assemblee di sezione, gli attivi di federazione, i comizi, ecc. ecc. Era comico e allucinante nello stesso tempo assistere a questo duello di Pajetta con il proprio fantasma, incarnato in tanti anonimi comunisti modellati a sua immagine e somiglianza e decisi a non rinlmciare a tutto quello che era stato loro insegnato per anni. Sono solo due casi, ma ci sembrano entrambi preoccupanti ed emblematici. Quanti altri Dottor Jekyll e Mister Hyde abitano a Botteghe oscure? E · quanto potranno reggere a questa scissione interiore senza danni fatali per il loro equilibrio? a.g.r. 5
RADICALI Combattenti e reduci MENTRE TELEVISIONE, RADIO E GIORNAU Cl davano quotidianamente notizie sul «gran fondo» radicale a Montecitorio, con emozionanti cambi di staffetta, concorrenti colti da malore e spettatori cinicamente pronti a scommettere sulla resistenza dei valorosi atleti. abbiamo più volte ripensato ad altre battaglie radicali, quelle serie; quelle che hanno mostrato agli italiani un modo diverso di fare politica. lontano dallo squallore delle burocrazie di partito, vicino al modo di sentire e di parlare della gente comune. Confessiamolo: siamo dei reduci radicali, dei guerrieri a riposo, e abbiamo tutte le patetiche e un po' ridicole nostalgie dei reduci, compresa quella di ripetere: io c'ero. Sì, c'eravamo anche noi, quando si trattò di tra,<·inare i grossi partiti della sinistra storica alla battaglia per il divorzio. cercando di far loro capire che la società era cambiata che si era sviluppata una nuova morale sociale. più pulita e libera di quella legata all'estenuante gioco delle tessere o dell'ideologia. Eravamo anche nelle case dei cuntadini a parlare di aborto e di contraccezione, nelle riunioni di quartiere ad affrontare i clericali nelle loro apocalittiche e grottesche assemblee a difendere i diritti delle minoGIANLUIGI MELEGA 6 ranze in una società (compresa quella di sinistra) che disprezza i perdenti e adora soltanto il successo e il potere. Siamo sempre stati accanto ai radicali, in tutti questi anni, quando essi hanno difeso le sacrosante libertà dell'individuo. il suo diritto a vivere e ad essere f~lice (o infelice) come meglio crede, quando ci hanno ncordato l'esistenza di gruppi sociali emarginati di cui i grandi partiti non si occupano, quando ha~n.o protestato contro l'arroganza delle oligarchie poht,che e contro le mistificazioni sfacciate dei'grandi organi di informazione. Queste battaglie qualcuno di noi le ha condotte non a piazza Navona o a piazza del Popolo, ma in località oscure e remote della provincia italiana, dove certe parole non erano mai penetrate e dove certe lotte erano sembrate fino a quel momento inconcepibili. L'arrivo dei radicali ha svegliato le coscienze, ha dato coraggio. ha iniettato una febbre di sano attivismo perfino in qualche incartapecorito hurocrate di partito. Anche per merito loro l'Italia è diventata un Paese non diciamo libertario (che è una parola gonfia di retorica) ma almeno liberale, come mai lo era stata nella sua storia precedente. Ora, invece, siamo ai gargarismi oratori di Montecitorio, con il Partito radicale impegnato in una prova di forza perduta in partenza contro una legge che la coscienza popolare esige perché sente che. nonostante alcuni difetti. non intacca le nostre libertà fondamentali. Ma quello che fa più rabbia. quello che non possiamo perdonare a Pannella e ai suoi amici, è vedere come essi, che credevamo amici sinceri delle istituzioni rappresentative, non abbiano provato nessuno scrupolo a paralizzare il parlamento, rendendosi così complici di quelle oligarchie partitiche che fanno di tutto per svilirlo e screditarlo agli occhi di un'opinione pubblica sempre più disorientata. Il male di vicende come questa lo misureremo solo nel futuro. Paolo Bonetti «REPUBBLICA» La logica nel cassetto « L REPUBBUCA. DEL 2 FEBBRAIO SCRIVE e/re, nell'area politico vicina a Zaccag11i11i,circolerebbe il giudizio secondo cui •non è esal/o e/re fa s(t11azio11ei111emazio11alerenda pùi difficile 1111 inserimento del PCI nel/' esecutivo. Anzi lofaciliterebbe. Un governo del genere servirebbe tall/o agli USA quanto all'URSS,. li ragionamemo e/re so//ende questa singola;e tesi politica sarebbe il seguente: «Gft Stai/ U~,11avrebbero una Alleanza atlantica più forte, pere/re non et sarebbero i comunisti a spararle colllro_; I' ~11io11eSov_ie1ica meno preoccupazioni, pere/re all 1111emodell Alleanza at/ontica vi sorebbe 1111 governo, quello itoliano, nel quo/e il PCI avrebbe 11110 funzione moderlllrice,. lnsommo, per rendere 11110schieramento pitì forte, basta inserire ,111 membro di fiducia dello sc/rierame1110avversorio. Ovvero. _la logico nel cosse/lo (di Sca/fori). L '. Uni1à 11oz1011ole•ne combino di scherzi. 12 FEBBRAIO /980
«LOTTA CONTINUA» Non avendo la Sipra ... &CENSENDO IL LEVIATANO, •WTTA CONTInua• ha avuto l'idea poco felice di intitolare il suo articolo "Dalle stelle alle stalle,, quasi l'attività di Giulio Savelli fosse da considerare positiva solo finquando ha operato come «editore di sinistra», e che oggi, riconoscendosi in una tradizione ENRICO DEAGLIO culturale diversa, •sia caduto in basso». Per di più, l'articolista si domanda che tipo di società il Leviatano stia auspicando. Non sono certo d'accordo con il progetto politico che sembra sottendere la rivista, ma mi sembra che l'atteggiamento di «Lotta continua» sia, in questa vicenda, meno serio del solito. Con la tradizione liberal-democratica se si vuole una società pluralista bisogna avere il coraggio di misurarsi senza facili boutades sinistresi. Ed è per questo che ho accettato di scrivere per il Leviatano qualche riga proprio sulle difficoltà in cui versa «Lotta continua». Cominciamo con il dire che il quotidiano «Lotta continua» è, se non un quotidiano «molto venduto», certamente quello che si definisce un ,formatore di opinione,. A «Lotta continua,, alle sue tesi, al suo lavoro fra i giovani dal 1977inpoi, ha guardato più di un intellettuale o di un giornalista di sinistra. traendone spunti e indicazioni su quello che si muove e quello che esiste in una società diversa da quella ufficiale o da quella del Palazzo. Questo fa di • Lotta continua, 11nbene comune, un patrimonio nel campo dell'informazione che 11011 può assolutamente essere disperso. Con una drammatica conferenza stampa e con una campagna di informazione, durata diversi giorI FASTI D'ITALIA ni, i responsabili della cooperativa che gestisce la testata hanno lanciato l'allarme. ,Lotta continua• sta morendo. Chi la strozza? La strozza la società ufficiale, la strozza il mondo dei partiti, la strozza la burocrazia insuperabile dei crediii bancari concessi solo per •raccomandazione politica», la mafia delle società pubblicitarie, anche questa saldamente ancorata agli interessi politici. Insomma la prima società strozza con ogni mezzo l'unica sonda parziale che si immerge nella seconda società. Un esempio: il credito. ,Lotta continua• ha un fatturato annuo di due miliardi, non ha un passivo consistente, si vende abbastanza bene in edicola. Ebbene, tutto il credito di cui può disporre il giornale da parte di una banca, il Banco di Santo Spirito, è di circa dieci milioni. Qualunque bottegaio con una attività commerciale avviata riesce ad avere di più. Qualunque testata, anche quelle semiclandestine di alcuni fra i maggiori partiti politici italiani, ottiene cifre da capogiro, quasi sempre ,denaro a perdere, offerto graziosamente in nome di servitù e vassallaggi politici a questo o quel feudo. Stesso discorso vale per la pubblicità. Capita spesso ai lettori di cose politiche di vedere, sempre su quei quotidiani semiclandestini, intere pagine pagate da questo o quel wande inserzionista. Sono le mega-agenzie come la Sipra a dirottare su giornali, praticamente inesistenti sul piano della vendita e quindi nella società, grandi inserzioni. Le società pronte a garantire un ,minimo annuo, per i vassalli del Palazzo 11011 concedono nulla a • Lotta continua,. Altrettanto vale per i delegati ufficiali della società diversa, i radicali. Sulla sopravvivenza di ,Lotta continua• hanno sprecato fiumi di parole, su i giornali minori e sul pluralismo sono pronti a dire ogni bene possibile, ma anche loro, quando si è trattato di portare la mano dal cuore al portafogli, si sono tirati indietro. Dicono che dipende dall'indocilità di ,Lotta continua,, da/fatto che non è disposta ad ,appiattirsi• su questa o quella linea politica. Bambini indisciplinati, restate senza cena, in castigo, fino a quando non avrete dimostrato di sapervi piegare di sapere dire di sf. Mi auguro che • Lotta continua• sopravviva grazie alla sottoscrizione dei suoi lettori, e che ottenga finalmente quel credito che nessuno le vuole dare, mi auguro che i partiti di sinistra per una volta almeno dimostrino lungimiranza anziché settarismo. Ma non ci spero molto. Quello che spero è che i redattori di• Lotta continua, siano capaci di dire ancora •no~ per molto tempo. Ne vale la pena. Carw Rivo/Ja I di Venerio Cattani Angoscia Intervista di Zaccagnini. Dopo aver lavorato cinque anni per l'ingresso dei comunisti al governo, adesso scopre che l'ipotesi introduce •motivi di rischio e di angoscia politico-soc.iale•. Dunque non è un fatto politico, è un fatto psicologico ed estetico: a vedere il PCI la gente •si angoscia•, come se Incontrasse di notte il cagnaccio dei Baskerville o il gorilla della via Morgue. Come faccia il PCI a continuare a discutere di politica con elementi del genere risulta incomprensibile: via del• le Botteghe Oscure deve essere finita In maoo ai terziari franct"SCani. di genio, che, dopo aver trascorso la vita a f~re vetrine e lampioni, improvvisamente erediti un grande magazzino di cristalli di Murano e di ceramiche Rosenthal. Basta vedere la fotograria che illustra la sua intervista a •Repubblica•: gli scintillano gli occhi! Dissenso Carlo Ripa di Meana ha scritto per il «Corriere delJa sera11-l'intervento che non ha letto al Comitatò centrale del PSI. Insomma, dopo quella di Venezia sul dissenso sovietico, ora gU tocca organizzarsi la mostra del dissenso proprio. Il LEVIATANO Vandalismo Lombardi presidente del Partito socialista fa venire in mente un vandalo 7
REALTA' SOVIETICA Boicottare le Olimpiadi! Intervista con VLADIMIR BUKOVSKIJ VLADIMIR BUKOVSK/J NEL COMUNICATO CONGIUNTO EMESSO DOPO L'/Ncontro tra Brelnev e Btrllnguer avvenuto nello scorso !tlltmbre cl si rallegrava del «successi ttOOOlllicl•, oltre cht culluraH e ocltntllkl, ddJo «Stato 90Cialista 90vlttlco•. Cht cosa nt dice? Non capisco, in realtà, che cosa possa Enrico Berlinguer intendere per «successi economici». In realtà, nel momento attuale vi è in Russia una grave crisi, con un'impressionante penuria di generi di consumo di ogni tipo, compresi i prodotti alimentari. È uno dei momenti più 8 difficili, per il cittadino sovietico, di questi ultimi anni. Diffkile anche dal punto di vista della repres.<ione? A parte il caso Sacbarov, in gentrale la sua impressione è cht cl sia stata una rterudeocenza o una diminuzione della repressione Interna? Negli ultimi tre mesi sono state arrestate cinquanta persone. In Occidente si è reagito all'arresto di Sacharov; ma non c'è stata cognizione e quindi è mancata una reazione per una repressione che si estende e si aggrava. Come giudica le critiche all'URSS dei romunisli italiani, paragonate alla posizione, per esempio, dei comunisti rran. cesi? Quella dei comunisti italiani è una posizione almeno più decente. Ciò non significache il PCI abbia rotto ogni legame con l'URSS, né lascia prevedere che il suo atteggiamento subisca un repentino mutamento. \ Ma la posizione del PCI può essere di aiuto per i dissidenti? Certamente, quando il Partito comunista critica la posizione sovietica, questo ha un effetto sui governanti sovietici, esercita una certa pressione su di loro. Questo può essere d'aiuto anche per i dissidenti. La recrudescenza della repressione, in particolare a Mosca, può essere messa in relazione allo svolgimento delle prossime Olimpiadi? Non c'è dubbio. A parte le cinquanta persone arrestate di cui ho parlato prima, secondo le informazioni che abbiamo ricevute, decine di migliaia di persone sono espulse da Mosca e altre ancora saranno espulse nei prossimi mesi, in quanto la loro presenza nella capitale durante le Olimpiadi è considerata dalle autorità indesiderabile, o in quanto si tratta di cittadini nei quali le autorità «non hanno fiducia». Nelle fabbriche, nei commissariati di polizia vengono stilate le liste di coloro che verranno cacciati da Mosca, con motivi più disparati, dagli alcolisti, a coloro che hanno avuto precedenti penali o che hanno avuto qualunque genere di problemi con le autorità, naturalmente ivi compresi coloro che hanno avanzato critiche di ogni genere, i «dissidenti». Per valutare la gravità di questo provvedimento, bisogna considerare quanto sia importante per un cittadino sovietico vivere a Mosca e quanto sia difficile per chi ha vissuto a Mosca vivere altrove, dove mancano anche quelle poche cose che nella capitale si trovano. Vivere a Mosca, in realtà, è un privilegio. 12 FEBBRAIO /980
C'è perfino il progetto di mandare fuori Mosca i bambini, anche loro, evidentemente, «indesiderabili». Le autorità temono che chiedano ai turisti e agli atleti chewing-gum, blue jeans: che diano, insomma, un'immagine del Paese contraria a quella che i governanti vogliono dare. E quali reazioni ci sono nella popolazione a questa recrudescenza della repressione? Ci sono state reazioni alla deportazione di Sacharov? C'è stata una reazione forte e positiva, quanto di meglio ci si potesse aspettare. Soprattutto la reazione della gente di Gorkij, la città dove Sacharov è stato trasferito. La popolazione locale, prevalentemente composta di operai che lavorano nelle fabbriche elettroniche di Gorkij, dimostra in vari modi la sua simpatia per Sacharov e, nonostante le misure intimidatorie delle autorità, centinaia di persone, quasi come in una dimostrazione, sono andati davanti alla casa di Sacharov per salutarlo e per confortarlo col loro sostegno. Quando Sacharov e sua moglie vanno a comprare qualcosa in un negozio, sono fatti oggetto di attenzione e simpatia. Queste manifestazioni di simpatia e l'isolamento dell'URSS nel campo Internazionale fanno pensare che sia possibile, più di quanto non lo ros.se n l pas.sato, esercitare una pressione sulle autorità sovietiche perché cambino strada. Lei condivide questa opinione? Le autorità sovietiche fingono indifferenza di fronte alle pressioni che vengono dall'Occidente, dalle manifestazioni di protesta per l'occupazione dell'Afghanistan a quelle per la deportazione di Sacharov. Ma il quasi totale isolamento nel quale si trovano, per i governanti è IL LEYIA.TANO ANDREI SACHAROV pericoloso ed essi lo sanno bene. Essi sono molto attenti a quello che succede in Occidente, sono molto sensibili a quello che si muove nell'opinione pubblica. La pressione deve essere continuata e accresciuta. Qualche risultato, anche per questa via, può essere ottenuto. Che cosa pensa della reazione del governo americano dopo l'invasione dell'Afghanistan? Aiuta o rende più difficile il compito dell'opposizione? È stata una reazione molto positiva. In realtà noi ci aspettavamo che un atteggiamento come quello attuale, l'amministrazione Carter lo prendesse prima dell'invasione dell' Afghanistan e della deportazione di Sacharov. Noi abbiamo suggerito due anni e mezzo fa che le Olimpiadi non avessero luogo a Mosca. Se l'atteggiamento attuale fosse stato preso prima, forse non ci sarebbe stato l'Afghanistan, forse Sacharov non sarebbe stato toccato. Comunque, sia pure con ritardo, la reazione americana ci sembra forte e appropriata. Che cosa possono fare, in Occidente, io sostegno al dlssidentl, coloro che non governano, coloro che possono solo parlare, scrivere, dimostrare in favore della Hhertà per U popolo sovietico? In certe circostanze la pubblica opinione può fare anche di più dei governi. Per esempio sulla qùestione del boicottaggio delle Olimpiadi, l'opinione pubblica può spingere molti governi indecisi a decidere di non andare a Mosca. Questo è un punto molto importante, cruciale direi: Se le Olimpiadi non si faranno, sarà un colpo tremendo per il sistema sovietico, un colossale incoraggiamento per tutti i critici del regime., Su questo l'opinione pubblica deve mobilitarsi ed esercitare sui propri governi una forte pressione. Il boicottaggio delle Olimpiadi di Berlino del 1936 fallì per l'insipienza dei regimi democratici. Il boicottaggio delle Olimpiadi di Mosca deve riuscire. 9
GUATEMALA Un governo di assassini AuuNE SEITIMANE oil soNo, QUESTOGIORnale, commentando l'occupazione dell'ambasciata americana a Teheran, ha parlato tra i primi della gravità di questo gesto che per la prima volta vedeva la violazione di un 'ambasciata e la cattura del personale diplomatico realizzate con l'approvazione del governo di un Paese. Quanto avevamo detto allora deve essere ripetuto oggi con maggior forza per il massacro perpetrato dalle forze di polizia del Guatemala all'interno dell'ambasciata di Spagna. Quaranta contadini sono entrati pacificamente il 30 gennaio nella sede dell'ambasciata spagnola per protestare contro le repressioni della polizia nella regione del Quiche e ne sono usciti poche ore dopo cadaveri carbonizzati. Nonostante l'ambasciatore spagnolo avesse avvertito le autorità che l'occupazione era assolutamente pacifica e non presentava nessun pericolo per il personale spagnolo, e avesse inoltre richiesto esplicitamente alla polizia di ritirarsi e non violare l'extraterritorialità dell'ambasciata, questa entrava nell'edificio facendosi strada a colpi d'ascia per catturare i dimostranti. li fatto che il governo guatemalteco abbia cercato in seguito di trovare giustificazioni per l'accaduto (con la versione di un incidente verificatosi nel tentativo di arrestare un gruppo di terroristi travestiti da pacifici contadini) non ha ovviamente convinto nessuno, e in primo luogo la Spagna che ha rotto le relazioni diplomatiche con il Guatemala. li massacro di Città del Guatemala si inquadra perfettamente nella strategia di annientamento delle opposizioni portata avanti dalle autorità militari del Paese in questi ultimi anni. Divisa al suo interno tra una ex classe agraria di grandi proprietari terrieri e una classe emergente di industriali arricchiti e ;ertici militari, l'oligarchia guatemalteca trova tuttavia la sua unità nell'opporsi a qualunque forma di democratizzazione. Negli ultimi mesi, secondo un rapporto di Amnesty lnternational, confermato tra J'altro da tutti i rappresentanti stranieri in Guatemala, sono state eliminate dalla polizia o da varie bande armate della destra al potere oltre duemila persone impegnate in qualche modo nell'opposizione al governo. In particolare, negli ultimi mesi, sono stati presi di mira esponenti delle forze moderate che avrebbero potuto in qualche modo presentarsi come possibili soluzioni di ricambio alla gestione terroristica del generale Lucas e dell'oligarchia militare. Un anno fa è stato assassinato Alberto Fuentes Mohr, di tendenze socialdemocratiche. Due mesi dopo Manuel Colom Argueta, fondatore del Fronte unito della rivoluzione (FUR) anch'esso di tendenze socialdemocratiche. Questa scelta da parte del governo ha accresciuto le preoccupazioni degli Stati Uniti per l'evoluzione della situazione e negli ultimi mesi si sono moltiplicati i viaggi dei consiglieri americani nel Guatemala per studiare soluzioni di ricambio. Ciò ha accentuato ancora di più la violenza della reazione della destra, come dimostrano bene i fatti degli ultimi giorni. 10 Disgustato dall'accentuarsi delle repressioni, il vicepresidente guatemalteco F.V. Kramer ha deciso alla fine di gennaio di dare le dimissioni. Spiegando la sua decisione ai giornalisti, Kramer ha dichiarato di aver accettato la carica di vicepresidente per sviluppare il processo di democratizzazione promesso dall'oligarchia al potere (processo che aveva tra l'altro portato alla legalizzazione di alcuni partiti moderati), ma di aver constatato che questo tentativo si era rivelato impossibile e che la sua permanenza al governo sarebbe servita solo di alibi per le forze al potere. Kramer ha aggiunto che questa politica del governo ha come solo effetto quello di favorire le forze di estrema sinistra e in particolare quelle più estremiste che praticano la violenza e il terrorismo, e ha aggiunto che se non si porrà fine a questa politica il Guatemala si troverà consegnato in mano ai comunisti. Pochi giorni dopo queste gravissime affermazioni dell'esponente politico moderato, i fatti dell'ambasciata spagnola sono giunti puntualmente a confermarne le previsioni. li massacro che la polizia ha effettuato segna la volontà della destra di bruciarsi tulli i ponti alle spalle e di spingere l'opposizione· moderata in un fronte comune con l'estrema sinistra e con le forze della guerriglia. Le notizie delle ultime ore confermano appunto che si va formando un fronte contro la repressione che comprende tulle le forze politiche non di governo. L'intento della destra reazionaria è di mettere gli Stati Uniti con le spalle al muro: o appoggiare i sanguinari boia di Città del Guatemala o lasciare cadere anche il Guatemala, dopo il Nicaragua, in mano a una rivoluzione dagli esiti incerti. Si tratta però di un calcolo miope e precipitoso, sia perché in ogni caso affretta la fine dell'oligarchia al potere ingigantendo l'opposizione, sia perché non tiene conto della consistenza delle forze di opposizione moderata nel Paese. Certo la repressione bestiale di questi mesi rende tutte le strade moderate e incruente piu difficili; certo il massacro dell'ambasciata segna un punto di non ritorno nella vita del Guatemala; ma le forze impegnate nella battaglia per la democrazia hanno ancora delle frecce al loro arco e devono comunque usarle subito, senza ulteriori esitazioni nei confronti della destra fascista, pena altrimenti il rischio della scomparsa. Aldo G. Ricci AFGHANISTAN Troppo generosi! L PROPAGANDA DELL'IMPERIALISMO NON SI lascia scappare nessuna occasione per diffamare la patria del socialismo, e approfitta di tutte le sue incertezze e ingenuità. È di questi giorni fa notizia che i superstiti ~leivillaggio di Kera/a in Afghanistan ham!o rivelato ti massacro di 1.170 uomini e ragazzi, realizzato da parte del 'esercito filosovietico di Taraki e di 20 consiglieri sovietici. Nell'aprile del 1979, dopo. 1111 a!tacco dei ribelli islamici, la popolazione del v1lla[fg10venne radunata e invitata a inneggiare a Tarakt: per tutta rtsposta i provocatori di Kerala cominciarono a inneggiare ad Allah. Separati gli 12 FEBBRAIO /980
uomini e i ragazzi dalle donne e dai bambini (che vennero riuniti nella moschea), furono tulli passati per le armi e sol/errati con i bulldozer. Ma questa generosità de/l'armata rossa afghana oggi viene scontata e spuntano i superstiti a denunciare l'accaduto. Risultato: l'imperialismo e la reazione gioiscono e approjìuano di questo errore umanitario. Morale e consiglio: in guerra con la reazione non bisogna farsi prendere da sentimentalismi; se i validi consiglieri sovietici non si sentono al 'altezza si rivolgano ai tecnici tedeschi che ancora sopravvivono nella loro provincia orientale e facciano le cose per bene. Tutto si può perdonare tranne l'ingenuità con la reazione. PAKISTAN Lo Zia di Indira CHE IL PAKISTAN DEL GENERALE ZIA-UL-HAQ si sarebbe trovato al centro dei giochi politici, diplomatici e strategici delle maggiori potenze mondiali nessuno qualche settimana fa avrebbe certo potuto immaginarlo. Così come nessuno, dopo la distruzione dell'ambasciata americana a Islamabad del novembre scorso, provocata dai dimostranti islamici per solidarietà con gli iraniani, avrebbe potuto immaginare che gli americani, appena partiti con armi e bagagli dal Paese. vi sarebbero tornati così presto e così in forze. Ma questi mesi di rapidi rovesciamenti di fronti rendono quotidianamente possibile quello che ieri era imprevedibile. Isolato tino a ieri con la sola amicizia della Cina, snobbato dagli americani sia per le violazioni dei diritti umani (ultima l'impiccagione di Buttho) che per le ambizioni di potenza atomica, ancora umiliato dalla sconfitta del 1971da parte dell'India armata dai sovietici, con una crisi economica gravissima accompagnata da una esplosione demografica incontrollabile, il Pakistan si presentava tino a ieri come una creazione artificiale dell'epoca coloniale che sopravviveva soltanto perché nessuno ancora le aveva dato il colpo decisivo. L'ultima carta rimasta nelle mani ZIA UL-HAQ IL LEVIATANO del generale Zia, al governo dopo il colpo di Stato del luglio 1977 che aveva visto la deposizione di Buttho, era quella dell'islamismo. Con anticipo su Khomeini, il generale si era fatto interprete di un tentativo di islamizzazione del Paese, cercando di rimediare con l'integralismo e con la religione alle difficoltà materiali. Nemico di tutti i tentativi di occidentalizzazione e di modernizzazione portati avanti da Buttho, Zia ha conservato soltanto un'aspirazione del suo predecessore: la volontà di dotare il Paese di un armamento atomico pari a quello dell'odiata India. Per questo il generale aveva visitato tutte le capitali islamiche alla ricerca di aiuti, cercando di sollecitare l'orgoglio degli sceicchi per un'atomica sotto le insegne della mezzaluna e lanciando continue recriminazioni contro l'ingenerosità americana nei confronti dell'atomica islamica. Improvvisamente, con la spedizione sovietica a Kabul, e con la vittoria della lilosovietica Indira Gandhi in India, tutte le carte si sono rimescolate. li Pakistan è diventato in pochi giorni una trincea essenziale del sistema difensivo americano e la sua capitale ha visto nelle ultime settimane un via vai di ministri e consiglieri speciali, così come le sue città di confine hanno visto moltiplicarsi il numero dei profughi afghani. È arrivato Lord Carrington. è arrivato il ministro degli esten cinese Huang Hua; sono arrivati poi tutti i rappresentanti dei paesi islamici riuniti in una conferenza che ha sancito la rottura con Mosca. È arrivato infine in questi giorni il Consigliere di Carter, Brzezinski. portatore di offerte assai più allettanti di quelle del passato, che per la loro inconsistenza avevano appunto determinato il congelamento dei rapporti tra i due Paesi. li generale Zia si trova così improvvisamente rafforzato da tutti questi aiuti, ma nello stesso tempo portato in una posizione di prima linea che rende più difficili e incerti i già precari equilibri economici. etnici e sociali del Paese. Nello stesso tempo, gli Stati Uniti si trovano a dover rivedere rapidamente i calcoli fatti a proposito del Pakistan, calcoli che prevedevano di non appoggiare la proliferazione atomica e non avallare un regime che non si distingue certamente per il rispetto dei diritti umani e politici. Contemporaneamente gli Stati Uniti devono realizzare il riarmo del Pakistan senza disgustare la già troppo sospettosa Indira per non far precipitare la sua attuale disponibilità verso una politica estera non immediatamente allineata con le posizioni sovietiche. Guardate nel dettaglio,la soluzione del problema pakistano e la definizione del ruolo del Paese nel sistema difensivo occidentale si presentano assai più complicate del previsto: quasi la classica quadratura del cerchio. Sarà quindi necessario che gli Stati Uniti, più portati degli alleati occidentali alle decisioni precipitose, si muovano con prudenza. tenendo presenti tutte le corde dell"aggrovigliato problema e fissando una scala di priorità efficace e comprensibile da parte degli alleati. Rafforzamento quindi del sistema difensivo pakistano con un trattato bilaterale che non comprometta però i rapporti con l'India. Ma sviluppo anche di rapporti economici e scientifici che favoriscano una politica interna meno ingrata agli occhi occidentali. Incremento poi dei rapporti con le potenze islamiche favorevoli a una politica di contenimento dell'espansione sovietica e incremento del ruolo del Pakistan in questo contesto. Non è poco. ma non è comunque nulla di più del minimo indispensabile per evitare amare sorprese. John A. Curls Il
CULTURA HOLLYWOOD Orge, delitti, suicidi e droghe IL MITO. AHIMÉ, AHIMÉ. QUALE SACRILEGIO. L'abbiamo detta, l'abbiamo scritta la parola blasfema, quella parola che da anni, per anni, ci hanno insegnato (e noi, da bravi scolaretti, abbiamo imparato a nostra volta a insegnarlo) a irridere, a combattere. Ma c'è di peggio. Abbiamo anche imparato a stabilire una sorta di razzistica (quanto fasulla) divisione in miti buoni e cattivi. O, per essere più esatti, una divisione fra coloro che «andavano con i tempi•, gli «intelligenti», i giusti che volevano «modificare il mondo• (e che quindi, di necessità rifiutavano il mito) e gli altri, i «beoti», i «succubi», quelli, insomma che, almeno in apparenza, erano pronti a farsi plagiare dal primo venuto e si facevano, quindi incantare dai miti e da ciò che essi, bene o male rappresentavano, avvoltolandosi, compiaciuti, nel fango della loro imbecillità e del loro spirito gregario. Così abbiamo imparato a giudicarli, così li abbiamo giudicati. Anche se, ovviamente, poi, c'erano anche dei miti che venivano allegramente spacciati per qualche cosa di diverso e che forse lo erano, ma che come miti erano affrontati e fagocitati: il mito dei padri e dei fratelli maggiori della rivoluzione. i Marx. i Lenin, gli Stalin. i Togliatti. i Di Vittorio. i Che Guevara, i Mao e via discorrendo. No, no, i miti blasfemi, condannabili, irrisori, fatui erano ben altri, quelli di cartapesta e di celluloide, quelli che, secondo un luogo comune accettato dalla «intelligentsia• internazionale, contribuivano ad alienarci, a trasformarci in robot eterodiretti, incapaci di pensare con la propria testa, bisognosi di un idolo su cui scaricare le proprie contraddizioni e frustrazioni. Fra di essi, c'era il mito dei miti, la gheenna, il cerchio più fondo dell'inferno, la tentazione più assurda, l'incarnazione di tutti i mali dell'Apocalisse, l'incarnazione della perfidia, malvagità, orrore, nefadezza del Capitalismo: Hollywood. Hollywood, universo colorato e fastoso, castello di Alcina delle immagini menzognere, Hollywood, officina di una industria che trasformava la «settima arte• in qualche cosa di degradato e un poco osceno. Hollywood, con i suoi divi e le sue dive di cartapesta, con il suo firmamento artificiale, con le sue menzogne, le sue brutture, Hollywood che tarpava le ali ai veri artisti, che cacciava uomini come Chaplin, che soffocava personalità artistiche come Stroheim e Orson Welles, Hollywood che avallava con il suo cinismo i peggiori crimini della politica e del costume americani. Hollywood, un poco stupida, un poco volgare, un poco beota, come Disneyland, come un immenso Luna Park, tutto programmato, tutto prestabilito, l'unica cosa che conta è la dea Mammona, il dollaro, l'affare; di fronte al dollaro non indietreggia davanti a nulla, si distruggono uomini, cose, 12 HUMPHREY BOGART persone, basti pensare come Hollywood ha trattato quel poveraccio di Fitzgerald che era sbarcato là in cerca di aiuto e di denaro e che non ha ricevuto in cambio che umiliazioni e violenze, a come ha respinto brutalmente quel genio di Brecht, basti pensare a come ha polverizzato personalità come Marilyn Monrore, Montgomery Clift, James Dean. Sembrava tutto così chiaro, lampante, senza possibili equivoci, che non si trovava una sola persona intelligente che avesse il «cattivo senso» o il pessimo coraggio di levarsi in piedi, per difendere quel luogo (e quel simbolo) di abominio. Il tempo è trascorso molte idee preconcette sono cadute, Hollywood è a~data in pensione, ma questo giudizio, almeno fra gli intellettuali, è rimasto: saldo come una roccia. Sia ben chiaro. lo per primo non sono affatto innocente. Al contrario, di sassi in piccionaia con la prosopopea di chi vuol parlare di cose tanto più grandi di lui, ne ho tirati tanti. L'America: puah! Hollywood: che vergogna! L'industria cinematografica: che tristezza! E il pubblico, e il pubblico che si commuoveva a Ben Hur o a Via col vento, era composto da una massa «semiamorfa inconscia» di poveracci, che non si 12 FEBBRAIO /980
MARILYN MONROE rendevano conto della immensa turlupinatura che si giocava ai loro danni, dell'oppio dei popoli che veniva loro somministrato in quelle nuove chiese profane che erano i cinematografi! Ma adesso, grazie a Dio, Hollywood è morta (così dicono, anche se a Hollywood si continuano a fare ottimi film). E sono morti i miti, scomparsi i Beatles, scomparsi i grandi divi. sì ci si entusiasma per John Travolta, ci si infiamma alla •febbre del sabato sera» (o magari a quella di Renato Zero), ma è tutto artificioso, non davvero partecipe, perfino la violenza fanatica degli ammiratori e dei contestatori. Proviamo. invece a leggere questo Hollywood Babilonia, una sorta di dossier nero sui crimini, i misfatti, le impudicizie della Mecca del Cinema, che Kenneth Anger ha raccolto in anni di paziente lavoro e che l'Adelphi ha recentemente stampato in Italia in un bel volume ricco di illustrazioni quasi tutte inedite. Anni di paziente lavoro, per Kenneth Anger (che a soli quindici anni scandalizzò l'America, producendo e dirigendo il primo film pomo underground, deliberatamente e sfacciatamente omosessuale): perIL LEVIATANO ché Anger di questo suo saggio ne scrisse una prima edizione anni fa in francese per la casa editrice Pauvert (e se ne fece, se non andiamo errati, una traduzione da parte della Sugar), e poi, lo riscrisse ampliandolo e approfondendolo in inglese nel 1975: la stesura, di cui, appunto, ora ci occupiamo. Orge, delitti, suicidi, droga, alcoolismo; sembra che i divi e le dive siano sottoposti a una sorte di maledizione, come Sodoma e Gomorra, come Babilonia, appunto il loro denaro è destinato a trasformarsi in piombo, la loro felicità in dramma, la loro spensierata e disinibita sessualità in follìa perversa, apportatrice di morte, di distruzione, di rovina, perfino, anche se sembra impossibile in un ambiente così sfarzoso, di squallore. Gli esempi sono tanti: da Fatty Arbuckle, il comico ciccione, che ha letteralmente «sventrato• una sorgente stellina in un'orgia in cui erano coinvolte una cinquantina di persone, non si è mai saputo bene se con il peso del suo corpo massiccio e dei suoi salti acrobatici, o con una bottiglia di Coca Cola, che avrebbe dovuto sostituire la sua virilità immiserita dal troppo alcool, allo stesso Chaplin, coinvolto in più di uno scandalo. E tanti, tanti altri, altre. Dive e divine, travolte dall'avvento del sonoro, dalla crisi del '29, dalla loro incapacità a reggere il peso del mito stesso che dovevano impersonare. Tante storie, tristi, desolate, buie, senza un filo di grandezza o di splendore, storie di gelosìe, di ripicchi, di incapacità, di debolezze, perfino di impotenze (ne fu sospettato lo stesso Rodolfo Valentino). Eppure, alla fine della «bobina» (secondo la dicitura voluta dallo stesso Anger, con un pizzico di ingenuità), cioè del volume, si ha come l'impressione di aver perduto una occasione unica e irripetibile, si sente, insidioso e quasi inspiegabile, il rammarico per quel mondo ormai irraggiungibile e disfatto, di •belli e dannati• ... Straordinariamente, proprio quella pacchianeria costruita sulle palafitte_grame di montagne di dollari fruscianti. irrorati da fiumi di champagne, di whisky e, magari, di più viscidi ma non meno palpabili umori seminali, riuscì, a sua volta, a destare la nostra capacità di meraviglia. A destarla in modo talmente viscerale e uterino che molti, alla fine, se ne vergognarono, la ripudiarono, la sentirono, la bollarono, la condannarono come una colpa o, nella migliore delle ipotesi, un peccato di imbecillità. Una sporca trama capitalistica. Senza capire che colpa, imbecillità trama capitalistica, non impedivano al mito di avere il suo coito proficuo con la parte «imaginale• di noi, della nostra anima inaridita. Un coito un poco abbietto, un poco infimo, ma pur sempre preferibile all'attuale inappetenza, all'attuale solidificata, codificata, ingloriosa e comunque meschina «incapacità• di meraviglia. A che punto siamo arrivati! Nel gorgogliante, ma forse salutare rigurdito nel privato, siamo in qualche modo costretti a riabilitare le •catene• e i «cuori infranti• dell'amore individuale e a rimpiangere le case, le facce, gli amplessi, l'allegria di cartapesta che Kenneth Anger ci sciorina davanti con ammiccante complicità! Ovviamente il passato non può tornare, e ~r fortuna; non si stava meglio quando si stava peggio. Ma è bene prender coscienza una volta per tutte che l'anima immaginale dell'uomo non può fare a meno del mito, che poi, significa, tautologicamente che, non può fare a meno della sua possibilità di esprimersi imaginalmente! Di creare e poetare. Di vivere il mito e mitizzare (non miticizzare, che sarebbe altra cosa) la vita ... Franco Valobra 13
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