Il Leviatano - anno II - n. 4 - 5 febbraio 1980

INTERNI MONOPOLIO Meno Rai, più Tv IL CONS/GUO DI AMMINISTRAZIONE DELLA Rai ha deciso che il trasmettitore della terza rele televisiva sul monle Sera. in Toscana. resterà spento fino al 4 febbraio, in allesa del ricorso presentato dalrazienda contro la sentenza del pretore di Lucca, che imponeva la riduzione del segnale d'uscita della nuova rete Rai. dal momento che copriva una serie di emillenti locali. Sono passati più di tre anni dalla sentenza della Corte costituzionale che legittimava la presenza di radio e televisioni con ambito locale. ed ancora non trova luce una proposta che dia corpo ad una sentenza vaga ed incerta. che pure contiene un principio di libe11àe pluralismo. La Rai scalpita contro la sentenza del pretore Biancalone e spegne per protesta il suo trasmellitore. mentre l'indice d'ascollo dei suoi programmi passa dall'89, 1% (6,7% per le IV estere e 4,2% per le private) del marzo 1977al J6,3% (6. 1%per le estere e 17.6% per le private) del marzo 1979. La seconda rete si allesta su indici d'ascolto di poco superiori alle emillenti private: 19,4 contro 17,6. Ma non è in questa «bagarre• sollevata dalla sentenza del pretore di Lucca che ci inie ressa entrare; il problema che prende le mosse da questo fallo di cronaca è di fondo. riguarda l'ambiguità intollerabile nella quale continua a vivere il sistema radiotelevisivo nel nostro Paese. La Rai ci propina da qualche giorno rubiconde madri di famiglia felici di aver tempestivamente «ollemperalo» l'obbligo del pagamento del canone radio-televisivo, ci ricorda che il primo febbraio è il termine ultimo per pagare lo stesso senza «incorrere nelle sovrallasse e sanzioni previste dalla legge• e due minuti dopo ci propina la pubblicità della Mira Lanza. Non che noi si abbia qualcosa contro la Mira Lanza o le altre centinaia di industrie che abitualmente usano i vari «caroselli» televisivi per pubblicizzare i loro prodolli. ma non si capisce perché i ciuadini dovrebbero pagare un lauto canone di abbonamento per essere «bombardati• dalla pubblicità. Si liberalizzino gli spazi pubblicitari, sollevando finalmente i contribuenti dall'onere del canone: noi amiamo particolarmente le faccine anonime «acqua e sapone» o le massaie sempre felici ed eleganti che popolano i nostri «shorts» pubblicitari, ma siamo convinti che l'unico modo per ridare fia10a un'azienda «decolla» come la Rai è una reale verifica rispello a ciò che produce, ai suoi indici di ascolto, ad una concorrenza leale Ira le varie reti pubbliche e private. Uscire da una paranoia sta1alis1a che tutto imbriglia e ostacola, toccando dimensioni risibili e preoccupanti come il pubblico processo ad Andrea Barbato. È indubbio che l'unica trasmissione televisiva 4 ANDREA BARBATO migliorala negli ultimi anni siano i telegiornali, migliorali proprio nel momento in cui sono slati messi in diretta concorrenza, divisi e autonomi: si può preferire il Tg I o il Tg2. ma è certo che dai 1elegiornali bemabeiani a oggi di passi avanti se ne sono fatti. e non pochi. Largo perciò ad una concorrenza vera Ira le reti, basta con la paura di liberalizzare le frequenze non occupate dalla Rai. Si decida quante reti nazionali possono esistere accanto alle Ire funzionanti, lo Stato dia le relative concessioni: «si lottizzeranno anche queste» è l'obiezione; bene, ma saranno le leggi di mercato, la qualità dei programmi ed il conseguente flusso di pubblicità a decretare chi funziona e chi no. Si garantisca, se si vuole, il mantenimento di una rete strettamente «culturale» svincolata da questa logica, dove programmare trasmissioni di difficile «sponsorizzazione». si scorpori finalmente la SIPRA e si ponga fine alla sua politica di monopolio e ricatti, che può esercitare attraverso il controllo contemporaneo degli spazi radiotelevisi Rai e di gran parte della stampa italiana. Ancora· domenica scorsa si poteva leggere sul1·«Unità» che la sentenza del pretore di Lucca «merita una allenta riflessione. poiché da essa prende le mosse una vera e propria aggressione al servizio pubblico. gli episodi della quale potrebbero risultare decisivi nella sua disgregazione». Ma che cosa minaccia di più un'informazione libera e pluralista, la sentenza del pretore Biancalone, o un'azienda incancrenita nelle pastoie burocratiche e nelle alchimie degli equilibri politici, che può evitare di confrontarsi con ciò che produce, perché è comunque venduto. È 5 FEBBRAIO /980

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