EDITORIALE Una trattativa fantasma LA POSIZIONE INTERNAZIONALE DEL Partito comunista, così come appare dalla relazione di Bufalini e dall'intervento di Berlinguer alla riunione dei segretari di federazione («L'Unità», 26-27 gennaio), fa risalire la crisi attuale della distensione alla decisione della NATO di installare, in alcuni Paesi dell'Europa occidentale, i missili Pershing e Cruise: «è accaduto, come avevamo paventato - dice Bufalini -, che la decisione preventiva della NATO di installare i Pershing e i Cruise è stata accolta come un atto di rottura da parte del1'URSS». Si trascura del tutto l'origine della decisione della NATO, e cioè lo squilibrio determinato dall'installazione dei missili SS 20 sovietici, che continuano ad essere prodotti al ritmo di uno ogni settimana. L'invasione del1' Afghanistan sarebbe, dunque, una ritorsione nei confronti di una politica aggressiva dell'Occidente, cui oggi l'Occidente risponde, erroneamente, secondo Bufalini, con altre ritorsioni: «si è imboccata la strada delle ritorsioni a catena». Anche Berlinguer cerca nell'Occidente le responsabilità dell'attuale crisi: dall'«atteggiamento preso dall'amministrazione Carter, fin dagli inizi, sulla questione dei diritti civili e umani», alla «pace separata fra Egitto e Israele» che escludeva «platealmente qualunque partecipazione dell'URSS», alle «dichiarazioni di Brzezinskij che addirittura teorizzava la corsa agli armamenti». «Nel contempo - prosegue Berlinguer - l'URSS, certamente, proseguiva in una politica di sviluppo della distensione e della cooperazione in Europa», anche se «utilizzava anche alcuni fattori oggettivi della situazione» (che delicatezza!) «per attuare alcuni interventi diretti e indiretti in alcune zone in Africa e in Asia». Bufalini e Berlinguer, a questo punto, confermano la condanna dell'invasione dell' Afghanistan da parte delle truppe sovietiche, anche se la ricostruzione storica degli avvenimenti e quella psicologica dei moventi ne annacquano molto il significato. Ma non è su questo che intendiamo attirare l'attenzione dei nostri lettori, quanto sulla parte propositiva della linea comunista, sul «che fare» che, a loro dire, oggi si impone. Occorre, dicono i comunisti, uscire dalla logica delle «ritorsioni a catena», occorre respingere la linea dei «falchi», delle «forze più aggressive dell'imperialismo", e tornare alle 2 «trattative», continuare a lavorare per una distensione, che riguardi anzitutto le due superpotenze. Ma parlando di «trattative» i comunisti intendono invece una «supplica», o tutt'al più una «amichevole richiesta» all'URSS perché si accordi con l'Occidente e in primo luogo con gli Stati Uniti d'America. La guerra è il modo di risolvere le controversie internazionali per mezzo della forza. La «trattativa» è il modo di risolvere le stesse controversie per mezzo di accordi pacifici. Ma, come insegna il vocabolario, una «trattativa» è «un vaglio o uno scambio di proposte che precedono la conclusione di un affare», è il «negoziare» in vista di un accordo. Supponiamo che a me piaccia di andare a vivere in un certo appartamento. Posso prenderlo con la forza, scacciarne l'inquilino e installarmi al suo posto. So però, che domani ne sarei a mia volta scacciato dalla polizia chiamata dal legittimo possessore (anche se questo, da noi, non sempre avviene). Reputo allora più vantaggioso _procedere a un pacifico accordo per prendere possesso di quell'appartamento, e avvio una «trattativa» con il proprietario, offrendogli una certa cifra perché me lo venda o me lo affitti. PAOLO BUFALINI 5 FEBBRAIO 1980
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