effettivamente pesanti da un boicottaggio americano. Anzittutto è da rilevare che, finora, solo i governi dei Paesi anglosassoni hanno preso un atteggiamento nettamente favorevole al boicottaggio, mentre gli altri alleati della NATO non si sono pronunciati. Se gli europei (Gran Bretagna esclusa) dovessero alla fine assumere un atteggiamento difforme da quello americano e mandassero i propri atleti a Mosca, ciò darebbe ai russi l'impressione di un certo successo, in gran parte originato dalla stessa spaccatura dell'Occidente. Anche l'atteggiamento dei Paesi del «terzo mondo» è ancora tutt'altro che chiaro: è certo comunque che una buona parte di essi finirà per partecipare in ogni caso alle Olimpiadi di Mosca. Ma altre considerazioni, su questo argomento, si impongono ora, dopo la deportazione di Sacharov: se tutti i dissidenti più conosciuti verso, si prospetta la •sanzione olimpica•, ma per altro verso si pretende di continuare ad avere con la Russia rapporti commerciali e si continuano a concedere credili: non si inserisce insomma il boicottaggio delle Olimpiadi nel quadro di sanzioni più rigorooe e incisive. D'altra parte è vero che non si può ignorare quanlAI sia attadendo nel mondo in questi giorni e flngere di dimenticarlo nel momento in cui si decide di rare la gnm resta olimpica. Anche se, in generale, credo che lo sport debba essere separalo dalla politica; e a.ncbe se penso che i contatti tra la popolazione russa e i giornalisti e i turisti occidentali siano utili (non sono mai stati gli occidentali a rifiutare questi contatti: è staro Stalin che ha chiuso la Russia in una cortina di ferro); quando però si arriva a uno stato di tensione così elevala, quando insomma altrove si sia combattendo, mi sembrerebbe contraddittorio andarsene tutti a Mosca a festeggiare la pace e l'amicizia, come se, contempo... raneao-.enle, in Afghanistan e altro~e non stesse succedendo niente. In conclusione, nel quadro di una politica che intenda punire l'espansionismo sovietico • si propoop di far cambiare rotta ai governanti dell'URSS, anche il boicottaggio delle Olimpiadi potrebbe avere un senso. Ma limitarsi a questo, propugnare un isolamento civile del governo moscovita che viene contraddetlAI dai mille rapporti che vengono mantenuti sul terreno diplomatico, economico e politico rischia di far apparire il boicottaggio poco serio e, al limite, rischia di danneggiare perflno l'opposizione interna. IL LEVIATANO mettono in evidenza i danni che verrebbero arrecati al regime da un'Olimpiade dimezzata, altri parlano invece dei benefici che verrebbero da una maggiore circolazione di giornalisti e turisti occidentali e dai loro contatti con la popolazione, resi più facili dal numero imponente di arrivi previsti. Sul piatto della bilancia infine non può non essere messo anche il rischio che un eventuale boicottaggio non segni la fine, in generale, di questa importante manifestazione sportiva, con tutto quello che essa rappresenta come messaggio di pace e di fraternità tra i popoli. Anche se non si può non considerare che questa manifestazione aveva in larga parte perduto l'originario messaggio e si era trasformata in un gigantesco «business», di cui gli sportivi più seri sentono, in ogni caso, la necessità di un ridimensionamento. In conclusione, la decisione di boicottare le Olimpiadi appare controversa, anche perché tutte le possibili alternative: spostarne la sede, far svolgere le Olimpiadi contemporaneamente in luoghi differenti, mandare gli atleti a titolo personale invece che in rappresentanza delle rispettive nazioni, appaiono difficilmente realizzabili per questa Olimpiade. L'idea, per esempio, di collocare permanentemente e definitivamente le Olimpiadi in una sede neutra, come potrebbe essere la Grecia, per i motivi storici che sono alle origini dei giuochi, in altre circostanze avrebbe anche potuto aver corso; ma in questa contingenza politica apparirebbe ai sovietici assolutamente equivalente al boicottaggio puro e semplice. 11
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