DISSENSO Un esule dell'Est visita la ana Intervista con JIRI PELIKAN È LA PRIMA VOLTA CHE UN ESULE DEI PAESI DELl'Est visita la Cina? Non è l'unico caso: ci sono stati altri esuli che hanno visitato la Cina in veste di scienziati. di professori, di giornalisti; quando sono stato in Cina, ho visto anche l'ex-vice-presidente del1'Assemblea nazionale del Vietnam, che l'anno scorso si è rifugiato in Cina, dove adesso vive: non viene dall'Europa orientale, ma da un Paese socialista sì. In generale però si può dire che, tino a oggi, la Cina non ha mantenuto rapporti con i movimenti dell'opposizione dei Paesi dell'Est, per una duplice ragione: la prima è che, secondo i cinesi, questi Paesi appartengono al «secondo mondo» e anche se hanno un atteggiamento negativo verso la Cina, hanno nello stesso tempo contraddizioni con le superpotenze e per questo la Cina intende sviluppare rapporti di collaborazione con questi Paesi, che potrebbero diventare alleati potenziali della Cina contro l'egemonia sovietica: personalmente penso che sia moltç difficile che i regimi di Husak, Honecker, Zivkov possano mettersi contro l'Unione Sovietica, anche se è vero che la crisi economica che è cominciata l'anno scorso e che si approfondisce porterà anche a delle contraddizioni tra i gruppi dirigenti dei Paesi dell'Est e il gruppo dirigente sovietico. La seconda ragione è che, trattando con l'opposizione dei Paesi dell'Est, la Cina teme di legittimare la sua propria dissidenza. Su questo punto la politica del gruppo dirigente cinese non è ancora chiara: quale linea seguire per sviluppare in Cina una vera democrazia socialista? quale atteggiamento prendere verso coloro che non condividono la linea politica attuale? Gli amici cinesi, quando abbiamo loro parlato apertamente delle necessità che anche le minoranze possano liberamente esprimersi nella società socialista, hanno espresso il loro consenso; insistono però sul fatto che ciò si può fare solo gradualmente: la situazione economica e politica non permette, secondo loro, di riaprire vecchie ferite. Tu hai l'impressione che questo processo di democratizzazione sia però in marcia o no? Quali segni ne hai avuto? Erano vent'anni che non andavo in Cina, sebbene fossi al quarto viaggio. Ho incontrato IL LEVIATANO vecchi amici, conosciuti nel movimento studentesco e nella gioventù comunista. Tutti hanno trascorso anni in prigione o a lavoro nelle comuni popolari durante la «rivoluzione culturale»: oggi sono riabilitati e hanno funzioni di rilievo nel pa11ito e nello Stato. Quello che mi ha colpito è che si può discutere molto liberamente anche su problemi spinosi. come il ruolo di Mao Dezong. la dissidenza delle minoranze. Stalin. Ho l'impressione che ci sia molta voglia di capire. di valutare in maniera critica il passato: per esempio. nel rapporto del Comitato centrale per il 30' anniversario della rivoluzione cinese. discusso tino nei comitati locali, si dà un giudizio molto severo sulla rivoluzione culturale, si dice che si era instaurata durante alcuni anni, in Cina. una dittatura di tipo feudale e fascista: questo giudizio è legato senz'altro alla «banda dei quattro», ma si va anche più indietro, si parla anche della necessità di riabilitare Liu Shaoqi, il primo presidente cinese, si discute su come il partito ha reagito nel 1957, dopo la campagna dei «cento fiori». Quel periodo fu seguito da una dura repressione degli elementi cosiddetti di destra che si erano espressi liberamente: oggi si dice apertamente che quella repressione è stata un grave errore. Mi hanno chiesto, è ancora un esempio, che cosa pensassi della rivoluzione di Budapest. I cinesi, nei loro documenti, parlano ancora di «controrivoluzione ungherese»: ma dalle loro domande ho capito che ora vogliono saperne di più, per correggere il loro giudizio. Insomma mi sembra ci sia un'apertura molto promettente, anche se rimangono quadri legati ai vecchi schemi e che anzi fanno una certa resistenza allo sviluppo del pensiero critico. Peraltro, non dobbiamo dimenticare che durante questi trenta anni ci sono stati tanti cambiamenti e anche ingiustizie in Cina che una certa precauzione si può anche capire. Quando si critica la rivoluzone culturale, si fa anche una critica della' politica di Mao: alcuni amici cinesi sostengono che non vogliono ripetere l'errore di Chrusèev. 7
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