Il Leviatano - anno II - n. 3 - 29 gennaio 1980

to dai suoi compagni ma, proprio su questo, non a caso, preso di petto dai comunisti (sull'«Unità» del 20 gennaio), dichiara nella replica e ribadisce successivamente di non essere disponibile ad aprire una crisi «al buio»: il che, se non interpretiamo male, significa che al governo Cossiga verrà data la possibilità di continuare nel proprio lavoro fino a che non vi sia un accordo generale per la formazione del nuovo «governo di emergenza». Ciò che, ci si consenta, mal si concilia però con l'enunciazione del documento conclusivo, secondo il quale, dopo il congresso democristiano, la tregua che ha consentito la vita del governo deve considerarsi ormai rotta. Vedremo nelle prossime settimane quale sarà la linea che prevarrà nel Partito socialista: se l'impegno di non aprire la crisi «al buio» verrà mantenuto, o se il governo verrà costretto a dimettersi, magari tramite una mozione di sfiducia, opportunamente presentata da qualcun altro, prima che l'accordo per il successivo sia stato concluso. Ciò che si può dire è che in questo secondo caso il Partito socialista si assumerà la gravissima responsabilità di lasciare il Paese. in un momento drammatico. senza esecutivo. E' infatti una nostra convinzione che, nonostante il deliberato del Comitato centrale socialista, il governo con i comunisti sia di ben difficile attuazione. Anzitutto, se l'impegno di socialdemocratici e liberali di non partecipare a un siffatto governo verrà mantenuto, e non vi sono motivi di dubitare che lo 'sarà, c'è da dire che l'ipotesi di un governo di unità nazionale appare in ogni caso da escludere. La Democrazia cristiana dovrà vedersela da sola con comunisti e socialisti, tutt'al più con l'intermediazione del solo Partito repubblicano. Con la prospettiva delle elezioni generali amministrative del prossimo maggio, senza la copertura del PSDI e del PLI, la DC rischierebbe, portando al governo i comunisti, una batosta elettorale di proporzioni allarmanti per un partito che trae ancora, in buona parte, la sua forza dal fatto di essere la IL LEVIATANO «diga» contro il comunismo. In secondo luogo, in una situazione internazionale che vede il riacutizzarsi delle tensioni tra USA e URSS, per le mire sovietiche di estendere la propria sfera di influenza e migliorare la propria posizione strategica, non c'è dubbio che la reazione americana all'ingresso dei comunisti nel governo di Roma sarebbe di esplicita e ferma ostilità. La Democrazia cristiana dunque, dopo aver perduto il collateralismo del sindacalismo cattolico, dopo aver visto intiepidirsi il sostegno della Chiesa, che sembra, dopo l'elezione del papa polacco, orientarsi verso un ruolo politico meno legato alle contingenti vicende italiane, rischierebbe di perdere un 'altra, decisiva, «legittimazione» agli occhi del proprio elettorato, quella di fedele alleato del mondo occidentale. Per queste considerazioni, che evidentemente non saranno estranee ali' orientamento di larga parte dei delegati, tutto lascia pensare che il prossimo congresso della Democrazia cristiana non potrà accogliere una perentoria richiesta socialista di apertura ai comunisti. Ma allora un'eventuale crisi «al buio», la non disponibilità del PSI per un governo senza i comunisti, la non disponibilità della DC per un governo con i comunisti ci porterebbero dritti dritti a nuove elezioni anticipate, che per un verso accrescerebbero il distacco dell'elettorato dalle istituzioni e dalla classe dirigente, per altro verso porterebbero a un drastico ridimensionamento del PSI, di cui i dirigenti socialisti, allarmati infatti per una nuova eventuale consultazione elettorale, sono pienamente consapevoli. Logica dunque vorrebbe che, nel margine di ambiguità che ancora permane, finisca per prevalere, nonostante le apparenze, l'interpretazione craxiana delle conclusioni del Comitato centrale. Ma non sarebbe là prima volta - si pensi agli anni venti - che il Partito socialista decide non solo di suicidarsi. ma di trascinare nella propria rovina «tutti i filistei». j

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