Il Leviatano - anno II - n. 3 - 29 gennaio 1980

hanno parzialmente ridimensionato la portata della svolta registrata all'ONU; e che la signora Gandhi, che ha dichiarato di voler sovrintendere personalmente alle scelte più importanti di politica estera, ha ribadito, in conversazioni con i giornalisti. la pericolosità della decisione sovietica di occupare militarmente l'Afghanistan. pur ribadendo la propria comprensione per le ragioni che l'hanno spinta a farlo. <:;ontemporaneamente Nuova Delhi si appresta però a riconoscere 11governo filovietnamita di Phnom Penh (pur dichiarandosi disponibile per promuovere una conferenza internazionale che tenti di risolvere il problema cambogiano) e attacca con estrema durezza e decisione i risultati del viaggio del segretario USA alla difesa Brown in Cina e gli impegni assunti dagli Stati Uniti per incrementare gli aiuti militari al Pachistan in funzione antisovietica. L'India denuncia l'esistenza di un asse PechinoWashington-Islamabad che rischia, nella valutazfone indiana, di andare oltre il ruolo di contenimento dell'Unione Sovietica, per il quale è stato creato, e di servire invece per i piani espansionistici di queste potenze, e dei tradizionali nemici dell'India, Pachistan e Cina, in primo luogo. Con queste premesse è fin troppo facile vedere le conseguenze di un ritrovato dinamismo della politica indiana nella regione. Un'India che, per paura dei suoi nemici o per desiderio di colpirli, direttamente o per interposta persona, rinsaldi nuovamente i legami militari ed economici con Mosca, rappresenta oggettivamente un elemento che aggrava la già incandescente situazione asiatica. Se il Pachistan è in questo momento impegnato sul confine afghano, la Cina, al contrario, ormai circondata interamente da Paesi ostili, con l'eccezione appunto del Pachistan, può essere fortemente tentata di infliggere all'India una «lezione~ simile a quella impartita al Vietnam all'indomani della conquista della Cambogia. E quali conseguenze ciò potrebbe avere è difficile prevedere, soprattutto ove si consideri le difficoltà e le contraddizioni di fronte alle quali si troverebbe la politica americana in Asia in circostanze di questo tipo. Qualche segno positivo, in questo quadro preoccupante e contraddittorio, si può tuttavia segnalare. Intanto il tono conciliante e interlocutorio dei messaggi di congratulazioni inviati a Indira per la vittoria elettorale da parte del presidente pachistano Zia e del presidente cinese Hua Guofeng. Entrambi invitano la Gandhi, pur nei termini sfumati dei messaggi diplomatici. a riconsiderare insieme, alla luce della situazione esplosiva determinatasi nella regione, i rapporti tra i loro Paesi. recuperando anche il tempo perduto. In secondo luogo l'attività diplomatica che ferve nella capitale indiana: vi è giunto da poco anche se inutilmente, dato il fallimento della sua missione, Lord Carrington, proveniente dal Pachistan e interessato a riaccreditare il ruolo dell'Inghilterra nella regione; subito dopo arriverà Giscard e poi il ministro degli Esteri tedesco Genscher. latore di una serie di offerte di Bonn per aiutare la drammatica situazione economica indiana. È invece stato annunciato il rinvio, apparentemente per· motivi tecnici, della visita di Gromiko, decisa, forse un po' precipitosamente, in occasione della vittoria elettorale di Indira e che probabilmente la Gandhi intende perfezionare dopo aver fatto meglio il punto sulla situazione della regione e sulle sue prospettive. Assenti, almeno per il momento, gli americani, colti in contropiede dalla vittoria del partito del Congresso, i quali si sono fatti vivi con un messaggio «amareggiato~ di Carter, portato personalmente dalu l'ambasciatore di ritorno da Washington, e il cui contenuto è stato tenuto riservato. Quello che è facile osservare, retrospettivamente, con il banale buon senso dell'osservatore della strada, è tuttavia il ritardo e l'improvvisazione che hanno caratterizzato la politica americana in quelle regioni dopo la grande ritirata del Vietnam; è la contraddizione irrisolta tra una responsabilità politica mondiale che le circostanze impongono agli Stati Uniti e la politica del contingente e del rifiuto che ha invece guidato le sue azioni in questi ultimi anni. La stessa scelta nei confronti della Cina, che ha caratterizzato questo ultimo periodo. è stata compiuta esclusivamente in funzione difensiva, pensando di erigere una diga per interposta persona, più che per inventare una nuova strategia nei confronti dell'Asia. Così gli Stati Uniti non hanno saputo cogliere l'occasione che derivava loro dal fatto di essere un interlocutore essenziale e in un certo senso privilegiato per la quasi totalità dei maggiori Paesi asiatici. Così non hanno rispettato i loro impegni nel Vieinam e non hanno potuto pretendere che il Vietnam rispettasse i propri nei confronti delle formazioni politiche del Sud. Così non hanno approfittato della maggiore disponibilità del governo indiano guidato dal partito Janata per favorire un'intesa con la Cina e con il Pachistan, pur avendo strumenti e autorità per condizionare tutti i contendenti. In questo modo il Vietnam si è trovato completamente isolato sul piano internazionale e inchiodato all'alleanza con l'Unione Sovietica, pur avendo dato segni, anche se timidi, di voler tentare vie autonome. E, sempre in questo modo, oggi l'India viene riconsegnata alla signora Gandhi, già tendenzialmente filosovietica, trovandosi di fronte i suoi principali nemici stretti in un'alleanza militare con gli Stati Uniti, senza che questo, almeno smo a questo momento, sia stato accompagnato da un'adeguata azione diplomatica nei confronti di Nuova Delhi. La miscela non potrebbe essere più esplosiva così ..:ome l'imprevidenza che ha portato a questa situazione non avrebbe potuto essere maggiore. In questi ultimi anni abbiamo assistito costantemente e quasi esclusivamente a interventi riparatori. volti a rimediare a situazioni ormai lacerate e compromesse, mentre è venuta completamente meno la capacità di prevenire le esplosioni conflittuali. li caso dell'India seguirà anch'esso questa regola, o segnerà un cambiamento di tendenza, legato magari al nuovo dinamismo americano o alla ripresa di un impegno europeo sulla scena della politica mondiale? Il debole, canuto Egeo . NEL QUADRO DELL'A1TIVISMO CHE SCUOTE in queste settimane i Paesi in qualche modo investiti dalle ripercussioni della crisi iraniana, e poi dagli sviluppi che il sommovimento ha avuto in Afghanistan e nei Paesi limitrofi, va segnalata la ripresa della questione greco-turca e dei problemi che essa comporta per il consolidamento delle difese occidentali nella regione. Occorre ricordare anzitutto che, dal momento della crisi di Cipro, che segnò traumaticamente la rottura sempre latente tra i due Paesi, entrambi membri della NATO, le trattative per tenta29 GENNAIO /980

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==