in periferia, in tutti quegli organismi della società civile in cui, una volta, era così forte la presenza riformista e che sono oggi il serbatoio a cui attinge, anche nei momenti di crisi, il Partito oomunista. Si chiede Bobbio: «Ma come si fa oggi, di fronte alle tragedie del mondo, a continuare imperterriti nel giuoco del potere?•. Questo succede, probabilmente, perché si è perduto il senso della realtà e si vive immersi nel pantano della chiacchiera politica dove tutti i problemi che il Paese vive con rabbia e disperazione si riducono ad un esercizio di sterili equilibrismi. Se poi un ministro perde la pazienza e osa dire in pubblico quello che molti dicono e pensano in privato, non c'è altro da fare che redarguirlo come un bambino impertinente. Per tornare alle eterne, inguaribili malattie del Partito socialista, non crediamo che basti, per uscirne, stabilire •un rapporto più serio e più continuativo fra intellettuali e politici». È vero: c'è una vasta area intellettuale socialista che si muove attorno al partito e con la quale non si riesce a definire un giusto rapporto. Ma bisognerebbe anche cominciare a chiedersi se i tanti socialismi che ci vorticano attorno sono tra loro compatibili, e se è possibile tenere assieme chi crede in un socialismo capace, senza vergogna e senza complessi, di diventare cultura di governo, e chi continua, invece, sotto mentite spoglie, a inseguire i fantasmi del vecchio massimalismo. Perché, in definitiva, uni~ nazionale, pentapartito, alternativa sono tutte formule dietro cui si nasconde un interrogativo brutale al quale i socialisti debbono rispòndere in misura più urgente degli stessi NORBERTO BOBB/O a I LETTERE Editoria riformata Caro Savelli, l; I si stanno avvicinando le elezioni amministrative ed è giusto che i partiti si preparino. La legge sul finanziamento dei partiti avrebbe dovuto servire a risolvere i loro problemi finanziari senza che i partiti facessero ricorso ad altre fonti di finanziamento, direttamente o indirettamente. Purtroppo la volpe perde solo il pelo. Ho davanti a me un numero del mensile • Regione Lazio•. distribuito gratuitamente. Anche una rapida scorsa basta a far capire lo scopo che si pone questo mensile: fare propaganda per il partito comunista, in primo luogo, e per le altre forze politiche che governano la Regione Lazio. Ora mi domando: in un periodo di crisi in cui si dovrebbe amministrare con prudenza e saggezza il denaro pubblico. come mai una forza politica come quella comunista, che si è sempre atteggiata a •moralizzatrice•, ricorre a trucchi così bassi e così scoperti per farsi la propaganda elettorale con il soldi dei contribuenti? Ma allo6 ra che differenza c'è tra comunisti e democristiani da questo punto di vista? Sono convinto che nessun comunista si degnerà di rispondere a questo interrogativo e con questa certezza ti saluto. Aldo Maffei, Roma La lezione di Aldo Capitini Egregio direttore, ho letto con vivo interesse il saggio di Enzo Bettiza sul •liberalsocialismo•, comparso sul numero 8 del Leviatano. Pienamente d'accordo con le aspirazioni di Bettiza a tradurre in termini •reali• le alte idealità di Carlo Rosselli, desidererei che venisse approfondita, e non· liquidata in due righe, anche l'importante lezione politica, morale. religiosa di Aldo Capiti• ni, un pensatore che da sempre è stato troppo poco preso in considerazione perché scomodo e particolarmente «difficile•. Chi conosce il pensiero del filosofo perugino sa bene quanto gli stesse a cuore una concezione autentica• mente «liberalsocialista• della società in tutta la sua globalità. Si sa d'altronde che Capitini elaborò, con il Calogero (differenziandosene però molto a presto), una concezione del «liberalsocialismo• del tutto autonoma rispetto a quella del Rosselli. Come, infatti, è scritto in quella sorta di lirica autobiografica che è Antifa$Cismo tra i giovani, Capitini non lesse che dopo la Liberazione il libro di Carlo Rosselli sul Socialismo liberale ed in seguito poté confrontare le due ricerche: •La conservazione del termine "liberale" accanto al "socialismo" doveva ser• vire ad associare tutti i liberali che· si venissero "aprendo" al socialismo, e avessero capito che se fossero stati uniti al socialismo (nelle varie forme), avrebbero sbarrato la strada al fascismo; e doveva servire ad avvertire i comunisti filosovietici (cioè stalinisti) che non potevamo convenire con loro per un motivo essenziale•. Mi rendo perfettamente conto di non poter esaurire in una lettera un tema che richiederebbe maggiore al• tenzione da parte degli studiosi (sa• rebbe anche estremamente utile analizzare il nesso tra liberalsocialismo e nonviolenza, della quale Capitini fu non solo assertore coraggioso, in tempi ben più duri dei nostri, ma testimone di vita); pertanto le chiedo, con molta umiltà, di contribuire, tramite saggi, interventi. discussioni, a rendere noto l'insegnamento di Capitini, soprattutto alle nuove generazioni. La ringrazio. Francesco Pullia, Temi 22 GENNAIO 1980
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