FISH-EYE0 ALDO G. RICCI Umori mutevoli dei comunisti sull'Iran CoN IL TRASCORRERE DELLE SETTIMANE u miscela della rivoluzione iraniana rivela sempre più compiutamente il suo potenziale esplosivo e destabilizzante per l'intera area geografica e per gli stessi equilibri internazionali. Nello stesso tempo, la proiezione esterna del suo panislamismo rivoluzionario, alimentata dalla mobilitazione permanente delle masse più diseredate e degli studenti, vero punto di forza della rivoluzione, permette di occultare, o almeno di far passare in secondo piano, l'assoluta mancanza di programmi politici o sociali a media e a lunga scadenza, e consente quindi di non dare forma alle strutture economiche e sociali che il nuovo regime intende dare al Paese. L'Iran khomeinista ha fatto dell'instabilità e della provvisorietà la propria regola, favorito in questo anche dall'arma del petrolio, e vive attualmente solo in funzione della crociata proclamata contro il «corrotto» e «perfido» Occidente. Anche l'ostilità tendenziale nei confronti del comunismo ateo (che Khomeini non ha mai nascosto) è oggi messa in sordina per il sostegno che la sinistra interna iraniana manifesta nei confronti della rivoluzione islamica e per la copertura che l'URSS continua a fornire alla «battaglia antimperialista» dell'Iran, pur nel contrasto che divide i due Paesi dopo l'invasione dell'Afghanistan. In questa situazione di connitto drammatico, quando gli schieramenti tendono a irrigidirsi richiamando all'ordine le forze disperse, si riduce notevolmente lo spazio per i tentativi di mediazione politica, e in particolare per quelle forze a «metà del guado», come possono essere, in diverso modo, i Paesi islamici moderati e filoccidentali, o i partiti dell'eurocomunismo, combattuti tra la tradizionale politica «antimperialista» e la propria collocazione storica e geografica. Tra i partiti comunisti occidentali, sono certamente le posizioni del Partito comunista italiano quelle che presentano i maggiori, più significativi e talora sofferti approfondimenti, anche se spesso contraddittori. dell'esperienza iraniana e delle sue implicazioni internazionali. Come già in occasione del colpo di Stato cileno, anche in questo caso i comunisti italiani hanno colto immediatamente l'importanza e la novità di quanto accadeva (anche se ovviamente di trattava di avvenimenti di segno diverso) e hanno cercato di ricavarne insegnamenti di carattere generale. In entrambi i casi, infatti, erano in discussione due esperienze rivoluzionarie germinate all'interno di Paesi inseriti organicamente nella sfera occidentale, e dalle cui vicende potevano discendere conseguenze anche per altre forze inserite nella stessa area geo-politica, e per il PCI in primo luogo. L'attenzione della stampa comunista nei confronti IL LEVIATANO dell'Iran comincia a manifestarsi già in occasione dei primi segni di ripresa del movimento di opposizione, nell'agosto del 1978. Nelle corrispondenze da Teheran di quei mesi viene colta in tutta la sua portata la novità delle manifestazioni di piazza nel quadro delle difficoltà sociali crescenti della cosiddetta «rivoluzione bianca» che il regime dello scià ha intrapreso nel Paese. In particolare viene sottolineato sulla stampa un elemento che dovrà poi rivelarsi decisivo nello sviluppo della rivoluzione: la necessità che si determini un 'alleanza tra le forze religiose di opposizione (che avevano cominciato a entrare in fermento a cominciare dai primi mesi del '78, in seguito a nuove restrizioni e persecuzioni dél regime) e le forze della sinistra rivoluzionaria (tradizionali oppositrici del potere imperiale). Sarà effettivamente da questa alleanza, maturata nei mesi successivi, che verrà dato il colpo decisivo al sistema e sarà ancora quest'alleanza che condizionerà poi tutti gli sviluppi della rivoluzione iraniana. Nelle settimane successive, parallelamente allo sviluppo del movimento di massa, il tono delle corrispondenze e delle riflessioni cambia. Se prima I'accento era posto sul fallimento del modello occidentale nelle condizioni iraniane, ora l'accento cade invece sulla novità del movimento islamico. visto come forza autosufficiente, capace di portare a compimento un'esperienza rivoluzionaria originale e autonoma. L'Islam viene dipinto come il quadro entro il quale possono essere inseriti tutti i contenuti più avanzati, entro il quale i conflitti sociali specifici iraniani trovano composizione. L'opposizione allo scià, egemonizzata dal movimento islamico sciita, è così totale che anche i contrasti e le differenze interne al movimento si presentano inessenziali rispetto a questo quadro nuovo, che concilia tradizione e rivoluzione, passato e futuro, cancellando il presente pseudocapitalista rimasto .sostanzialmente estraneo al Paese. L'accento viene posto sulla creatività delle masse, sulla spontaneità del movimento, sulla necessità che un movimento inserito nel corso dello sviluppo storico approdi a sbocchi positivi. Socialismo e Islam, il Corano e Marx trovano («Rinascita», 15 dicembre 1978) impensabili conciliazioni nel crogiuolo della Storia quando le masse tornano a essere protagoniste. Come conseguenza di questa posizione. che potremmo definire di «fiducia nel movimento». scarsa è staia l'attenzione e ancor più scarso il credito che la stampa comunista ha dedicato al tentativo di Bachtiar. Nelle poche settimane di potere egli è stato sempre dipinto come un esponente moderato fuori tempo, superato dagli eventi e del quale la sinistra doveva diffidare. La sua laicità non ha esercitato alcuna attrazione sul PCI, tranne in occasione delle prime manifestazioni di integralismo islamico nei confronti della sinistra, e, di fronte all'incalzare degli avvenimenti, la scelta a favore del movimento sciita e poi della repubblica islamica è risultata sempre più ferma e ideologicamente motivata. Inoltre, con il trascorrere delle settimane, si fa anche più evidente che gli Stati Uniti hanno scelto la linea del non intervento e che tale linea è stata fatta propria anche dai capi dell'esercito. Di fronte a questa politica conciliante e attendista. i comunisti sono tra i primi a cogliere gli spazi che si aprono per il successo del tentativo rivoluzionario e a sostenere la scelta della sinistra iraniana in favore dell'alleanza con l'integralismo islamico. li clero sciita viene presentato come l'avanguardia del movimento di opposizione e la rivoluzione iraniana come una «Ri13
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==