Il Leviatano - anno II - n. 1 - 15 gennaio 1980

«Se anche noi fossimo_europei... » Az_u VIGIUA DI UNA RIUNIONE DEL Bureau dell'Internazionale Socialista, alla quale ero stato delegato a rappresentare il PSI, andai a Formia per ottenere da Nenni la risposta, della quale mi sarei reso latore, su una certa questione postagli dall'Internazionale. Avrei potuto risolvere tutto anche per telefono. Ma desideravo cogliere l'occasione per avere da Nenni una indicazione che mi aiutasse a sciogliere un dubbio che mi assillava, combattuto, com'ero, tra la disciplina di Partito e la coscienza. Non approvavo la predisposizione della dirigenza del Partito ad entrare nel giro delle oblique manovre che si andavano intessendo per evitare il referendum sul divorzio. E, forse, i miei timori erano esagerati dalla mia appartenenza alla corrente autonomista che, in quel tempo, nel PSI era poco più di una testimonianza, anche se rappresentata da un vice-segretario generale. · I temi principali della politica italiana in quell'inizio dell'anno 1974erano tre: la «repubblica conciliare», il referendum sul divorzio e le prime timide proposte sull'alternativa. Su quei tre problemi - ma specialmente sul secondo - nel PSI vi era una grande confusione; ma altrettanto grande ve n'era negli altri partiti dell'arco laico. Vi erano laici intransigenti che chiedevano senza timori il referendum e subito. Ma ve n'erano altri, possibilisti, che dicevano di temere una guerra di religione. I comunisti paventavano la sconfitta e, peggio, la «spaccatura del Paese»; ma in realtà temevano di perdere il contatto con la Democrazia cristiana. Ed era un 'accavallarsi frenetico di proposte: divorzio polacco, modifiche al testo della legge, NENNIELONGOINSPAGNA IL LEVIATANO trattative più o meno segrete tra laici e cattolici. Nenni mi disse che il referendum andava fatto comunque e ad ogni costo; poiché il suo valore non era tanto quello di confermare la legge sul divorzio, quanto dj riaffermare la laicità della società italiana. «E importante che si faccia, perché per la prima volta nella storia del Paese vi è l'irripetibile, forse unica, occasione di togliere l'ipoteca della Chiesa cattolica sullo Stato e sulla società. Quale che ne sia il risultato». «Il rinnovamento della società, della cultura in Italia - aggiunse - sarà autentico soltanto quando la Chiesa sarà chiusa nella sua sfera religiosa e non interferirà più nella politica del Paese». Confesso che non mi attendevo quella risposta netta, decisa, senza appello. Tante volte, parlando con Nenni, forse per la sua umanità e per la sua impareggiabile esperienza politica e umana, si ricavava l'impressione che la propria verità non poteva né doveva ignorare le ragioni degli altri che stanno dall'altra parte. «E i comunisti?». chiesi. Mi guardò quasi con sorpresa e disse lentamente. «Sì, capisco. Ma marceranno. lo ho fiducia che marceranno». Poi, come soprappensiero, proseguì: «Purché noi socialisti, insieme agli altri laici, resistiamo ad ogni tentazione di "pateracchio". Dipende dall'unità dei laici: se essi non molleranno i comunisti dovranno marciare». E con un sorriso malizioso aggiunse: «Spero che non ripetano il grossolano errore dell'art. 7 della Costituzione». A questo punto, in quella splendida mattinata, mite, piena di sole, mi chiese di accompagnarlo a fare una passeggiata. E lentamente ci avviammo verso il mare, sempre parlando di politica. Mi feci più audace e premesso che, coma sapevamo tutti, la partecipazione al ·governo dei comunisti era impossibile fin quando 9

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