Il Leviatano - anno II - n. 1 - 15 gennaio 1980

appresa l'elementare lezione che due più due non fa mai cinque, quale che sia il partito al potere e quale che sia il sistema economicosociale-politico immaginato. A chi ancora questa lezione non voglia apprendere gli anni ottanta riserveranno brutte sorprese, soprattutto per l'aggravarsi della crisi energetica, con il crescente prelievo di risorse dalle economie occidentali che essa comporterà. È dalle lezioni degli anni settanta che deve scaturire il programma per il prossimo decennio. Dalla consapevolezza che chi combatte l'Occidente favorisce l'Unione Sovietica, la necessità di comprendere le ragioni profonde e irrinunciabili della nostra appartenenza all'alleanza occidentale, che ha consentito nei trentacinque anni che ci separano dalla fine della seconda guerra mondiale la difesa (o la restaurazione) della libertà e della democrazia non solo nel nostro, ma in tutti i Paesi che ne fanno parte. Dalla constatazione che in tutti i Paesi in cui l'economia è nelle mani nello Stato non c'è né libertà né democrazia, la scelta dell'economia di mercato, sia pure non preclusiva dell'intervento pubblico, là dove esso appaia necessario e purchè subordinato ai più rigorosi controlli di onestà ed efficienza. Dagli orrori della violenza, la fedeltà ai principi della democrazia e della libertà, sanciti dalla Costituzione, che rimane ancora non solo la legge fondam!!ntale dello Stato, ma il baluardo più solido per la difesa dei diritti irrinunciabili di tutti i cittadini. Dalle ingiustizie del corporativismo e dagli sperperi della ricchezza nazionale, la coscienza della necessità del lavoro, retribuito con equità e proporzionalmente alla sua quantità e qualità, un'equità la cui misura è data dall'esistenza di un libero mercato della manodopera, corretto dalla forza che proviene dall'unione dei lavoratori in sindacati depurati dalla demagogia. Da Il LEVIATANO tutto il quadro delineato, la necessità di una ritrovata guida politica del Paese, cui devono dare un contributo forze nuove, non compromesse e non responsabili della cattiva gestione della cosa pubblica del passato, le quali non solo sappiano amministrare con onestà lo Stato al servizio dei cittadini, ma sappiamo anche far prevalere, con l'esempio e l'equità delle leggi, quegli elementari valori della convivenza civile e pacifica, che si riassumono nel rispetto della vita, della libertà, dei legittimi interessi di tutti, commisurati all'effettivo apporto di ciascuno al benessere di tutti. Ciò che serve all'Italia negli anni ottanta è lo spirito giovanile della fine degli anni sessanta, la disponibilità a battersi in nome della giustizia, a migliorare il mondo e il Paese in cui viviamo. Uno spirito non rassegnato e anzi combattivo, dunque; ma capace di liberarsi dell'utopismo e della violenza, che provengono dalla fretta di cambiare in un giorno quanto richiede invece mesi ed anni. Una disposizione d'animo di fermezza, ma anche di pazienza; di giustizia, ma anche di comprensione. Nel decennio trascorso i giovani in buona fede opponevano alle cose presenti un modello astratto, esistente solo nella loro testa, che le lezioni degli anni sessanta devono ora far apparire anche teoricamente sbagliato. All'inizio degli anni ottanta a quel modello astratto occorre sostituire un modello concreto: le società più sviluppate ed evolute dell'Occidente. Un modello, diversamente dal primo, che sembrava perfetto ma che tradotto in pratica diventava sistematicamente mostruoso, un modello, dicevamo, pieno invece di difetti, ma che rimane quanto di meglio, in tutti i campi, dal benessere alla libertà, dalla salute alla democrazia, la ci·;iltà umana abbia tino ad oggi saputo produrre. 7

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