più vili. E ai geni disse: «Distruggereste questa graziosa statuetta solo perché non è fatta solo con oro e diamanti?». I geni compresero al volo e decisero di abbandonare perfino il progetto di correggere Persepoli, e di lasciare andare il mondo come va. Perché, conclusero, «si tout n' est pas bien,tout est passable. Spirito di rifonna e spirito utopistico-rivoluzionario. li primo che, pur sapendo distinguere tra metalli nobili e metalli vili e proponendosi il miglioramento della lega, comprende però la complessità dell'intreccio, al limite la funzione stessa anche dei metalli vili, e soprattutto parte della imprescindibile necessità di non spezzare ciò che, nel bene e nel male, è la realtà esistente. Il secondo che ritiene che il compito fondamentale sia spezzare la statua per costruirne una nuova; distruggerla per isolarne i metalli preziosi, sciogliere la lega del bene e del male. E quindi, mentre chi pensa che «tout est passable» rifiuta la possibilità di concepire un mondo perfetto e vede, persino con un certo «scetticismo», solo la possibilità di miglioramenti e aggiustamenti, senza mai illudersi di raggiungere il mondo ideale; chi, al contrario, parte dal più pessimistico dei giudizi sulla società così com'è, sogna una società perfetta, sogna la palingenesi che, distrutte le radici del male, porti l'uomo al bene assoluto. Laddove per Voltaire l'idea stessa della perfezione è un «progeno insensato», per i rivoluzionari i mali peggiori che l'umanità conosce avranno un loro mistico riscatto nel bene finale ed eterno frutto dell'attimo del rovesciamento rivoluzion~rio. Nel decennio trascorso, prevalse lo spirito rivoluzionario; in quello che ora si apre - se la previsione appare azzardata valga l'augurio-, prevarrà lo spirito di rifonna. Prevarrà perché tante e dure smentite sono venute negli anni settanta alle illusioni dell'utopia. Quante illusioni sul Vietnam! Non si volle vedere quello che pure, se non si fossero chiusi gli occhi, era già comprensibile, addirittura lampante. Non si volle prendere atto che il IL LEVIATANO regime di Hanoi era illiberale e totalitario; non si volle ricordare l'esodo del 1954verso Saigon; non si volle credere che il Vietnam del Sud e quello del Nord avrebbero finito per assomigliarsi come due gocce d'acqua: ci si ritrovò con i boat people. Tutto sembrava semplice, generoso, esaltante. Il popolo vietnamita unito contro il gigante imperialista americano; il fronte patriottico variegato e pluralista; le promesse elezioni; la giustizia trionfante. Di quei vietnamiti che aspettavano la liberazione dal Nord, oggi un milione sono in carcere, centinaia di migliaia sono fuggiti o morti cercando di fuggire, chissà quanti sono stati uccisi o languono nei campi di concentramento. Molti di coloro ora privati della libertà, se non già della vita, si sono battuti contro gli americani: tra gli altri (ricaviamo i nomi da Le goulag vietnamien di Doan Van Toai), Ta Nguyen Minh, 80 anni, imprigionato sedici volte dai francesi, da Diem e da Thieu; Nguyen Van Than, 80 anni, veterano della rivoluzione: Tran Huu Thanh, presidente del «Movimento contro la corruzione» durante il regime di Thieu; Thanh Thuong Hoang, presidente del Sindacato dei giornalisti vietnamiti; Ho Huu Tuong, condannato a morte da Diem; Thien Hue della pagoda Dai Giac; Nguyen Van Hieu, membro del Partito comunista per trenta anni e comandante dell'offensiva del Teta Saigon nel 1968;Vu Dang Dung, presidente del «Movimento per l'applicazione degli accordi di Parigi»; Tran Dahn San, presidente del «Movimento per i diritti dell'uomo», già imprigionato da Diem; Nguyen Huu Giao, che organizzò l'incendio del centro americano di informazioni a Hué, imprigionato da Diem; Hai Chien Thang, comandante in capo, per il Fronte nazionale di Liberazione, della regione SaigonGia Dinh; Mai Van So, fratello dell'ex-ambasciatore nord-vietnamita a Parigi Mai Van Bo (con il quale tanti sostenitori del Vietnam ebbero allora contatti); Thich Quang Do, segretario generale della Chiesa buddista unificata del Vietnam (pagoda di An Quang), ecc. 3
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