Il Leviatano - anno II - n. 1 - 15 gennaio 1980

EDITORIALE Lezioni degli anni 70 QuELW CHE SI È CHIUSO È STATO IL DEcennio dell'utopia. Molti sono i segni che fanno ormai ritenere che la realtà degli anni ottanta costringerà buona parte di quei pochi che ancora vi si attardano a tornare con i piedi per terra. Non si è chiuso, è chiaro, per quanti, per pigrizia mentale o senile conservatorismo, hanno pensato che questo fosse il migliore dei mondi possibili e si sono augurati che tutto potesse restare com'è. Per quanti hanno creduto che l'economia occidentale e il benessere materiale che essa ha prodotto nella nostra parte del mondo dovesse esser pagato dalla miseria e dalla fame di due terzi dell'umanità e da drammatiche convulsioni nell'occidente stesso e questo prezzo sono stati disposti a pagare senza neppure chiedersi se potesse esser scontato. O per quanti, al contrario o insieme, hanno pensato che la prospettiva di una maggiore eguaglianza e dignità umane dovesse essere conquistata attraverso un lungo purgatorio di gulag. assassini. stragi. Parliamo invece di quanti, per giovanile disposizione al nuovo o per scelta morale di combattere in nome della giustizia credettero a ragione che il nuovo e il migliore fossero possibili, ma persero di vista le condizioni reali da cui partire; e rifugiandosi con la mente in mondi immaginari, operarono intanto per distruggere anche quanto valeva la 2 pena di essere conservato. Parliamo dei giovani in buona fede della fine degli anni sessanta e di gran parte degli anni settanta, che credettero che la buona strada fosse quella. anziché di riformare. di rivoluzionare il mondo. In un noto racconto filosofico (Le Monde comme il va, 1748), Voltaire immagina che i geni che sovrintendono agli imperi del mondo, stanchi delle follie e degli eccessi di Persepoli (=Parigi, il mondo moderno), decidano di punire o addirittura distruggere quella città. Prima però affidano allo scita Babouc la missione di esaminare la situazione in loco e redigere un rapporto. sulla base del quale prendere una decisione definitiva. Babouc scende dunque a Persepoli: incontra la ferocia dei soldati, la superstizione delle plebi, la depravazione dei costumi, l'ingiustizia dei ricchi, la corruzione dei magistrati, la malignità dei letterati, l'arroganza dei potenti e l'invidia degli sciocchi; e però, malgrado questi vizi rivoltanti, Babouc sa scoprire anche i lati positivi, l'umanità, l'amore, il disinteresse che si mescola, nei comportamenti degli abitanti di Persepoli, alle nequizie. Al momento di redigere il rapporto, Babouc, dopo dubbi e incertezze - racconta Voltaire - «fece costruire dal migliore fonditore della città una piccola statua composta dei minerali, delle pietre, dei metalli più preziosi mescolati con i 15 GENNAIO /980

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