4 500 lire ILLEVIATANO settimanaledi commentopolitico -t••--- Non c'è sulla Terra chi sia superiore al ùviatano, il quale è fatto per non avere paura: egli guarda in faccia L'arte imita quel raz.ionale e più eccellente lavoro della natura che è l'uomo. Poiché con l'arte è Creato qUel gran ù 0viatal)O, chiamato Stàto (in latino civitas). il quale non è che .u,i uomo artificiale, bench'é di maggiore .natura e forza del naturale, per la prot~zione e difesa del quale fu concepito. tulio ciò che è eccelso, egli è re su tutte le creature più superbe. (Giobbe, XLI. 25-26) li grande Leviatano è quell'unica creatura al mondo ~he dovrà restare senza ritratri sino alla fine. Questo Leviatano ci scende addosso, diba1tendosi dalle fonti de/l'E1erni1à. (H. Melvillc. Moby Dick.capp. LV. CV) in questo numero: (f. Hobbes.-Leviatano, Introduzione) E quante nature poetiche non ho incontrato affatto? E quante ne hai strangolate tu nel corso di questi decenni. • maledetto Leviatano? (A. Solicnicyn, Arcipelago Gulag, V, 5) Colletti giudica Carniti e Lama Bobbio e Crisafulli sulla regolamentazione dello sciopero Bartoli sulla politica estera italiana Matteucci sui partiti-chiesa Editoriale su Amendolae Berlinguer Aldo Garosci sul revisionismo di Begin GiovanniAldobrandini sulla «crisi dei valori» Aldo G. Ricci sui comunisti e la crisi iraniana La politica europeistica di Marcora - Il ministro severo Il benevolo Boato - La manipofazione delle urne ('ollahoratori: (ìlOV.•\~!\il ,•\LDOHR·\Sl>l'."-1. {ilL'SLl'PI- AH.I:. DOt\.lE-;',,jllO HARIOIJ. (jfLSl:l'l'I Hl·l>t-.S(fll. (::-,;/o Bl:111/.-\, Il { I:\:-,;:() ( ,\J'A(iNA · \'1:.NLRIO (A I I..\'.'< I. I. LCIO COLI_ E I 11. RJ·.!'./0 DI. 1·1-.U(T, PAOl.O OL.\.1.\R I I~. Cl.I.SO DF S n-_f-A'.",.l"i. SIRIO ()f (ill,l.lOMARIA. GIAN~( n:,,.o('( HIARO. CARLO l·LSI. ..\1.00 (iAROSCI. PII-.R ('ARI.O .l\1ASl'-1. :,,.1col.A :'1.1:\I lTLTl 1. RISA IO \tifi.I. Al.DO G. Rl(U, (il,'l()O RIIU·.111, ROSARIO RO,l\1H> . .-\UH.RIO RO)'.(llf-.Y. 1)0.\.HSICO SFTlt.\.1BRJ!',il, (ill'SU'l'I I .\\1Hl.'RRA:,,.;o. P:\01.0 l;N<,,\Rl. <,LI.ISO /A( CARIA. Uin·ttorc rt.•sponsahile: <ìJLLIO s,,, 1:1.1.1 '27 novembre 1979
EDITORIALE In cambio dei sacrifici LE REAZIONI ALL'INTERNO DEL PARTITO comunista al recente articolo di Giorgio Amendola - che hanno avuto il loro culmine nella riunione del Comitato centrale - sono altrettanto. anzi. certamente. più istruttive dell'articolo stesso. Amendola. infatti. a dire la verità, non ha espresso concetti particolarmente nuovi e originali; la novità è consistita principalmente nel fatto che quelle considerazioni fossero fatte da un comunista: considerazioni che peraltro Amendola era andato sviluppando nel corso di questi ultimi anni. seppure mai con la chiarezza e soprattutto la carica polemica dell'articolo di «Rinascita» e dell'intervento al Comitato centrale. Anch-.: le repliche degli altri dirigenti comunisti. e soprattutto quella del segretario. non rappresentano una novità. almeno per il contenuto degli argomenti di Berlinguer. Natta e compagni; ma è un fatto nuovo che, per la prima volta. le tesi opposte non hanno potuto essere liquidate come quelle di un provocatore o di un reazionario. Sono finiti per il PCI i tempi delle scomuniche. almeno nei confronti di dirigenti del prestigio e della personalità di un Amendola; agli argomenti per la prima volta si è dovuto rispondere con argomenti, senza ricorrere a comodi anatemi. Il nocciolo delle argomentazioni di una parte e dell'altra può essere così ria~sunto: Amendola. dopo aver richiamato le responsabilità della sinistra politica e sindacale per la grave crisi che attraversa l'Italia. senza d'altronde aver escluso - come invece gli è stato rimproverato - altre responsabilità, ha affrontato la contraddizione di fondo della linea del Partito comunista (o della sua «applicazione»): per un verso, col «compromesso storico», il Partito comunista si è candidato a partecipare alla direzione politica del Paese, accettando il nostro «sistema» economico-politico e le alleanze internazionali: ma per un altro verso non rinuncia a una pratica politica la cui logica è comprensibile solo nella prospettiva della «fuoriuscita dal sistema». una prospettiva nella quale perde significato sia il problema delle compatibilità economiche. sia quello delle forme di lotta «extraparlamentari». «Non si può volere tutto ed il contrario di tutto!». esclama Amendola: la centralità del parlamento e un sindacato che sovrappone la propria volontà a quella del parlamento; «una corsa ali' estensione della scala mobile a tutte le categorie» e l'arresto del processo inflattivo. la politica di austerità e 2 l'appoggio a «tutte le rivendicazioni, anche le più contraddittorie» «in un gioco di crescente demagogia e di scavalcamento a sinistra». Scelga dunque il partito-conclude Amendola-qual è la sua linea. e la porti avanti con coerenza e coraggio. pagando i prezzi necessari. Ciò che risponde Berlinguer ad Amendola è esattamente che il PCI vuole tutto e il contrario di tutto. Berlinguer non nega infatti che la situazione sia più o meno nei termini drammatici in cui la descrive il suo interlocutore: ,,Non c·è dissenso in questo con il compagno Amendola». Il dissenso nasce a proposito dei rimedi proposti per uscire dalla crisi. Amendola dice: se accettiamo il sistema. i rimedi sono quelli coerenti con il ristabilimento dei meccanismi necessari a far funzionare il sistema stesso. Sono rimedi «oggettivi». indipendenti dalla partecipazione o meno dei comunisti al governo. Egli ritiene. naturalmente. che coi comunisti al governo e il conseguente rafforzamento dell'esecutivo sarebbe piu facile mettere in opera i rimedi necessa ri; ma anche se i comunisti sono costretti a restare fuori del governo, i rimedi restano gli stessi e non dirlo. non dire «la verità». significa seguire la politica del «tanto peggio. tanto meglio». Nessun socialismo- conclude invece Amendola -. quale che sia oggi il contenuto di questa parola. può essere costruito su un Paese in disfacimento. Berlinguer invece accetta e non accetta il sistema nello stesso tempo. Per un verso non nega che sia essenziale. per il risanamento dell'economia italiana. per esempio. contenere il costo del lavoro; ma per altro verso paventa che una linea coerente (come quella che avrebbe potuto uscire dai presupposti del convegno sindacale dell'Eur) alieni al partito il consenso di parte della classe operaia; da una parte non nega che il gonfiamento smisurato della spesa e del deficit pubblico sia tra le cause principali dell'inflazione. ma dall'altra parte ritiene irrinunciabili gli obiettivi di miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori e dei pensionati, anche in questa situazione di crisi. Se il PCI non facesse questo. dice Berlinguer «il minimo risultato sarebbe che nel giro di pochi giorni o di poche settimane avremmo contro di noi piazze. assemblee operaie. manifestazioni». L'esplicita conclusione del ragionamento di Berlinguer è che i sacrifici possano essere richiesti alle masse che seguono il Partito comu27 NOVEMBRE 1979
nista solo alla condizione che il partito stesso compia dei passi in avanti nella strada del potere. I «sacrifici» non possono essere richiesti alle masse senza una contropartita: questa contropartita è il «cambiamento nel modo di governare». i comunisti al governo. I sacrifici dunque vanno accettati solo se finalizzati a un «cambiamento», il cui primo segno è la partecipazione dei comunisti al governo. Ma delle due l'una: o il cambiamento che i comunisti al governo realizzerebbero è un cambiamento del sistema. e allora non si comprende perché essi pretendano che i partiti che il sistema non vogliono cambiare li chiamino al governo; oppure è solo un cambiamento di gestione politica nel sistema; e allora, nella logica di questo sistema. affrontare la crisi significa imporre al Paese i sacrifici di cui parla Amendola. E in questo caso non si vede perché le piazze. le assemblee operaie, le manifestazioni che il PCI teme oggi nel caso in cui chiedesse i sacrifici necessari non si rivolgerebbero contro il PCI quando il PCI, al governo. chiedesse esattamente le cose che Amendola ritiene debbano esser chieste oggi. Le due linee che si sono affrontate al recente Comitato centrale comunista sono dunque: quella d'Amendola. che accetta la logica economico-politica del sistema e, solo su questa base, pone la candidatura dei comunisti a essere DISEGNO DI RAFFAELLA OTTA V/ANI considerati un partito come gli altri. disponibile sì per alleanze di governo, ma responsabile nel suo ruolo di opposizione; quella di Berlinguer, che dà la preminenza al problema del potere e nella quale l'accettazione del sistema economico e del sistema politico italiano sono solo uno strumento tattico. La prima è più o meno simile a quella di tutti i movimenti socialisti occidentali; la seconda è invece tipicamente «leninista», nP; senso che tutto subordina alla questione oel potere. (Signorile ci spiegherà in che senso la seconda linea, quella leninista, costituisca, com 'egli ha dichiarato, un «passo in avanti» rispetto alla linea amendoliana). Con ciò non si vuole concludere che se il Partito comunista avesse, nella sua maggiore istanza decisionale. scelto la linea di Amendola anziché quella rivoluzionaria di Ingrao e Berlinguer, tutti i problemi di una omogeneizzazione del PCI al sistema democratico occidentale sarebbero risolti. Rimarrebbero le questioni del legame con l'URSS e il centralismo democratico. tanto per fare due esempi. Ma certo una linea come quella di Amendola, se avesse potuto essere fatta propria dal PCI, avrebbe costituito una buona premessa: il centralismo democratico. infatti. anche da questa discussione qualche colpo l'ha avuto; e un partito comunista deciso a difendere il sistema fino in fondo difficilmente troverebbe ancora per molto tempo comprensione a Mosca. IN R.lcSP05TA AL COMPAGNO AMENDOLA ... IL LEVIATANO 3
I tifosi dell,Imam LA RNOLUZIONE IRANIANA NON CONOSCE soste e continua a dare spallate poderose agli equilibri internazionali e alla pace. La sua caratteristica principale è anzitutto la dinamicità. l'impossibilità di stabilire compromessi e forme di equilibrio con le strutture economiche. politiche. sociali e culturali del regime precedente. Tutto deve essere rapidamente rimosso e rovesciato. secondo una logica da «rivoluzione permanente» in chiave islamica. L'altro elemento saliente è che si tratta di una rivoluzione superiorem non recognoscens, in questo momento prevalentemente ostile nei confronti del mondo occidentale, responsabile dello stato di cattività del Paese, ma egualmente avversa al mondo comunista (vedi l'Afghanistan) e niente affatto disposta a delimitare la propria sfera d'azione. Oggi la rivoluzione iraniana è impegnala a sovvertire le regole del diritto internazionale assumendo in prima persona il ruolo di Staio terrorista e rivoluzionario non disposto ad accettare dall'odiata tradizione occidentale neppure le regole consolidate dei rapporti Ira Stati. Per far questo ha deciso di dar forma all'occupazione permanente dell'ambasciata americana e di utilizzarla come santuario della lotta «antimperialista•, meta ideale e pratica dei pellegrinaggi e dei riti collettivi. simbolo dell'unità e del riscatto nazionale. Il culmine di questa azione potrà aversi con la minacciata celebrazione dei processi islamici a carico del personale diplomatico americano. destinali a trasformarsi naturalmente in processi ali' America e all'Occidente. Problemi gravi quindi per il mondo occidentale, ma problemi anche per la tradizione antimperialista dei partiti comunisti e per il monopolio storico da essi esercitato sui movimenti rivoluzionari. Quali sono state le reazioni del mondo comunista di fronte a questa crisi di gravità eccezionale e a queste nuove versioni di «anlimperialismo» fomite dall'estremismo islamico? Se tralasciamo il caso della Cina, naturalmente ostile alla caduta di un regime nemico del1' Unione Sovietica com 'era quello dello scià, e quindi almeno fino a questo momento avversa a Khomeini, vale la pena di considerare quattro esempi. Anzitutto i comunisti iraniani. Dopo una prima fase di incertezza, nei giorni caldi del passaggio dei poteri. e dopo qualche perplessità nei confronti delle più accese m;rnifestazioni di integralismo. oggi tutta la sinistra iraniana ha scelto la strada della rivoluzione islamica, e il Partito comunista iraniano (che è sempre stato legato a Mosca) non si è discostato da questa linea. In particolare. in occasione dell'occupazione dell'ambasciata americana, i comunisti iraniani sono stati in prima fila nell'appoggiare gli studenti islamici e la linea più rigida contraria alle trattative. e si indentificano in questi momenti in modo totale (in attesa degli eventi) con la strategia del movimento khomeinista. Complementare a questa linea politica è quella dell'Unione Sovietica, anch'essa coinvolta nella crisi sia per la posizione geografica confinante, sia per le sue responsabilità di grande potenza. L'elemento 4 DALL' «HERALD TRIBUNE» saliente della posizione sovietica è certamente l'estrema riservatezza. La stampa russa si è infatti limitata a fornire le notizie con la secchezza di un bollettino metereologico, evitando condanne di qualunque tipo ma anche facili trionfalismi. E' vero che le trasmissioni della radio sovietica in lingua parsi. dirette all'Iran, hanno invece usato un tono completamente diverso, di aperta approvazione dell'occupazione dell'ambasc;;ata e di appoggio a Khomeini. ma è anche vero che, in uno dei giorni di più intensa crisi. quando l'Iran ha chiesto la convocazione del consiglio di sicurezza dell'ONU per discutere della crisi tra Teheran e Washington. l'Unione Sovietica non ha appoggiato pubblicamente la posizione iraniana. votando all'unanimità con gli altri Stati contro la richiesta di convocazione. In questa prudenza sovietica si avverte il necessario senso di responsabilità di una grande potenza. che non può accettare pubblicamente che vengano sovvertite tutte le regole del gioco. pena domani trovarsi a dover subire le conseguenze del proprio gesto; si avverte poi il timore sovietico nei confronti di Khomeini, estraneo e non amico, ma anche la volontà di non perdere una possibile occasione futura di approfittare della situazione che può determinarsi nel Paese. Quindi appoggio a Khomeini tramite i comunisti iraniani e la propaganda radiofonica, ma anche prudenza e riserbo a livello internazionale. La stessa gamma di sfumature si ritrova nell~ gamma dei partiti comunisti occidentali. in particolare quello francese e italiano. Il PCF ha assunto una posizione estremamente netta sulla crisi; per bocca di Pierre Juquin, membro dell'ufficio politico, i comunisti francesi si sono dichiarati favorevoli all'estradizione dello scià, e «L'Humanité» ha affermato che «la lotta iraniana contro l'imperialismo resta il motore della rivoluzione e passa oggi attraverso l'estradizione dello scià. responsabile di tanti delitti, e il suo processo in Iran•. Coerentemente con questa impostazione i comunisti francesi hanno votalo contro la mozione di condanna dell'occupazione dell'ambascia.la americana approvata in questi giorni dal parlamento europeo. Se i comunisti francesi hanno adottato un entusiasmo filokhomeinista pari a quello dei comunisti iraniani, i comunisti italiani hanno invece scelto la prudenza, ma in parte anche l'ambiguità. dei comu17NOVEMBRE 1979
nisti sovietici. In sede di parlamento europeo hanno votato, a differenza dei francesi, a favore della mozione di condanna, ma sulla stampa hanno circondato la crisi iraniana di ovatta, relegandola in secondo piano quando hanno potuto e riducendo la vicenda a cronaca asettica negli altri casi. Accanto a ciò la solita ideologia: le spiegazioni universali delle crisi come risultato dei guasti del colonialismo, le rituali condanne delle trame sempre attive dell'imperialismo, la soddisfazione per l'isolamento americano, l'esaltazione dell'antimperialismo della rivoluzione ir~.niana e dei suoi certi sbocchi finali positivi. Un quadro confuso quindi quello fornito dalla reazione comunista alla crisi iraniana e al movimento islamico, un quadro che denuncia un grave stato di MERCATO COMUNE ... e Dioper tutti· QuALCOSA DI POCO CHIARO ED AMBIGUO STA avvenendo nei rapporti tra l'Italia e la comunità europea. Le notizie della «manovra, sono arrivate finora con mezze frasi dei ministri italiani che hanno più. diciamo. «frequentazioni• con la CEE: Pandolfi, Marcora, Ma/falli e lo stesso presidente del consiglio Cossiga. L'opinione pubblica ne ha saputo ben poco, anche se qualcosa l'ha intravisto dall'intervista del 15 novembre al TG/ del ministro dell'agricoltura, Marcora. Ma anche qui, pochi hanno capito a chi fosse direi/a la protesta di Marcora contro la proposta di «fissare 1111 te/lo» per le spese della politica agricola della CEE. D'altronde era logico non capire, poiché tale proposta era stata avanzata dal suo collega di governo, il ministro del tesoro Pandolfi, alla comunità a fine sellembre. Di che si trai/a? Cerchiamo di spiegarlo in breve. A fine sel/embre il governo italiano, in un memorandum alla CEE, chiedeva un «riequilibrio del bilancio comunitario», sostenendo che l'Italia paga alla CEE somme assai maggiori di quanto non ne riceva in restituzione, citando il passivo del 'anno 1978 (800 miliardi di lire) e l'onere sostenuto per /'acquisto dei prodolli agricoli della CEE i cui prezzi sono più alti di quelli internazionali. La CEE riballeva documentando che l'Italia, nel biennio /979-80, avrà 1111 saldo altivo di 1.885 miliardi, non senza aggiungere che sono ancora giacenti presso la comunità decine di miliardi non prelevati dal 'Italia poiché la sua inefficiente pubblica amministrazione non ha fallo pervenire i progelli completi per o/lene re ifinanziamenti. A questo punto l'Italia avanza la risibile tesi secondo la quale tu/la la questione del contributo italiano alla CEE va vista «dal 'inizio del mercato comune•. La risposta quasi sferzante arriva fulminante, e qualcuno fa notare che l'Italia da sola usufruisce del 40% del Fondo regionale, mentre il cancelliere Schmidt ha chiesto alla CEE il resoconto dei vantaggi ottenuti dal 'Italia, tra cui i prestiti agevolati concessi dalla Bf!nca_europea degli investimenti, la quale, nel solo tne111110 1976-78, ha dato ali' Italia il 40% dei fondi a sua disposizione. IL LEVIATANO incertezza. Alla prudenza e all'opportunismo dell'Unione Sovietica e dei comunisti iraniani, fa riscontro l'estremismo dei francesi e l'imbarazzo degli italiani. In caso difficile o dubbio tutti i comunisti indecisi tentano di trovare posto sotto l'ampio ombrello dell'antimperialismo. Questo può andare bene però per la propaganda sovietica e dei partiti satelliti, ma non può certo bastare per i comunisti occidentali e per la loro aspirazione a svolgere un ruolo autonomo e positivo in una regione del mondo come l'Europa, destinata a trovarsi sempre di più nell'occhio del ciclone. La crisi iraniana non è stata dunque un buon test della maturità politica internazionale dell'eurocomunismo. Aldo G. Ricci Tiriamo le somme di questa confusa e incredibile vicenda. Nessuno, naturalmellle, contesta il dirillo del patrio governo di migliorare le condizioni del/' appartenenza alla CEE. Anzi, osserviamo che nel passato l'Italia è stata perfino troppo accomodante e spesso nelle dure «maratone» sulla politica agricola comune, obbedendo alle sue note manie mediatrici, trascurava i suoi stessi interessi, per cercare di mettere d'accordo tedeschi e francesi. Quel che va contestato è il modo furbesco, ai limiti del truffaldino, con cui i nostri governanti hanno condotto questa strana vicenda che, non è difficile prevedere,finirà con una sconfitta italiana. Intanto le asserzioni circa «le restituzioni,, oltre ad essere risultate inconsistenti, come si è visto, hanno immeschinito di colpo le concezioni italiane del 'integrazione europea, che nel passato, almeno verbalmente, avevano una dignità riconoscibile. Me111reora si arretra alla concezione del 'Europa dei bottegai, cioè quella che considera la CEE 11111/' altro che una società per azioni dalla quale i soci si attendono «il giusto ritorno». /11secondo luogo abbiamo dato l'edificante spettacolo di due ministri della Repubblica che chiedono alla CEE due cose assolutamente contrastanti. Ed 11110,anzi, Marcora, ha chiesto pubblicamente la convocazione del «comitato ministeriale per la politica estera economica• ove «le posizioni dovranno specificarsi una volta per tulle affinché ognuno si assuma le proprie responsabilitti ». L'ambasciatore Pietro Quaroni, in un famoso saggio sul rapporto tra la diplomazia e la politica estera italiana, osservava che «111d1ifetto generale di tu/la la società italiana è la tendenza a vivere a compartimenti stagni... per cui i contai/i personali sono deficienti e con loro ancora più deficiente la circolazione delle impressioni, delle informazioni e delle idee»; sicché «ognuno se ne va per la sua strada e conosce quello chef a l'altro solo nella misura in cui le strade si scontrano». Come si vede, lo scontro Marcora-Pandolfi al cospello della CEE è già roba da manuale. Purtroppo la conseguenza pitì grave di questa poco edificante vicenda è l'evidente diminuzione della credibilità del governo italiano. E ciò proprio mentre l'Italia si accinge ad assumere, per turno, la presidenza semestrale del consiglio europeo. E, infine, proprio quando l'Europa ha bisogno del massimo possibile di coesione politica, dinanzi alle pressioni sovietiche e americane a proposito del 'ammodernamemo del 'armamento atomico in Europa. Gianni Finocchiaro 5
Parola I FASTI D'ITALIA I di Ponomarev di Venerio Calloni Massimoe severo I' ministero della riforma burocratica è uoa diabolica invenzione di Fanfani. Fino ad oggi, era egregiamente servilo alla DC o come prepensionamento per i vecchi notabili, o come pista d'attesa per i giovani predestinati: c'è passato a.oche Cossiga. li nuovo governo, preventivato per la durata di mesi sei all'esplicita condizione di non governare, per prima cosa ha cambialo l'intestazione - ora si chiama ministero della funzione pubblica (comprendi l'importanza?) -, poi l'ha assegnato a un tecnico, per di più socialista o presunto tale. Che nella fattispecie si traili di un tecnico, non si può negare. Si può dire: l'uomo sprecato al posto giusto. Il nome, M~imo Severo, è squillato per i meandri dei ministeri come la tromba del giudizio universale; come un ministro di que,ta Repubblica possa chiamarsi in quel modo è un mistero da terrorizzare il più incallito burocrate. La prima prova, quella della trimestralizzazione della scala mobile, si è conclusa con un trionfo, che neanche l'omonimo imperatore romano. I sin• dacali domandano 100? E noi gli diamo 200! Non gli lasciamo neanche il gusto di rare un giorno di sciopero. Dopo questa prova di •massima severità•, il clou: la presentazione, a tempo di record, di uno studio di 85 cartelle per la riforma, appunto, burocratica. La particolarità del documento consiste in questo: per ogni proposta c'è la controproposta, il bianco e il nero, l'alfa e l'omega. Vedi i ministri tec.nici come sono utili: di ogni cosa tj presentano il pro e il contro. Poi scelgano i politici, al tecnico va bene sia bianco che nero. Ma la proposta conteneva, nella coda, il veleno: comunque scegliate, nero o bianco, vi avverto, ha detto il Giannini, che prima di cinque anni non si potrà far niente. A questo punto, il consiglio dei ministri ha lirato un respiro di sollievo: •La riunione è sciolta - ba concluso Cossiga -. Vi invito tutti a cena•. Secondo me, quel che il PCI non perdonerà mai più ad Amendola non è quello che ha dello, e neanche come l'ha detto; ma è quando l'ha detto. Mentre c'era Ponomattv a Roma! C'è da far perdere al PCI il banco di primo della classe, al quale Togliatti teneva moltissimo: "il più grande partilo comunista dell'Occidente". Ponomarèv non è tipo da ammettere scherzi. C'è da scommettere che avrà chiesto immediatamente: "Ma questo Amendola, che sta così male, perché non lo mandate a curarsi in Crimea? A Yalta, per esempio, abbiamo delle cliniche collaudatissime•. In altri tempi, la vicenda sarebbe certamente rmita così. Se adesso così non andrà, vuol proprio dire che il PCI è cambiato; vien quasi da dar ragione a Zaccagnini. Duro, quel Ponomariv. L'argomen• to usato davanti alla commissione esteri della Camera è stato d'una chiarezza cristallina: •L'URSS non attaccherebbe mai un paese sprovvisto di armi nucleari•. Se poi avessimo un governo coi comunisti, non saremmo neanche invasi, perché non ce ne sarebbe bisogno. BLOCKNOTES missili terra-aria; Riccardo Tavani, il vice-Pifano in libera circolazione, dichiara, a discolpa del capo, discolpa non giuridica ovviamente ma politica, che portare missili «è nella tradizione dell'internazionalismo operaio»; Negri, Piperno e Scalzone, come si è visto, predicano la violenza: che ne r[cava Boato? «Autonomia e terrorismo coincidono? No», ovviamente. Invece che spedire i suddetti signori nelle patrie galere, Boato ritiene che bisogna «continuare a ragionare, a capire». E prosegue: «Ragionare: perché uno come Pifano parte dalle lotte del Policlinico di Roma e arriva ai missili terra-aria? Capire: perché le Br hanno tanto interesse a fare 'terra bruciata' nell'area dell'Autonomia?». Alle domande 11011segue risposta. Le risposte ovvie, e cioè che Pifa110,sotto la specie del 'autonomo. predica e coerentemente pratica la violenza e che Brigate rosse staliniste e operaiste sifanno laguerra per meglio far la guerra allo Stato (democratico), Boato, naturalmente, le scarta. La violema minore C1RCOLA DA UN PO' DI TEMPO, TRA I «CRETINI di sinistra», come /i chiama Sciascia _peraltro autorevole assertore propriJ di questa resi -, la teoria secondo la quale i peggiori nemici delle Brigate rosse e dei terroristi in genere sono proprio i militanti dei gruppi politici pili estremi e violenti. La primogenitura di questo risibile argomento, a dire il vero, appartiene a Sca/zone e Piperno, i quali, prima del 7 aprile, discel/avano qua e là spiegando che dal momento che di «violenza diffusa» ce n'era parecchia, molti giovani, da questa appagati, non si rivolgevano alla violenza tecnologica e clandestina: la conclusione per cosi dire logica che se ne traeva è che i veri nemici delle Brigate rosse avrebbero dovuto non reprimere, anzi _seguendo l'esempio proprio di Scalzane e Piperno_ incoraggiare la violenza infabbrica, nelle scuole, nelle manifestazioni, la violenza minore insomma, proprio per scongiurare che da minore diventasse maggiore. L'ultimo sostenitore della teoria suddeua-in una «opinione» di «Panorama» -. e automaticamente perciò iscrillosi alla categoria sciasciana, è Marco Boato, tra i fondatori di «Lotta continua» ed ora deputato radicale. Daniele Pifano va in giro con 6 Ma soprattutto. oltre che ragionare e capire. bisogna-dice Boato- collfinuare «a lottare:per impedire di co11sep11areal termrisma mit:liaiadi f!Ìavani che rischiano di trovarsi stritolati in una morsa mortale». E va bene, continuiamo a lottare. Ma è d'accordo Boato, ora che è diventato radicale e quindi, si presume, legalitario e pacifista (o no? e se no, che diavolo sta afare tra i radicali e perché mai i radicali se lo tent:ono caldo:'/, che l'unica lotta ammi.uibile. in democrazia, è quella consentita dai diritti costituzionali, tra i quali non rientra il diritto alla violenza. E se è d·accordo con questo - pur facendo tutte le distinzioni che vuole tra Pifano e Curcio - perché mai guarda con benevolenza a quell'Autonomia che, senza smentirsi, predica e pratica la violenza (sia pure diffusa)? 21 NOVEMBRE 1919
«n provocatore V alitutti» «LA DECISIONE DEL MINISTRO VALITUTTI di rimandare le elezioni, nonostante la richiesta di massa degli studenti (/00.000 in piazza il 26 ottobre) si configura come una provocazione». Sta scritto in un nuovo manifestino della FGCI. 100.000 studenti? Una statistica, una stima approssimativa, una balla pura e semplice? Chi non propenda per l'ultima ipotesi, a nostro parere sottovaluta la forza ideale e pratica del PCI, che può consentire di trovare il tempo non solo per alimentare la sacra fiamma delle grandi menzog11e, ma a11che per spacciare piccole bugie. Ma sulla questio11e di fatto ci sembra che si possa provvisoriamente concludere co11un ra,?ionevole dubbio, lascia11doai demodossologi, o esperti 11el/aqua111ificazio11edelle opinio11ipopolari. una analisi ulteriore del problema. Pitì ardua la questione di valore. Ma come? Dopo dece1111di i arricchimento e sviluppo dell'eredità democratico-borghese, sotto la guida di Togliatti, Longo e Berlinguer, si ritorna al /i11guaggiopaleostalinista della NKVD, per cui l'avversario si identifica col provocatore? A11chese l' avversario,in questo caso, è 1111 mi11istrocolpevole di indire le elezioni alla scadenza imposta dalla legge, invece di rinviarle arbitrariamente - come si faceva nel '77 per le ammi11istrative - pur di non dar fastidio al PCI. O si ritiene ancora che solo ciò che piace al (moderno) Principe ha vigore di legge? C'è poi molta differe11zafra la prosa dei manifestini FGCI e gli sloga11murali, citati co11legittima ripugnanza da V.E. Alfieri, del genere •ci piace di pitì Valitutti a testa in gilÌ»? Ma che i comunisti si comportino in questo modo può meravigliare solo chf creda alla sincerità e alla coerenza della loro adesione alla democrazia occidentale. Ciò che meraviglia anche 11oi è che si associno alla loro manovra i dirigenti di alcuni movimenti giovanili della sinistra democratica. Dimentichi evidentemente che la contrapposizione della democrazia diretta alle istituzioni rappresentative ha aperto a suo tempo la strada alla violenza e al terrorismo. E poco attenti.forse per 1111caerta involuzione burocratico-verticistica, di fronte al rischio che i mutame11ti profo11di in atto nell'elettorato e 11el/o' pinione pubblica, assai pitì allergici della classe politica ai ricatti psicologici del PCI, possano bruciare malamente chi per ingenuità, per fre11esia attivistica o per sete di popolarità si presti ai disegni destabilizzatori del PCI. I LETTERE Destra pensante e sinistra no Egregio signor direttore. I ho letto su -..cPanorama»l'annuncio dell'uscita del Leviatano. che mi ha incuriosito perché esso viene presentato come un giornale della Destra (con la •d» maiuscola). Poi ho scoperto che Ira i voslri collaboratori vi sono Ire membri del comitato cenlrale socialis1a. più altri personaggi notoriamente di sinistra. Insomma, siete di deslra o di sinislra? Oreste Bini, Genova Caro Savelli. sebbene l'anicolo di «Panorama• a proposito del Leviatano fosse sostanzialmente corretto (salvo qualche sbaIL LEVIATANO vatura) e rappresentativo della realtà del tuo settimanale, il titolo posto. immagino, dalla redazione (•Quando la Destra si mette a pensare») mi è sembralo veramente scorretto. E' finito il tempo in èui anch'io-lo confesso - pensavo che •destra» fosse un insul10 e •sinistra• fosse un complimento. Il fatto quindi che li Leviatano venga dai redattori di «Panorama• considerato di destra. come lettore non mi offende. Solo che si tratta semplicemente di un falso. A meno che ciò che è di destra o di sinistra non debba essere giudicato sul metro del gradimento del PCI. come evidentemente pensanoa ~Panorama~. Arnaldo Sampietro, Roma Le divergenze parallele Caro direttore, credo che si stia facendo strada, tra l'opinione pubblica, la coscienza della necessità di un partito laico e democratico che costituisca una reale alterPaolo Demartis nativa sia alla DC, sia al PCI. Purtroppo da un lato il PSI continua a flinare con il PCI, dall'altro partiti affini come il PRI e il PLI non accennano neanche a realizzare una stabile alleanza. Mi sorge un sospetto. Che siano convinti che separati possano ottenere di più sul piano della spartizione dei posti di governo e di sottogoverno? Ma allora perché criticano tanto le malefatte del regime democristiano? Giulio Paparatti, Rom11 No! Egregio direttore. è di ieri la notizia dell'allarme atomico scattato per errore (•per sei minuti si è sfiorata la tragedia mondiale•, così scrive •La Repubblica»). Simili notizie non la spingono a rivedere il giudizio sui radicali «sciocchi• perché propongono l'abolizione dell'esercito e sugli altri «saggi» perché intendono mantenerlo? Ottavio Zambardi, Ferrara 7
SINDACATO LUCIO COLLETII Al di sopra della legge in certi ambienti politici, negli ultimi tempi. Sebbene il nome di Amendola non venga citato, è chiaro che Camiti allude anche a lui. [L «CORRIERE DELLA SERA» DEL 13 NOvembre ha pubblicato. in prima pagina, un articolo di Pierre Camiti. li segretario generale della CISL vi insorge contro quello che egli considera un clima di ostilità e, addirittura, di propositi repressivi anti-sindacali, che si sarebbe creato, Come già altre volte nelle uscite del Nostro. il tono dell'articolo è violento e minaccioso. Camiti insorge, in particolare, contro quanti hanno timidamente prospettato. negli ultimi tempi, l'opportunità di regolare per legge il diritto di sciopero. Il segretario della CISL ritiene un proposito del genere assolutamente inaccettabile. Lo considera una vera e propria provocazione. E fa capire che, ove si tentasse di metterla in atto, il sindacato non mancherebbe di reagire, nelle forme più aspre, a questo che egli sembra considerare un colpo di mano. un autentico attentato alla nostra democrazia. Nell'avan- · zare queste sue opinioni, Camiti non accenna, neppure di sfuggita, all'esistenza di un articolo della Costituzione che prevede che il diritto di 8 I Regolamentazione o autoregolamentazione Norberto Bobbio Se si vuol fare un discorso realistico, tenendo conto della situazione del nostro Paese, probabilmente l'autoregolamentazione ha maggiori probabilità di realizzarsi che non una regolame11tazione per legge del diritto di sciopero. Ma, in linea di principio, non c'è dubbio che l'autoregolamentazione, come tutte le autolimitazioni, non è, per definizione, vincolante. Ogni regolamentazione deve invece avere questo carattere fondamentale: quello di essere ,·incolante. Quando uno !o.i autolimita, proprio per il ratto che ha il potere di autolimitarsi, in realtà non si pone vincoli. L'autolimitazione è una caratteristica del potere sovrano. del potere Jegibus .'wlutus: !'>i auto-limita solo chi non ha nessun potere al di sopra di sé. L'autolimitazione è anzi la definizione stessa del potere sovrano: il potere sovrano è quel potere che, non avendo limiti al di sopra di sé. se ha dei limiti. 4Ul'Sti ~ono ,oltanto degli auttr limiti. cioè dei limiti che pone a se stesso. Chi ha il potere di auto-limitarsi un determinato giorno, ha lo stesso potere di limitarsi in modo diverso il giorno dopo. D'altra parte il fatto che il sindacato riconosca soltanto l'autolimitazione, cioè non riconosca altra limitazione che quella che esso stesso dà a se stesso, dimostra che il sindacato si considera, nell'ambito dei rapporti sociali, quasi come un ente sovrano. Dire: ..-io mi autoregolo,. equivale a dire -non riconosco altra sovranità al di sopra di me... Ciò dimostra che, in una società pluralistica come la nostra, i rapporti fra le grandi organizzazioni sono rapporti tra potentati quasi so,rani. Le grandi organizzazioni degli Stati moderni agiscono, non dirò al di sopra delle leggi, ma come se non vi fossero altre leggi che quelle che esse stesse si danno. Gli Stati democratici sono cioè Stati poliarchici o policratici: sono Stati in cui ,,i sono molte ..-crazi.e. in contrasto fra loro; e quello che noi chiamiamo Stato molto spesso non è altro che il mediatore dei conflitti fra le varie <lcrazie.. e il garante della pace sociale tra le diverse grandi organizzazioni. Vezio Crisafulli Che l'esercizio del diritto di sciopero debba essere regolato discende, prima ancora che dall'esplicito dettato dell'art. 40 della Costituzione (•Il diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano•), da ovvie considerazioni di semplice buon senso, poi- LUCIANO LAMA 27 NOVEMBRE 1979
sciopero sia regolato dalla legge. Non esprime - come pure sarebbe suo diritto - il proprio dissenso dal dettato costituzionale. Sorvola, semplicemente, su questa circostanza. L'episodio è significativo. Camiti non si degna neppure di discutere quell'articolo della Costituzione. Non ritiene che valga la pena di argomentare le ragioni per cui il suo concetto di democrazia non coincide. in questo caso, con quanto previsto dalla Costituzione. Gli basta farci sapere che cosa egli considera democratico e che cosa no. Camiti non discute, dispone. Si considera. già, al di sopra della legge. In compenso. il segretario della CISL rivendica la priorità e il merito della propria confederazione nell'aver predisposto - (a suo dire) prima delle altre - i modi e le forme dell' «autoregolamentazione» dello -sciopero nei servizi pubblici. L'autoregolamentazione dovrebbe avché, altrimenti, si avrebbe - come si legge in una sentenza della Corte costituzionale, la n. 31 del 1969, richiamata dalla più recente n. 4 del 1977 - •l'assurdo di un diritto suscettibile di svolgersi per un tempo indeterminato all'infuori di ogni limite•. E quale diritto! ..• Specialmente nei pubblici servizi (in senso ampio) un formidabile strumento di pressione (anzi, diciamo pure la parola giusta: di ricatto) nelle mani di gruppi di potere, grandi o piccoli (sindacati, comitati di agitazione, consigli di fabbrica e via seguitando), di fronte al quale gli altri (utenti, consumatori, lavoratori non appartenenti alle categorie in sciopero: al limite, l'intera collettività) degradano al ruolo di incolpevoli ostaggi. L'episodio degli uomini-radar mi richiama alla memoria le acute previsioni di uno scritto di Giovanni Sartori, del 1973: .. vi sono servizi, specie nelle megalopoli, che sono nulla menodi 'servizi di sopravvivenza' (l'elettricità, l'acqua, il trasporto delle derrate alimentari e dei carburanti, l'eliminazione dei rifiuti) ..... ; e faceva l'esempio, tra i molti, •di un piccolo sindacato degli addetti ai servizi elettrici... risoluti a 'colpire' mediante scioperi a singhiozzo•. Non soltanto, dunque, la disciplina dello sciopero dev'esserci, ma dev'essere stabilita dalla legge. Se anche non lo dicesse, a chiare lettere, l'art. 40, lo esigerebbe la natura delle cose: una rinuncia dello Stato a intervenire, una abdicazione del Parlamento a legiferare non sono ammissibili in una materia, come questa, in cui si tratta di contemperare tra loro interessi collettivi settoriali subordinandoli, senza sacrificarne ressenziale, all'interesse generale. Non è forse in casi del genere che dovrebbe misurarsi, a fatti e non a parole, la tanto conclamata ..centralità del Parlamento•? IL LEVIATANO venire attraverso una consultazione e un accordo tra i lavoratori della categoria intenzionata a scioperare e i lavoratori delle altre categorie che risultino utenti di quel servizio. L'accordo avverrebbe. insomma, tra fasce sindacali. Vale la pena di prender nota di questo tratto singolare della mentalità del Nostro. Nella «sua» democrazia, non esistono più cittadini, né esiste legge e Stato. Esistono soltanto lavoratori sindacalizzati. Parlare di «pansindacalismo», a questo punto, è usare ancora di un eufemismo. Ma c'è di più. Come ha dichiarato in una intervista televisiva concessa pochi giorni dopo che era apparso il suo articolo sul «Corriere», Camiti ritiene che, almeno per quanto riguarda la CISL, I' «autoregolamentazione» non sia qualcosa di cui occorra discutere come di una misura da introdurre. giacché - ha spiegato - !'«autoregolamentazione» è già in atto da tempo ... PJERRE CARNITJ QuALCOSA DI SIMILE A CIÒ CHE È ORA avvenuto nel PCI con Amendola, avvenne due anni fa. nel sindacato. con Lama. In una memorabile intervista a Scalfari. pubblicata sulla «Repubblica» del 24 gennaio 1978.Lama sottopose a una critica ed autocritica radicale la politica svolta dalle confederazioni nel corso degli ultimi anni. Quella politica, com'è noto. era stata imperniata sulla tesi che il salario fosse una «variabile indipendente» e che, perciò, fosse lecito rivendicarne la crescita. «indipendentemente» e senza tener conto del simultaneo aumento della produttività del lavoro. La strategia che si esprimeva in quella tesi era, palesemente, la proiezione della politica- nei fatti ribellistica o eversiva - che fino ad allora aveva perseguito il sindacato. Rifiutando infatti di commisurare gli incrementi salariali a quelli della produttività, le confederazioni avevano rifiutato di tener conto delle «compatibilità» del sistema. cioè dell'interdipendenza e della reciproca funzionalità che esiste tra i principali fattori del processo eco9
nomico: proprio come chi operi, appunto, per scardinare il meccanismo, anziché per migliorare, all'interno di esso, le condizioni dei lavoratori. E. non a caso, la crescita - «indipendente» e per suo conto - del costo del lavoro aveva determinato la contrazione degli investimenti, creando così le premesse per una ripresa. su larga scala, della disoccupazione. a cominciare anzitutto da quella giovanile. In quella circostanza - proprio come ora nel caso di Amendola e del PCI - alla larga eco che l'intervista suscitò nell'opinione pubblica. si accompagnarono. nel sindacato, critiche furibonde. Non solo dalla CISL e dalla UIL. ma dal seno stesso della CGIL. si levarono reazioni violente contro la prospettata «svolta» nella politica del sindacato. Le vicende che seguirono, poi. sono a tutti note. Dopo alcuni giorni di discussioni all'Eur. le confederazioni concordarono un documento confuso che stemperava le tesi di Lama, confermando e ribadendo. accanto ad esse. gli argomenti che già avevano ispirato la vecchia linea. Si parlò allora di dimissioni di Lama, ma le dimissioni non vennero. Alcuni pensarono che. accettando l'annacquamento e la parziale smentita delle sue tesi, Lama fosse rimasto al suo posto per continuare a lottare. tentando di imporle e di farle valere nella politica. In realtà. si capì poco dopo che le cose non stavano così. La politica del sindacato continuò a battere la vecchia strada. Lama era rimasto semplicemente per dirigere la politica ... degli altri. li suo trasformismo ci fece comprendere che l'uomo non aveva la stoffa di un politico serio. bensì quella, assai più modesta. di un burocrate e mandarino sindacale. Non avremmo mai creduto. tuttavia, che egli potesse spingersi fino al punto di diventare uno dei capifila nell'attacco contro Amendola. nel momento in cui questi riproponeva la «svolta» e le correzioni di linea che. a suo tempo, già erano state illustrate da Lama nella celebre intervista. 10 Fino al 31 dicembre l'abbonamento al Leviatano è più conveniente Chi si abbona entro il 31 dicembre 1979 paga solo 10.000 lire l'abbonamento fino al 31 dicembre 1980 Conto corrente postale n. 58761008 Intestato a «Il Leviatano» via dell'Arco di Parma 13 - 00186 ROMA SOVIETICI DOMENICO BARTOLI ll caro amico Andreotti LA DISCUSSIONE INTORNO Al MISSILI Rivela. per prima cosa. un fatto piuttosto sconvolgente: il grande progresso tecnologico dei sovietici. La vecchia. rozza polemica che descriveva i comunisti. specialmente gli italiani. ma un po' tutti quanti. come gente intellettualmente inferiore, addirittura con tre narici (trinarricchiuti, li chiamava Guareschi). era sbagliata fin dall'inizio. Ma restava la convinzione che la tecnologia occidentale. e americana in particolare. fosse nettamente superiore in ogni suo aspetto. Ora. questa convinzione non è smentita del tutto; anzi. resta valida per molti settori, e principalmente. credo. nella elettronica. oltre che per quasi tutte le applicazioni pratiche nella vita di ogni giorno. Invece negli armamenti. nucleari o convenzionali. i sovietici sono. presso a poco. pari ai loro antagonisti. La cosa non sorprende. Già durante la seconda guerra. l'arretratissima Unione Sovietica produceva carri armati che riuscivano a sostenere il micidiale confronto con quelli tedeschi.(diversamente dagli inglesi. come si vide sui campi di battaglia dell'Africa settentrionale che furono altrettanti cimiteri per i tanks britannici). li regime comunista. rovinoso in economia. è efficacissimo nell'industria degli armamenti. dove concentra risorse. scienziati. tecnici. senza preoccuparsi dei sacrifici che impone ai civili. delle restrizioni che infligge alla produzione dei beni di consumo. Che il socialismo. così chiamato. abbia il risultato di moltiplicare senza freno quelle che i socialisti di una volta chiamavano «spese improduttive» e di contenere spartanamente. al minimo vitale. che per i russi è assai basso. il livello dei consumi popolari. non è poi un pa_r:~dosso. Si dirà che non bisogna abbandonarsi troppo facilmente alle paure, agli allarmi. che queste notizie suscitano in Occidente. Si ricorderà. non senza motivo. che se i sovietici lanciarono nel cielo il primo missile orbitante (lo Sputnik). non furono loro ad arrivare sulla luna. Non di rado è accaduto che ambienti militari e industriali americano gonfiassero ad arte le notizie sui progressi della tecnica militare sovietica allo scopo di strappare fondi al congresso. o di smuovere il governo. Ma. se è vero che nessuno di noi profani possiede informazioni riservate. questa volta i fatti sembrano assai precisi, rivelando un'infe27 NOVEMBRE 1979
riorità occidentale nei missili a medio raggio, o di «teatro». cioè capaci di colpire gli obiettivi che si trovano su un determinato teatro operativo (l'Europa. nel nostro caso. oppure l'Asia orientale. e così avanti). La parità strategica, ossia nelle armi che possono colpire reciprocamente Unione Sovietica e Stati Uniti, è un fatto, consacrato dal Salt 2. Nel «teatro», o scacchiere, europeo, esistono in abbondanza, dalla nostra parte,specialmente in Germania, armi atomiche tattiche, da impiegare a breve raggio. sul campo di battaglia o nelle immediate retrovie. mentre mancano missili o altri vettori di media portata che fronteggino gli SS 20 dell'antagonista. Questi missili sovietici vengono schierati al ritmo. pare. di uno ogni sei giorni e possono distruggere a centinaia obiettivi militari e civili nell'Europa atlantica. Contro di essi non esiste risposta se non nelle armi strategiche americane che. una volta lanciate .. provocherebbero una rappresaglia quasi immediata e altrettanto distruttiva sugli Stati Uniti. Se ne può dedurre che il deterrente americano, fondato com'era negli anni '50 e nei primi '60 sulla schiacciante superiorità atomica in confronto ai rivali, non è più valido. perché difficilmente gli Stati Uniti, e per essi il presidente, si rassegnerebbero a subire la distruzione di gran parte dei propri insediamenti civili per rispondere alla devastazione dei territori alleati. È vero che anche la controffensiva per mezzo delle nuove armi americane a medio raggio come i Cruise e i Pershing da schierare in Europa dipenderebbe almeno per metà dagli americani. Vigerebbe, probabilmente, il sistema delle doppie chiavi, l'una in mano a un· ufficiale americano, e l'altra inmano a un ufficiale del paese che accolga i nuovi sistemi di armi. Per lanciare gli ordigni occorrerebbero tutte e due le chiavi. Dunque, il presidente degli Stati Uniti potrebbe ancora esercitare un diritto di veto sulla ritorsione contro un attacco degli SS 20, distruttivo per uno o più paesi europei. Ma almeno dal punto di vista militare si darebbe una precisa risposta agli SS 20; e i sovietici resterebbero in dubbio sulla possibilità di ricevere come rappresaglia quel che avrebbero dato, senza che dovessero entrare in gioco le ancora più spaventose armi strategiche. L'equilibrio sarebbe ristabilito. Terribile equilibrio. lo so bene, ma meno pericoloso di uno squilibrio che possa tentare la superpotenza espansionistica. che è l'URSS. a fare minacce e ricatti contro la poco difesa Europa. o anche. in circostanze che si possono prevedere, in momenti di pericolo gravissimo a decidere un attacco di sorpresa per eliminare l'apparato militare dell'Occidente sul continente europeo. Avere chiari i termini della discussione significa comprendere meglio il significato della polemica che su questo argomento sta avvenendo in Italia. Lascio da parte il comportamento dell'ex presidente Andreotti. che ha a cuore soltanto gli interessi della Chiesa e quelli suoi personali come uomo di potere, e del resto non si cura. Se IL LEVIATANO nori si tiene conto di questa eccezione, finora nei partiti italiani che contano è prevalsa l'opinione di accettare le nuove armi americane, che saranno pronte solo fra tre anni. e di negoziare con i sovietici dopo aver risposto in modo positivo all'offerta americana. Trattare senza avere in mano una garanzia solida (per quanto futura) sarebbe una follia. Gli unici che sostengono di negoziare e basta sono i comunisti. Evidentemente, il PCI è sottoposto a una forte pressione sovietica, rafforzata dalla presenza a Roma, proprio ora, di un critico dell'eurocomunismo come Ponomarev, che si è subito chiuso a discutere con il nuovo amico Andreotti (sono tutti e due presidenti della commissione parlamentare degli esteri). La tesi filosovietica è stata sostenuta in Comitato centrale, la settimana scorsa, da Giancarlo Pajetta. I suoi argomenti non hanno portato novità in confronto a quanto già si sapeva dell'atteggiamento comunista, tranne che su un punto. Finora molti scrittori e oratori del PCI si erano provati a smentire l'esistenza di uno squilibrio sul teatro europeo a vantaggio dell'URSS. Che questo squilibrio esista è confermato dalla palese preoccupazione dei socialdemocratici tedeschi che, per quanto inclini alla distensione e consapevoli di metterla in pericolo accettando i Pershirtg e i Cruise, temono di trovarsi nudi di fronte all'impero vicino. Pajetta non poteva ammettere che le cose stiano così perché avrebbe dovuto, altrimenti, abbandonare la tesi del «negoziare e basta». Ha detto. allora. che la questione dello squilibrio è «controversa». Un modo per uscirne fuori degno dei padri gesuiti, quasi acquisiti. del resto. anche loro. alle fortune del cattocomunismo. Ora. dovremmo indagare sul declino della potenza americana, e sulla mancata formazione di una salda forza europea. E' una lunga e triste storia. Debolezza, e anche. in certi casi, paura; edonismo spensierato, che spinge a consumi eccessivi senza preoccuparsi della sicurezza; ripercussioni crescenti della sconfitta americana nel Vietnam e delle successive crisi presidenziali; e così avanti. La tragedia di Teheran è l'ultimo segno della decadenza americana. Ma potrebbe essere anche l'inizio di una ripresa. I paesi liberi sono esposti ad aggressioni e oltraggi di questo genere, che li spingono a reagire. Si rifletta che l'unica risposta efficace da dare ai persiani, essendo difficilissima un'azione militare per salvare gli ostaggi. e non meno difficile sacrificarli, consisterebbe in un colpo per punire Khomeini, organizzato dai servizi segreti, simile a quello che rimise sul trono lo scià quasi trent'anni fa, ai tempi dei Mossadeq. Ma la CIA ha ricevuto il trattamento che tutti ricordiamo nel congresso e sulla stampa degli Stati Uniti. La sua efficienza è stata colpita gravemente. Condursi da moralisti puritani quando si hanno di fronte nemici come i sovietici e i fanatici musulmani è un'ingenuità che costa. Costa denaro, potenza e anche vite umane. 11
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