Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

base alla sola. dizione della Carta, ha creduto di poter senz'altro incasellare lo sciopero nella categoria dei diritti fondamentali di libertà ( 1). A nostro avviso qui si incorre in una sottile petizione di principio, dandosi per dimostrato quanto ancora devesi dimostrare, se è vero che la categoria dei diritti soggetti vi di lilbertà verso lo Stato non è configurabile solo in !base ad ar,gomenti letterali, bensì in ragione della intrinseca natura del bene o dell'interesse protetto. Posto infatti che la legge - ed altrettanto la legge delle leggi - è chiamata a dettare norme e non a formulare principi, aJPpare palese, come, a tacere altro, una definizione legislativa non sia di per sè su:flficiente, e talvolta nemmeno necessaria, per incasellare la specie in un concetto, essendo sempre riservato alla scienza definire in nomen juris degli istituti. E valga il vero. Sia che, risalendo allo spirito dell 'ordinamento si concepiscano j diritti di libertà umana come formulazione espressa di preesistenti ed incoercibili valori, sia che, rìmanendo nelle spire del positivismo giuridico, si vq,glia invece qualifl- (1) CALAMANDREI, L'articolo 40 della Costituzione, in Riv. giur. del Lavoro, 1952, fase. 4-5. 612 Bio11otecaGino Bianco carli come mera autolimitazione dello Stato verso l'in.:. dividU:o (1), le conseguenze non mutano. In ogni caso lo sciopero non costituisce concettualmente un diritto fondamentale di libertà dell'uomo verso la comunità proprio perchè esso concettualmente non è se non forma di difesa della classe verso la classe. Lo sciopero infatti non rappresenta una normale positiva estrinsecazione della personalità umana (2), fonda - (1) Da ricordare qui la felice ~spresslone di F. RUFFINI: « Quella dello Stato, vorremmo poter dite, è, per rispetto ai diritti dl 11lJertà del cittadini, non una limitazione volontaria e da esso acquieita, sl bene una limitazione necessaria e congenita» (Dtrttti di libertà, Firenze, , 1946, con Introd. fil CALAMANDREI, p. 136). · (2) Sotto questo aspetto, diremmo che l'esercizio dello sciopero non è espressione di « diritto di libertà» nè in senso stretto, né · tn senso lato (la distinzione è del CROSA, op. cit.), ripugnando infatti di equiparare all'eserclzlo delle libertà umane la forzata adozione di una extrema ratio qual'é l'arma dello sciopero; quello operante nell'interesse generale della collettività, questo formante sola necessità a servizio della classe. Dl tale essenziale dualismo è traccia nello JELLINEK, quando si osserva come le disposizioni sul « diritti di libertà», pur prescrivendo qualcosa nell'interesse individuale, tuttavia « sono sempre stabilite nell'interesse generale» (Sistema d,ef, diritti pubblict su.biettivtl· tr. it. con pref. di V.E. ORLANDO, Milano, 1912, p. 108). ..

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