Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

necessità di combattere coi residui della agricoltura patriarcale, l'istituzione stessa della mezzadria, vagamente, ma profondamente sentita dagli inconsapevoli rivoluzionari di allora, · quale il principale baluardo della conservazione sociale, e quale il maggior ostacolo all'affermarsi dell'esigenza industriale nell'agricoltura. La lotta per le macchine fu dunque una lotta fra due sistemi di produzione e di scambio, e fra due diverse epoche e condizioni della vita civile della regione; e dalla fisica differenza da noi in principio accenata fra la bassa Romagna dalle larghe estensioni coltivate a prato artificiale da vasta massa di uomini e frazionata in grandi lotti e la Romagna piana e del colle coltivata a vite ed a grano da un numero limitato di uomini e frazionata in piccoli lotti spesse volte direttamente posseduti dai coltivatori, riceve piena luce e giustiificazione, quasi quale una fatalità. Detto questo ci sembra di dover solo per la cronaca aggiungere che il distacco avvenuto nel 1910 dei repubblicani dalla vecchia Camera del lavoro di Ravenna e dalla Federazione, e la -costituzione della nuova Camera del lavoro e del Consorzio Autonomo delle Cooperative, sarebbe appena un atto di onestà e di 608 Bib.."''""'"'a Gino Bianco consapevolezza, se non josse la riaffermazione del carattere industrialistico delle coope?"ative ed il necessario riconosci.- m~nto del principio liberale e liberista che con esso necessariamente viene ad essere postulato. Soltanto a titolo di lode $i deve ricordare che durante la guerra il governo largamente si valse della Federazione delle Cooperative per la preparazione civile l' approvvigionamento e la distribuzione dei viveri, in omaggio alla sua perfetta organizzazione ed alla stima goduta nella popo lazione; e non ad altro titolo che di biasimo si deve ugualmente ricordare la distruzione della sua sede centrale (Ex Hotel Byron)• avvenuta durante le feste dantesche d~l 1921 da parte del migliaio e più di squadristi fascisti che da Ferrara Italo BaLbo condusse a Ravenna a piedi, senza che il Governo di allora presieduto dall'on. Giolitti ( che in altri tempi fu largo di favori con le cooperative) intervenisse in sua difesa: che era poi difesa della proprietà privata e dell'incolumità dei cittadini. Così al modo stesso che il passagio ai Sindacati nazionali fascisti avvenuto nel marzo del 1922 del Consorzio delle Cooperative (pseudo-repu_bblieano), con tutto il suo stato maggiore capitanato dal

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