Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

poi alcun diritto. Se infatti è costretto ad andar via dal campo; ne avrà magari duplicato o triplicato il valore, ma ad esclusivo vantagiio del proprietario, senza che egli possa trarne i profitti dovuti al suo lavoro». Per incoraggiare anche il colono a compiere tali lavori quella norma dovrebbe essere completata o col riconoscimento all'indennizzo per i miglioramenti indotti dal mezzadro nel podere che coltiva, riconoscimento che i fittabili hanno già ottenuto, oppure ~olla garanzia di una più lunga durata del contratto di n1ezzadria. Nell'Italia Me r i d i on a 1 e, (1uando il colono partecipa all'impianto dei vigneti, il suo contratto dura fino a vent'anni. Nella zona classica della mezzadria, l'Italia Centrale, questo problema d'interessare il colono alle opere di miglioramento coll'assicurargli una maggiore stabilità nel podere non è stato ancora risolto. E non è risolto neppure dalla Carta della Mezzadria la quale, partendo forse dalla considerazione che non è possibile tenere insieme per forza i due soci di un'impresa quando la discordia e la disistima sono profondamente penetrate fra di loro, non ha creduto di portare alcuna innovazione in questa materia, lasciando ad un anno la durata del contratto, tacitamente rinnovabiBiblioteca Gino Bianco . I le di anno in anno. Vi ha aggiunto alcune norme intese ad evitare gli abusi « nei casi in cui la disdetta risulti data, dall'una o dall'altra? parte, al fine di sottrarsi agli obblighi contrattuali o per motivi contrastanti con i principi fondamentali di collaborazione perseguiti dal Sindacalismo Corporativo Fascista »; ma solo la esperienza e l'uso che ne faranno i Sindacati potranno dirci il valore e l'efficacia di questa norma. In pratica, molte delle dissonanze della mezzadria, che abbiamo indicate, vengono ad attenuarsi nella considerazione reciproca delle parti di un comune interesse da tutelare, e sarebbe quindi esagerato accusare questa forma di produzione di essere sempre un ostacolo al progresso agrario della Nazione. Il viaggiatore che da Bologna a Rimini si affaccia a guardare la magnifica pianura romagnola, colla varietà delle sue culture, i suoi vasti frutteti, le piante industriali - barbabietole, canapa, tabacco, pomodoro, cipolla - e più lungi le belle vigne sulle pendici pittoresche dei primi colli appenninici, rimane ammirato della cura, non priva di un certo gusto estetico, che il contadino ripone nel suo lavoro. Se l'agricoltura italiana si fosse sviluppata attraverso a quel processo di industrializzazione sulla base di grandi 581

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