Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

I ciò, appare ben dolorosa la scarsa considerazione di tanti operai per l'assicurazione contro la invalidità e la vecchiaia. Anche il loro lavoro è odioso: quel lavoro in equipe o squadre, sotto la sorveglianza di un fattore che sta loro alle calcagna e li stanca, e la cui sola presenza lo fa diventare intollerabile in questa condizione essi non hanno che un pensiero: arrivare alla fine della loro giornata! Durante il lavoro consulteranno lo orologio, oppure domanderanno l'ora ai passanti, collo stesso accoramento con cui domanderebbero: « Scusi quando finirà questa nostra tortura? >>. Anche le otto ore conquistate colle loro lotte sindacali, e non sempre come frutto delle loro vittorie, riescono lunghe, assai più lunghe ad ogni modo del lungo orario del mezz&dro; il quale, pur lavorando dalla alba al tramonto, sente sfuggire veloce il tempo. Queste le risorse e questa la gioia del lavoro per i salaria ti! La loro condizione è stata sempre uguale e sempre triste in tutti i tempi ed in tutti i luoghi. Nell'antica Roma, incalzati dalla concorrenza del lavoro servile, dovevano rassegnarsi a condizioni pietose ed a salari di fame che le stesse elargizioni fru1nentarie contribuivano a mantenere depressi. E quando inurbavano, correndo a ingrossare la Biblioteca Gino Bianco turba oziosa dei proletari inquieti, non toccava loro miglior sorte. « Le belve della foresta - scriveva Tiberio Gracco - hanno il loro ovile; ma quelli che muoiono per la Italia non hanno che aria e luce. Essi devono vagare seì1za casa nè tetto insie1ne alla moglie e ai figli. Quando prima della guerra i loro capitani li incitano a combattere per le loro tombe ed i loro Lari, essi mentono; perchè nessuno di essi possiede tali cose. Essi· hanno solo il nome di Signori del mondo, ma devono morire per il lusso degli altri senza poter dire propria nemmeno una zolla di terra». I paria del 'agricoltura Da duemila anni a questa parte molte cose sono cambiate nel consorzio umano, ma non è cambiata la condizione sociale di questi paria della agricoltura. Essa è triste nelle terre ingrate e lo è egualmente nelle terre fertili a col tura intensiva. Stefano Jacini nella sua « Relazione finale sull'inchiesta agraria» già più volte citata, parlando della ricchissima agricoltura del Basso Milanese, ordinata a grandi aziende a salariati, scriveva: « Eppure accanto a questo ordinamento agricolo che rappresenta una delle più grandi vittorie riportate dall'uomo sulla natura, nel quale si so575

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