Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

Il Pignone Léf f ere -di La Pira Al Presidente dei gruppi D.C. del Senato e della Camera, Sig. Presidente, mi rivolgo a Lei, come a tutti i presidenti dei gruppi parlamentari della -Camera e del Senato, per pregarLa di voler portare in Parlamento la questione della cc Pignone». Non si tratta, infatti, di un « episodio » sindacale ristretto ad una azienda e ad una città: si tratta di un problema che tocca la struttura medesima del potere politico italiano e che investe, perciò, le basi medesime della società nazionale. Perchè il problema della Pignone è un problema « sintomatico» attraverso il quale si manifestano le fondamentali carenze dell'intiero sistema economico e politico del nostro paese. Esso pone agli italiani le seguenti domande: 1) è lecito ad un privato - ente o singolo compiere atti, come 662 Bib.k,C(.;{.;aGino Bianco quelli compiuti dalla direzione della Pignone, che per le loro dimensioni, natura e qualità, trascendono i limiti puramente economici e diventano atti di natura squisitamente politica? E' lecito, cioè, mettere politicamente ed economicamente a soqquadro - mediante licenziamenti della natura e delle dimensioni di quelli della Pignone - città intiere e l'intiera comunità nazionale? 2) E' lecito ad un privato disporre senza controllo, ad nutum, in potenza, dell'intiera classe dei lavoratori? Il « mestiere » non è esso pure un titolo che, come quello di proprietà, lo Stato ha il dovere di garantire? •rutta la Costituzione italiana non è forse strutturalmente orientata verso questa difesa (Art. 1, 2, 3, 42, etc.)? Come può allora lo Stato lasciare -

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==