Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 6 - nov.-dic. 1953

e dalle chiese, autonomia da qualsiasi forza o apparato che risulti estraneo al movimento sindacale. Sta bene. La tentazione, sottilissima, consiste nel vedere, in questo programma di autonomia, solo il lato polemico, ne.gativo, e indugiarvi, esaurendovi tutte Ie ragioni della propria esistenza e della propria azione. Il coroUario del postulrrto autonomista è intuitivo: incompatibilità fra cariche sindacali su scala nazionale e corrispondenti cariche di natura politica. Sul finire dell'ultimo giorno del congresso della UIL fu su questo punto che s'accese la discussione. Presiedeva, sornione, Luigi Carmagnola, senatore del PSDI e dirigente della UIL, al quale un buon numero di de legati sembravano dire: de te fabula narratur. Ci furono proposte di votazione segreta. La presidenza propose la votazione per alzata di mano, la classica votazione dei congressi. Volarono frasi irose, incomprensibili. Un delegato di Torino salì furibondo alla tribuna, e fu il solo momento drammatico del congresso. Difficile aff era re ogni parola. Il funzionamento dell'altoparlante non era perfetto; l'acustica della sala, pessima. Si capiva che ce l'aveva con i romani, con quelli del centro, che son usi a « fare paterac660 BilJ11uLt:CGaino Bianco chi ». « Ma questo non ci andrà giù ». L'articolo aggiuntivo allo Statuto sulla inco1npatibilità fra cariche sindacali e cariche po litiche di rilievo fu alla fine approvato. Al di fuori della polemica contro i sindacati asseri,iti, comunisti o confessionali, .; l sindacalismo autonomo è difficile. Perchè diffici'Le impresa è, oggi, nel nostro Paese, inventare una politica sindacale autonoma, concreta e positiva, e articolarla a seconda dei bisogni delle classi lavoratrici. Una siffatta politica è subordinata all'esistenza di alcuni presupposti di grande im.portanza. In primo luogo, è necessario 'J)Oter contare su una classe dirigente sindacale che abbia in testa poche idee chiare, che non confonda abitualmente il piano strategico con il piano tattico, che sia in grado di distinguere, nei loro termini economico-politici, ciò che è idealmente desiderabile, sempre da ciò che è, in determinate, specifiche circostanze, possibile. La confusione fra ciò che è idealmente desiderabile e ciò che si presenta oggettivamente possibile è alla base, mi sembra, dei clamorosi fallimenti della nostra social-democ,.azia, la quale passa con moto pendolare dal socialismo sognato di un massimalismo verbale ai chiari tradimenti di un ri-

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