c5e Pella d11ra ... LA GI~ANDE RIFORMA Nella prefazione ad un lihro di Malvestiti, di qualche anno fa, Giuseppe Pella ha scritto: << La grande rìf orina predicata dalla nostra dottrina sociale non può essere la affrettata opera di un frettoloso legislatore. E' opera a vasto respiro e a lenta maturazione che dovrà, in ogni caso, fare salva la 1nolla dcl1' iniziati Ya privata. Non credo che debba riposare preYalenten1ente sulle leggi, che rlebba essere i1nposta dall'alto: essa non sarebbe vitale ». La grande riforn1a a cui nccenna Pella, è quella che in primo luogo riguarda la impresa nella quale il lavoratore deve avere una maggiore partecipazione, un n1aggior interesse, e Pella non ha timore di accennare esplicitamente, allo spirito degli articoli 46 e 47 della Costituzione. E aggiunge: << Il punto di partenza dovrebbe es~ere costituito dalle grandi imprese: principalmente da quelle Biblioteca Gino Bianco in cui lo Stato è ùìretta1nente partecipe ». L'I.R.I per esempio e di cui anche nelle recenti discussioni sulle co1nunicazioni del nuovo Governo si è abbondanten1ente parlato. Quello della collaboraiiune aziendale è perciò un problema vecchio che ogni tanto torna, e chi scrive, lo a veva tra gli altri, richian1ato all'attenzione della precedenle Can1era, nel 1950 a proposito delle vicende della << Daln1ine », e nel 1951 con un ordine del giorno, approvato all'unanirnità dalJa Ca1nera stessa, perchè il (ioYerno provvedesse ad eseguir-e il decreto del ì\ilinistro Togni del novembre 1947, che ordinava una Commissione di studio per arrivare a concrete proposte sulla materia. Certo la f,orte del lavoratore moderno è legata a quella dell'azienda, e per questo 1notivo egli deve essere con- .sapevole e compartecipe. Pio XI dipinge, nella Qua339
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