Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 4 - lug.-ago. 1953

Lo stesso congegno tecnico dell'azionariato popolare pungolerebbe la iniziativa privata ad allargare tale mercato specialmente con la creazione di nuove cooperative d'investimento, le quali - quando fossero sufficientemente numerose e finanziariamente potenti - potrebbero alimentare, con l'intreccio delle negoziazioni originate dall'assortimento e dell'assiduo riassetto dei propri portafogli, una « borsa » delle azioni popolari, ossia uno speciale settore del grande mercato dei valori mobiliari, le cui quotazioni riu-- scirebbero utilissime anclle al Comitato Economico Nazionale per una consapevole attuazione· del piano di democratizzazione delle grandi imprese capitalistiche. Dall'altro lato il lavoratore assegnatario di buoni d'opzione, che non avesse disponibilità finanziarie o che, avendone, non intendesse investirle nell'impresa presso la quale lavora, potrebbe vendere i buoni a lui toccati in assegnazione, in un mercato dove l'eventuale concorrenza dei propri colleghi di lavoro e soprattutto quella delle varie cooperative di investimento dovrebbe tendere ad elevare il prezzo del buono verso un massimo teorico aggirantesi intorno alla differenza fra prezzo corrente delle date azioni capitalistiche e prezzo d'opzione delle rispettive azioni popolari, rettificata in più od in meno dalla valutazione che lo speciale mercato faccia dei differenti diritti connessi all'uno ed all'3,ltro tipo di azione. Non sto a dire come, con una congrua politica dei prezzi leBi 376 .a Gino Bianco gali d'opzione, l'esercizio dell'opzione medesima, oppure la vendita del «buono» potrebbero realizzare tecnicamente una forma razionale, sebbene indiretta, di partecipazione dei lavoratori agli utili di gestione. 13) Automatici stimoli all'azionariato popolare. Potrebbe darsi che, avvenuto il sorteggio e l'assegnazione dei buoni d'opzione, uno od alcuni o tutti gli assegnatari non t10vassero convenienza di esfj.·citare direttamente l'opzione, nè trovassero colleghi di lavoro nè cooperative d'investimento disposte a pagare loro, per i « buoni d'opzione », un prezzo che valga ad indurli a vendere i «buoni». Ciò potrebbe accadere per varie cause, ma più frequentemente o per l'eccessivo indennizzo stabilito per l'esercizio dell'opzione oppure perchè il livello dei salari, degli stipendi e delle altre fonti di reddito non consentano sufficiente accumulo di nuovo risparmio agli utenti diretti ed indiretti dell'azionariato popolare. In tale ipotesi l'opzione non verrebbe esercitata, cosicchè, trascorso il termine perentorio per l'esercizio delle opzioni, le azioni capitalistiche sorteggiate e non optate ritornerebbero in libera disponibilità del possessore sorteggiato e nella loro forma di azioni capitalistiche. In siffatto caso reputerei tuttavia opportuno, almeno sotto il profilo delle finalità sociali dell'azionariato popolare, che la legge obbligasse l'impresa ad incamerare il dividendo spet-

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