em1ss1one continuativa di loro azioni e che lo investano nt?.llo acquisto di buoni d'opzione e nell'esercizio delle opzioni medesime onde costituire, gestire e negoziare un portafoglio di azioni popolari. Per rendere spedita la nostra esposizione conveniamo di chiamare le azioni emesse dalle cooperative d'investimento col nome di « cartelle cooperative », nonostante che nell'uso corrente la voce «cartelle» voglia indicare una obbligazione a reddito fisso, anzichè un'azione. Le cooperative d'investimento altro non sarebbero che dalle « holding companies » piegate ad obbedire alle finalità dell'azionariato popolare. Esse potrebbero consentire il conseguimento di due importanti finalità: 1) accelerare la democratizzazione del capitale in misura di gran lunga superiore a quella che sarebbe consentita dalla capacità di risparmio dei lavoratori delle singole imprese democratizzate; 2) ripartire i rischi dell'investimento del piccolo risparmio su azioni di varie imprese e rimunerare tale risparmìo col massimo dividendo n1edio consentito dalle vicende economiche dei rami produttivi ai quali una data cooperativa si sia interessata con i capitali investiti. Le cartelle cooperative dovrebbero essere facilmente negoziabili per riuscire appetibili al piccolo risparmiatore, il quale tanto più le gradirebbe quanto più sapesse di poter facilmente ritradurle in danaro 374 B __.aGino Bianco ad un prezzo che, per essere punto d'incontro di numerose domande ed offerte, non corra pericolo di essere un prezzo iugulatorio. Questo di facilitare il realizzo delle proprie cartelle cooperative ai propri soci, con opportuni provvedimenti che q-µi non giova discutere, sarà uno dei compiti che più dovrebbero cùrare i gestori delle cooperative di investimento. Quando una di esse si fosse affermata e quando la mole del proprio capitale lo giustificasse, il !Problema dianzi accennato potrà essere risolto dalla ammissione delle rispettive cartelle cooperative alla negoziazione di borsa. Le cartelle cooperative non potrebbero non essere azioni nominative, senza arrischiare che la cooperativa d'investimento si avvicini di troppo alla comune « holding company » di tipo capitalistico, a dispetto dell'assoluta parità di voto dei cooperatori, indipendentemente dal numero delle cartelle possedute da ciascuno. La nominatività del titolo non costituisce grave ostacolo alla sua negoziazione in borsa anche perchè gli operatori nostrani vi sono da anni abituati. Affinchè le cooperative d'investimento non diventino a loro volta organismi finanziari di mole eccessiva dove le volontà individuali siano sistematicamente sommerse, gioverebbe che la legge ponesse un limite massimo al capitale netto complessivo (ossia alla somma del loro capitale sociàle nominale e delle riserve) di ciascuna cooperativa d'irtvestimento
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