diritto alla sua parte di utili. Perciò la partecipazione ai benefici e alla gestione è alla base, uri diritto naturale, di cui bisogna tener conto se si intende mantenere i rapporti morali nella vita economica. -Invece il capitalismo liberale tiene per sè i suoi libri contabili e i suoi profitti; tratta come cose gli operai (che v-engono pagati e poi se ne vanno), mentre sono parte dell'in1presa allo stesso titolo del capitalista e del personale tecnico. La nozione classica del salariato è del tutto diversa dalla mia, ma è questa concezione che è errata, ed è per questo èhe io paragono il salariato (con molte riserve) alla servitù e alla schiavitù. La similitudine fra questi diversi regimi consiste nel fatto che si compra più o meno un uomo e suo malgrado per sempre quando si tratti di schiavitù, per una attività meglio definita nella servitù. Per quello che riguarda l'operaio, il suo consenso è più o meno libero (penso alle esigenze della povertà e dell'ambiente economico) ; ma l'operaio è ~empre tenuto fuori della dignità e della responsabilità dell'impresa. E' un essere comprato e non associato. Ai miei occhi di moralista il contratto di lavoro è alla base un contratto di associazione. Quando si tratta di creare la ricchezza, il rifiutare di considerare l'operaio come un associato genera una cattiva combinazione, in favore di chi ha il denaro. Non dico che il salariato anche generalizzato e allo stato puro sia ingiusto. Non è B ~~ _ca Gino Bianco ingiusto se non quando c'è una sproporzione tra il servizio prestato e la paga. Ma anch~ nella migliore delle ipotesi, il salariato è « non naturale » e deve essere superato, come lui stesso ha superato felicemente la servitù e la schiavitù ». Il P. De Marco su « Civiltà Cattolica » così dice: « Inoltre il lavoratore divenuto dirigente associato deve avere già deposta la antica mentalità del puro salariato che gli fa guardare esclusivamente gli interessi di categoria e gli utili a realizzazione immediata, trascurando gli interessi dell'azienda e gli utili a scadenza lontana, a cui sono legati la consistenza e lo sviluppo dell'industria. Gli interessi cioè che dovranno sempre predominare su quelli di categoria, perché la azienda rappresenta la fonte non solo del profitto capitalistico e delle retribuzioni salariali, ma ancora e più la fonte del benessere della collettività consumatrice dei beni prodotti e insieme il campo di impiego delle future generazioni del lavoro». Riguardo alla partecipazione dei lavoratori alla gestione aziendale cosi si esprime l'art. 66 del Codice di Camaldoli (Per la Comunità Cristiana - I.C.A.S.). « Le altre forme qi organizzazione aziendale nella quale i lavoratori anzichè attribuirsi la totalità dei redditi e delle responsabilità di gestione vi partecipano secondo combinazioni varie insieme ai capitalisti, sono da favorire in confronto della forma dominante che attribuisce redditi e responsabilità, nella
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