di quegli interessi sindacali dai quali lo sciopero è mosso, allora concepisce lo sciol!)ero come l'esercizio di un vero e proprio diritto. Si hannq cosl tre diverse concezioni dello sciopero, secondo il diverso valore sociale che lo Stato gli attribuisce: secondo che lo sciopero sia considerato come un fatto socialmente dannoso, o come socialmente indifferente, o come socialmente utile, lo sciopero è vietato, permesso, protetto: il che corrisponde, come sopra si è detto, alle tre figure dello « sciopero-delitto », « sciopero-libertà », « sciopero-diritto ». Queste tre diverse figure sono espressione di tre diverse concezioni politiche dello Stato. Lo « sciopero-delitto » si inquadra in una concezione paternalistica e autoritaria dello Stato; cosl avveniva nel regime «corporativo» fascista, in cui, mentre lo Stato istituiva da una parte appositi organi pubblici per risolvere d'autorità i conflitti collettivi di lavoro, puniva dall'altra lo sciopero come .delitto contro la economia pubblica (art. 502 e segg. C. pen. fascista). Lo « sciopero-libertà » corri-- sponde alla concezione dello Stato liberale. Lo Stato si disinteressa dello sciopero, finchè esso non dia luogo a violenze o a turbamenti dell'ordine pubblico in cui si ravvisino 3 oteca Gino Bianco gli estremi di altri delitti: finché lo sciopero si mantiene nei limiti della pacifica astensione dal lavoro, esso è un episodio di quella lotta tra categorie economiche, alla quale lo Stato vuol assistere come semplice spettatore: e solo in via eccezionale vi può intervenire come garante di libertà. Le categorie in conflitto sono, per lo Sta• to, contraenti liberi di fare come meglio credono gli affari loro ; i loro disaccordi, la tattica ch'esse credono di dover tenere durante le trattative, la riuscita o il fallimento di queste, rientrano in quel campo della libertà contrattuale in cui lo Stato non si ingerisce. La libertà di scioperare non è che una delle espressioni della libertà del singolo di fare tu~to quello che non è vietato dalle leggi: non esiste nei confronti dello Stato un dovere pubblico di lavorare; nello Stato liberale, come vi è, per chi può, la libertà di stare in ozio, cosi vi è per il lavoratore, se vuole, la libertà di scioperare. Se poi non lavorando lo scioperante perde la paga e resta senza pane, o se colla sua astensione dal lavoro incorre nelle sanzioni con cui il diritto privato colpisce l'inadempienza contrattuale (come potrebb'esscre il licenziamento), questa non è che la conseguenza logica di quel principio di responsabilità che è uno degli aspetti inseparabili
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