Lettere ai Lavoratori - anno II - n. 2 - mar.-apr. 1953

,çvolgono, soltanto durante i pe• riodi di inoperosità, altri lavori sul terreno proprio o su terreni altrui per le operazioni coltu ~ rali stagionali o in imprese extragricole, rivela una situazione .:i squilibrio e di precarietà. Lo svil1.4Ppo industriale è pr·p,ticaniente inesistente o volto alla soddisfazione dei bisogni elemen• tari, consentita dal basso potere di acquisto (prodotti dell' artigianato, alimentari, ecc). Di consc• guenza non si ha nessuna definitiva eliminazione dall'agricoltura di unità lavorative; il tasso 1u1turale di accrescimento del la popolazione continua a ristagnare sulla terra, la pressione demografica aumenta e le attività extragricole hanno soltanto la f unzione, peraltro progressivamente insuf Jiciente, di integrare il magro bilancio familiare del contadino e la crescente sua sottoccupazione. In tali casi - in relazione a quel tipo di inevitabile progre.\- siva intensifica=ione colturale permessa dalla abbondqnza di capacità lavorative sprovviste di capitali - i diagrammi sono te, ldenzialmente irregolari e di conseguenza la sottoccupazione tende ad aggravarsi. lii -Il gradomedido'impieginozone adagricoltucroantadinesatensiva edinzoneadagricolturcaontadinaintensiva 9. - L'analisi ora compiuta consiglia di esaminare in modo più approfondito la struttura delr oc2 1oteca Gino Bianco cupazione agricola sotto il prof ilo del bilancio annuale tra capacità di lavoro disponibile e capacità di lavoro utilizzato (grado annuo di inipiego). Si è innanzitutto valutato iit via di larga approssiniazione il deficit di occupazione per tutto il territorio nazionale e per le due categorie lavoratrici dei braccianti (e compartecipanti) e dei coltivatori ( intesi con questi, i proprietari ed afJittuari coliivutori e i coloni parziari). La valutazione consente di afJermare che l'aumentare della sottocupazione agricola italiana( I) ( calcolando nell'occupazione an• che i 72 m,ilioni circa di giornc.te forniti dall'intervento st,atale) si aggirerebbe su 641 niilioni di giornate, pari al 35°/o delle giornate disponibili in co1nplesso da parte delle forze di lavoro, puri grosso modo a circa 500 1niliardi di lire di reddito · di lavoro che l'agricoltura perde ogni anno. E ciò senza tener conto di quella maggiore aliquota, non valui abile, che essa perde per l'attuale basso com penso del lavoro, couseguenza della sua forte pressione demografica; la quale è limite non tanto all'equilibrio tra domanda e offerta quanto alla trasformazione dell'agricoltura in (1) La relazione precisa che le due valutazioni, quella per i salariati avventizi e quella por i coltivatori devono essere fatte distintamente, perchè adempiono a due scopi diversi. La loro somma, pur non essendo corretta, è stata fatta per dare un'idea np• prossimata dello squilibrio esistente nell' occupazion,e agricola del nostro Paese. 129

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