Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 12 - 31 dicembre 1952

tipografica e posso dire che di esso ne sono soddisfatti gli operai e gli amministratori, anche se è passato attraverso dif ficoltà non certo previste. Tutti sanno del resto che in Italia se, per assurdo, si potesse arrivare a rendere collettiva tutta la ricchezza privata, le paghe operaie sarebbero elevate di poco più del venti per cento! Ed ancora: noi cominciamo soltttnto adesso ad apprendere che alcuni Stati legiferano nella delicata materia dell'azionariato operaio e della compartecipazione agli utili delle aziende, e dobbiamo quindi attenderne i risultati. Segno è però che la corrente favorevole a questi postulati è abbastanza diffusa e, si noti bene, nel senso di togliere l'urto e la lotta fra il capitale e il lavoro ed introdurre nei rapporti tra operai ed industriali un senso maggiore di equità morale e di giustizia distributiva. E' vero che solo nel dopoguerra i postulati sociali cattolici, accennati dalla « Reri;,m Novarum », tentano le loro a1Jplicazioni. Ma ciò non vuol dire che già si debbano conda,nnare all'impotenza. In Italia la proposta della loro introduzione, fatta, con un progetto di legge dalla Confederazione bianca nel gennaio 1921, al Presidente del Consiglio on. Giolitti, cadde per la sorda opposizione dei liberali, dei socialisti e degli industriali. Ma ciò non significa che non venga un giorno in cui meriti di essere ripresa in seria considerazione. Biblioteca Gino Bianco Distinzioni sup~rate Per esempio proprio l'on. Olivetti, segretario della Conf ederazione « fascista » dell'industria - che, a suo tem'Oo, fu fiero avversario dei no3tri progetti compartecipazionisti -- in un suo discorso del 7 aprile scorso a Torino, è uscito in queste sintomatiche· a(lennazioni: « La vecchia distinzione tra capitale e lavoro non 1 oggi di certo netta, chè anzi i due termini tendono a fondersi in ii11 o solo... Basta a questo proposito considerare un 111.0,nento la figura ormai frequen~e dello amministratore delegato il <ruale è un padrone senza ca1)i ta.7 e epperciò un lavoratore che però dirige e ordina forse più del capitalista. E non è inutile Jar conoscere l'esempio di una grande azienda americrtnrt,, la Swift, nella quale lentamente, a poco a poco, l'intero capitale è passato agli operai, i quaii sono cosi anche gli azionisti della società ». I o non voglio qui ('itare alcuni esempi italiani e 1nolto più frequenti all'estero di volontario esperimento di questi nvstri postulati, ma mi sembra che, pur ammettendo alcun-i insu ccessi, non si possa dedurne lo assoluto pessimismo dell' A. !-V lla possibilità di una loro larga realizzazione con benefici risultati per la pace economica e sociale. Basterebbe qui ricordare che una delle più importa,nti conclusioni della Commwsi()ne d'inchiesta sulle condizioni clell'industria mineraria in}1iese è quella che suggerisce (<allo Stato di garantire la partecipazio635

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