Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 12 - 31 dicembre 1952

il mezzo onesto e legittimo di di/ esa degli interessi di ogni classe sociale, così respinge le trasformazioni economiche e politiche che urtano contro le leggi naturali e le naturali libertà. Ecco perchè il socialismo, nelle sue diverse forme e finalità, è sempre condannato. Sopprimendo esso il diritto di proprietà personale per trasformarla in collettiva, mentre crede di riparare radicalmente il male sociale, offende invece i diritti naturali degli individui, altera le competenze e gli offici dello Stato, e scompiglia tutto -l'ordine sociale. E' la parola di Leone XIII. Il capitalismo attuale, è vero, offre nel suo sistema argomenti efficaci di critica che giustificano talvolta la rampogna acerba del socialismo, così come implicitamente sono condannati dalla « Rerum Novarum ». Non credo proprio che Leone XIII, parlando dei diritti e dei doveri dei padroni e degli operai, volesse accennare soltanto agli individui, ma a tutto il fenomeno del capitalismo che già nel 1891 si delineava nella sua imponenza. Infatti la sua diagnosi della questione operaia è formidabile. Il Pontefice rileva « che i portentosi progressi delle arti ed i nuovi rnetodi dell'industria, le mutate relazioni tra padroni ed operai, l'essersi in poche mani accumulata la ricchezza e largamente estesa la povertà, il sentimento delle proprie forze divenuto nelle classi lavoratrici Biblioteca Gino Bianco più vivo, e l'unione tra loro più intima: questo insieme di cose e i peggiorati costumi hanno fatto scoppiare il conflitto. La Rerum Nova1•nm vale ancora E dopo aver detto che il problema è di tanta gravità che tiene in trepida aspettazione sospesi gli animi, ed affatica lo ingegno dei dotti, i congressi dei savi, e le assemblee dei legislatori, « in guisa che oggi non v'ha questione che maggiormente interessi il mondo», rivendica alla Chiesa cattolica il diritto di trattarla « ora di proposito e pienamente, a fine di mettere in rilievo i principii con cui, secondo giustizia ed equità, risolvere la questione ». Ed ancora: « Imperocchè, soppresse nel passato secolo le corporazioni di arti e mestieri, sènza nulla sostituire in loro vece, nel tempo stesso che le istituzioni e le leggi venivano allontanandosi dallo spirito cristiano, avvenne che a pàco a poco gli operai rimanessero soli ed indi! esi in balia della cupidigia dei padroni e di una sfrenata concorrenza. Accrebbe il male un'usura divoratrice, che, sebbene condannata tante volte dalla Chiesa, continua lo stesso, sotto altro colore, per fatto d'ingordi speculatori. Si aggiunga il monopolio della produzione e del commercio, tantochè un piccolissimo numero di straricchi hanno imposto all'infinita moltitudine 633

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