luzionari, nella lotta per_ la realizzazione delle loro più ardite e giustificate rivendi· cazioni; 2) - Che i proletari rivolu-- zionari dell'U.S.I., unendost con l'ala rivoluzionaria del Partito Socialista, in seno alla Confederazione Generale del Lavoro, potevano conquistare assieme, democraticamente, ra direzione della Confederazione stessa. Naturalmente, la mia p,:oposta unitaria fu respin.ta a grande maggioranza. Gli elementi anarchici di cui sopra si irritarono a tal punto, contro il mio unitarismo, che non mi rielessero nel Consiglio Nazionale della stessa Unione Sindacale, di cui facevo parte sin dalla sua prima costitu - zione, cioè dal 1912. Debbo aggiungere che, anche in quei tempi, per la mia fedeltà assoluta al principio dell'unità sindacale, mi •rifiutai nel modo più assoluto di prestarmi · alla divisione d'un solo sindacato; contrariamente a quanto avveniva in altre regioni, ove dei sindacati unitari venivano divisi, solo per il gusto di avere dei gruppi di lavoratori aderenti all'U .S .1. o alla Confederazione . .Di questa mia fedeltà all'unìtd sindacale, di cui sono e Biblioteca Gino Bianco sarò sempre fiero, gli elementi anarchici già ricordati non erano affatto contenti. Peggio per loro. Questi precedznti, però, srr-- vono almeno di risposta a coloro che, attualmente, mi accusano di essere unitario solo pe'rchè la corrente sindacale alla quale appartengo rappresenta la grande mag gioranza nel movimento sindacale. E tu, caro Rapelli, sai benissimo che nei nostri incontri di Torino, fra il 1923 e il 1925, (quando la Confederazione del Lavoro era di- 'retta dai riformisti) tutte le mie insistenze tendevano ad unificare tutte le correnti sindacali compresa quella cattolica - in seno alla Confederazione del Lavoro. Posso aver commesso molti errori nella niia vita di militante sindacale ( dato che non appartengo alla categoria di quelli che « non sbagliano mai ») ma nessuno può mettere in dubbio la mia fedeltà. ininterrotta e disinteressata al principio dell'unitd sindacale, che è l'espressione più. concreta della fedeltà alla causa di redenzione sociale ed umana dei lavoratori. Coi più cordiali saluti. GIUSEPPE DI VITTORIO 593
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