che egli insanguinava. Gli imperatori iconoclasti armavano flotte per liruciare le coste di quell'Italia che li supplicava di difenderla contro le violenze dei Longobardi. Ciò non ostante i Paf1i, continuavano ad essere fedeli; davano un utile esempio di pazienza, di rispetto per i vecchi diritti; mostravano che è una cosa formidabile, alla quale bisogna risolver~-i lentamente, quella di romperla con un potere antico, con un pr;incipio d'ordine, benchè rovinato dai suoi propri eccessi. Ma arrivò il momento in cui la tirannia colmò la misura. Leone Isaurico minacciava di mandare i suoi soldati a Roma per farvi spezzare le statue degli apostoli Pietro e Paolo. Allora il Papa Gregorio III gli scrisse: « Provati! Tenta, se sei capace, di toccare le statue dei santi Apo- ~oli e vedrai gli uomini del Nord venire per vendicare le ingiurie della Chiesa, perchè ecco che i ,Barbari addolciscono i loro costumi, mentre tu, principe di un popolo civile, ritorni alla barbarie >'>f. Nel medesimo tempo, mandava un'ambasceria a Carlo Martello per offrirgli il titolo di patrizio e protettore della Chiesa... Alla fine del secolo, Leone III, consumando la rottura con l'antico impero, incoronò Carlo Magno. La situazione presente è somigliante. Il Papato ha veduto, da un lato, la monarchia assoluta, rispettabile per i suoi ricordi, ma rovinata come si rovinano tutti i B1b11otecGa ino Bianco poteri con gli errori, con gli scandali, con l'usurpazjone dei diritti di Dio, con la tirannide valuta e'Sercitare sune coscienze. Esso vedeva la monarchia assoluta, come un grande corpo, da cui lo spirito si ritirava, e tuttavia vi restava come vicino a, un agonizzante, di cui faceva rispettare gli ultimi giorni, non o~ante il biasimo degli impazienti che si meravigliavano di tanta ostina~one. Ora ,ehe la Chiesa ha vegliato presso il letto funebre .ed ha !Provveduto alla dignità delle esequie,. il Papato si volge alla democrazia, ti questo eroico salvataggio, di cui parlava P. Ventura, a que- ~ti barbari dei tempi nuovi, rii ~ui esso non Si nasconde nè gli istinti violenti, nè la durezza del cuore. Ma in essi vede prima di tutti il gran numero, il numero infinito delle anime che bisogna conquistare e salvare; in secondo luogo, in essi v~e la povertà che Dio ama, la povertà che fa la forza, che non lesina nè il sangue nè i sudori, alla quale appartiene il futuro .... Sacrifichiamo le nostre ripugnanze e i nostri risentimenti per volgerci verso questa democrazia, verso questo popolo che non ci conosce. Perseguitiamolo non solo con le nostre prediche, ma anche :coi nostri benefici. Aiutiamolo non solo con l'elemosina, ma con lo sforzarci di ottenere istituzioni sociali che lo liberino e lo facciano migliore ». FEDERICO OZANAM 495
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