Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 8-9 - ago.-set. 1952

quel che potevano volere da me i confederali. Il colloquio ebbe luogo nella sala terit'ena d'un albergo del centro, presente anche una terza persona che aveva servito di intermediario. Il dirigente confederale, con parola diplomaticamente cauta, mi disse in •ostanza erte alla C.G.d.L. molte prevenzioni erano cadute e molte idee s'erano modificate, tanto da poter rendere possibile un riavvicinamento sincero fra essa Confederazione e le organizzazioni che si trovavano sulla nostra direttiva sindacalista. Era dunque venuto il momento di vedere se non fosse possibile di addivenire all'unità sindacale, per salvare dall'estrema rovina il movimento operaio italiano. Mentre il dirigente con:federale parlava, io riflettevo. Se f ossi stato così meschino da far prevalere i miei personali risentimenti, avrei facilmente potuto prendermi un'allegra vendetta dei molti insulti e delle moltissime diffamazioni di cui mi aveva.no gratificato specialmente durante e dopo la guerra coloro in nome dei quali era venuto il mio interlocutore. Ah, non ero io più il traditore, il venduto, il guerrafondaio che aveva voluto la grande strage del proletariato! Non ero io più il forsennato che a Fiume - - non sazio ancora di aver visto scorrere tanto sangue - p?'eparava altri lutti ed altre miserie con le più pazzesche avventure imperialistiche! Non ero io più nemmeno il ciclonico sindacalista traviatore di un proletariato ingenuo, che spingevo alla rovina per certe mie idee deliranti 1 se non per inconfessabili motivi! 4'28 ~caGino Bjanco Non ero io più nulla di tutto ciò, se coloro istessi che fino a. ieri ripetevano l'accusa venivano a chiedermi il concorso per una opera di salvezza del proletariato. od almeno in nome di esso! Questo avrei potuto dire al mio interlocutore. e sono certo che l'avrebbe ascoltato umilmente - allora! - nella smarrita paura del momento in cui tuttora si sferrava la percossa fascista, per la speranza di trovare dalla mia parte una qual- <' he effìcace difesa. Non ci ven- .~ai neppure per un attimo. Comprendevo che gli uomini della C. G.d.L. si sentivano vinti dal proromvere furioso di una violenza che essi - lungi dal preved~rP. e dal saper evitare - avevano · stoltamerite provocato ma non è mio costume infierir(;;, contro i vinti. Anzi, senza essere Catone, il più delle volte mi piace di stare con i vinti, anche se gli Dei sono con i vincitori. D'altra parte - e sopra tutto - perchè recriminare sul passato se l'errore, esso ']YUre, poteva condurre ad una conclusione benefica per la classe lavoratrice? Undiscorsopiuttostolungoma necessario · Era chiaro che i confederali si rivolgevano a me in quanto mi supponevano esponente di quel movimento sindacalista che ave- ?)a permesso a Parma di offrire - unica in tutta Italia - l'esem.pio di una resistenza collettiva così nobilmente fiera da imporsi perfino al rispetto dei fascisti. Era chiaro ancor più che i confederali mi attribuivano la capacità di influire su D'Annun-

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