Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 8-9 - ago.-set. 1952

I Scritti di: CAPPI ,; DE AMBRIS ,; DI VITTORIO DONAT-CATTIN,; FENIZI,; GRANDI,; GRONCHI ,; IMBERCIADORI ,; OZANAM ,; RAFFO RONCI ,; RUBINACCI ,; TOMELLINI ,; VINDAS ♦ I vivi e i morti ♦ Azione Cattolica e Sindacati "bianchi,, ♦ La Costituente sindacale del 1923 ♦ Di Vittorio "interventista,, • Il Lodo Bianchi ♦ Un discorso di Gronchi del 1921 ♦ La resurrezione sociale ♦ Gli aspetti attuali del movimento operaio ♦ L'industrializzazione del Mezzogiorno ♦ Ignoranza, miseria e disoccupazione ♦ L'apprendistato a Roma ♦ La classificazione professionale • L'artigianato in Alto Adige ♦ Pescatori dell'Adriatico ♦ La libera scelta del medico • Lettere dalla Finlandia, dall'In~hilterra dalla Calabria e dal Vaticano ♦ Cronache SltRMHK liii Biblioteca Gino Bianco I

f'Lettere ai LavoratoM\ dirette da GIUSEPPE RAPELLI ♦ Usciranno ad ogni fin di mese in fascicoli semplici ed in fa,, scicoli doppi nel periodo estivo ♦ Abbonamento annuo L. 1000 - ,, semestr. ,, 500Fascicolo semplice ,, 100- ,, doppio ,, 200 - Estero il doppio • indiriz~o postale : LETTERE Al LAVORATORI Casella Postale 328 ROMA • Versamenti per abbonamenti sul e/ c postale n. 1 / 21927 intestato a '' Lettere ai lavoratori,, nell' ul,, licio dei conti correnti di Roma Re.Jpon.Jahile: PIERO RANZI Autor. T.rib. di Roma n. 2522 del 25,,::: } Stabilimento Tipogralico UESJSA / R ::::-,, Biblioteca Gino Bianco

LettearieLavoratori Anno I - N. 8-9 .A.gosto-Setten1bre 1952 I VIVI E I MORTI Nella sosta estiva il movimento operaio italiano è stato sollecitato a ricordare e onorare alcuni suoi dirigenti attraverso la celebrazione dei compleanni di noti capi sindacali. Pen:~iamo che la cosa possa generalizzarsi anche perchè tra i minori capi non è certo minore l'ambizione di essere ricordati e onorati in vita. Forse verchè ciò può rappresentare e far pr,egustare una anticipazione di quanto si può sperare avverrà ad opera dei rimasti e dei posteri, dopo la mortie. Per questo noi suggeriamo di ricordare, con non minore intensità, accanto ane date dei compleanni dei vivi, le date anniversarie di coloro che ci hanno preceduto nel cammino del movimento operaio. E' d'altronde una continuità logica del movimento. E perchè anniversari e compleanni non si 'tiducano a panegiriche accademie, noi intendiamo dare l'esempio, in questo fascicolo, del come si potrebbero celebrare attraverso il ricordo di « fatti » che hanno interessato realmente la vita dei protagonisti che si intendono onorare. Cominciamo da AchiHe Grandi di cui in questo settembre cade il sesto anniversario della morte. Achille Grandi_ ha sofferto nel 1926 il maggior dramma della sua vita: il conflitto con l'Azione Cattolica .e la scomparsa dei « sindacati bianchi». Ecco perchè riteniamo opportuno ricordarlo con un brano della sua relazione all'ultimo Consiglio Nazionale della Confederazione Italiana dei LavoBiblioteca Gino Bianco

ratori (la Confederazione «bianca») tenutosi in Milano, P.zza S. Ambrogio n. 27, il 26 febbraio 1926. La relazione che venne allora diffusa con un opuscolo appositamente stampato a Verona nella tipografia del « Corriere del Mattino », giornale antifascista diretto dall'On. Giovanni Uberti, riguarda i rapporti tra Azione Cattolica e Sindacati « bianchi ». A questa parte di relazione, che può valere anche come storia del comportamento dei cattolici italiani di fronte al fascismo, facciamo seguire tre lettere dal Grandi scritte a Rapelli. Non sono meno significative, specie la terza che pubblichiamo, quella del 30 gennaio 1927. Grandi ebbe a scriverla dopo che seppe, in via riserv.ata, del tentativo dei « confederali rossi e riformisti » di pacificarsi, se non inserirsi, col sistema sindacale fascista, attraverso l'elaborazione di una mozione, di cui uno stralcio venne da noi pubblicato nel numero secondo di « Lettere ai Ln.vnratori >>. Per questo Achille Grandi rimasto in ItaUa, vale più di ogni altro quale monito ed esempio per sorreg,gere chi non intenda piegare, per chi sa rinunciare ai compromessi anche se la rinuncia vorrd dire soffrire. Ma noi rechiamo in questo fascicolo altri contributi alla storia del movimento operaio italiano: la brillante cronaca che Alceste De Ambris ha fatto nel 1923 del fallimento di quel tentativo di « Costituente Sindacale » (tentativo rinnovato con uguale sfortuna nel 1949), alla qual iniziativa aveva aderito Di Vittorio, quel Di Vittorio di cui pubblichiamo una lettera di giustificazione sulla sua << deviazione sentimentale » dc I 1915, che lo condusse a seguire, sia pure per breve tempo, nell'interventismo, Corridoni e Mussolini ed a scrivr.re, se non andiamo errati, qualche corrispondenza al « Popolo d'Italia». Cose «umane» di uomini «umani». Umani nelle 'loro incertezze e nelle loro debolezze, umani ancora nei loro spesso effimeri successi e trionfi. ,La storia dei capi ciel 11~ovimento operaio va fatta così, perchè è storia di uomini che, al pari degli altri, han potuto errare, che pur avendo di mira un obiettivo han potuto deviare rispetto alla strada iniziata e che poi, magari, pentiti si son ricondotti al primitivo cammino oppure ne hanno scelti di nuovi nell'ansia di arrivare più presto a.l raggiungimento dell'obiettivo. Diffidino i vivi dei panegiristi adulatori e ciò nel loro stesso interesse - possono ancora sbagliare - ed ai morti sia ~ 18 ,ca Gino Bianco

dovuto rispetto ed onore se veramente ciò hanno meritato e sono veramente degni di esempio, di imitazione. Per questo abbiamo voluto trovare tra le carte qualcosa che 'Veramente possa insegnare e dia all'uomo la figura <<umana» dell'uomo. Anche la Chiesa santifica, ma nel tempo e dopo la morte, con la prova delle opere e dei miracoli ottenuti. Ma un insegnamento vorremmo si traesse: che nel servire la causa del movimento operaio si possono avere valutazioni diverse e scegliere strade e strumenti diversi. Per questo non è giusto, non è ,giovevole, avere verso chi dissente da noi solo l'arma del disprezzo se non, peggio, favorire il sospetto con la calunnia quando invece è possibile ricondurre al retto cam.- mino chi ha deviato, attraverso la correzione fraterna e la persuasione. * Azione Cattolica e Sindacati ''bianchi,, nel 1926 Nel convegno fissato P. Balduzzi dichiara che, dopo l'approvazione della nuova legge sindacale, la G. C. dell'A.C.I., col con.senso esplicito del S. Padre, ha fermo il proposito di accentrare nell'I.C.A.S. tutto il movimento professionale ed economico-sociale dei cattolici italiani. Ritiiene da parte -sua che si renda quindi s~erflua l'esistenza della C.I.L. e fa ogni riserva circa il riconoscimento di tutti o di parte dei Sindacati e delle. Unioni del Lavoro aderenti che ancora svo\lgono la loro azione sindacale come a•ssociazioni di fatto da parte dell'A.C. stessa. !Riil~pcmdiaimo a P. Ballduz2li, rilevando n'on solo la contraddizione fra i ,propositi attuali e quelli espre,ssici in precedenza sino all'accettazione Bit · .ca Gino Bianco delle «Norme» ed anche dopo il Consiglio Nazionale, 1na illustrandogli la logicità della risposta scritta che noi gli consegniamo, e che pure merita almeno un'altra risposta iSCritta ed una discussione col Presidente 1 Generale dell'A.C. IP. Balduzzi non si rifiuta di presentare la nostra lettera e di ricihiedere il convegno al comm. Colombo, ma fa CO!Ill!Prendere che - contro anche il suo desiderio personale di venire in a1 ppoggio all.1a C.I.L. - egli deve adempiere alle superiori decisioni. A seguito di questo convegno, ed allo scopo di affrettare la fine della angoscio·sa disputa, mi decido a chiedere direttamente un colloquio al comm. Colom!bo, :facendogli domprendere come nessuna intenzione 419

ci sia da parte nostra di opporci ai superiori voleri, ma sia pur giusto il diritto di conoscere in forma esplicita le precise decisioni della G. C. dell'A.C.I. e di e.sporgli le ragioni ed osservazioni ritenute doverose. Il comm. Colom'bo r.il,sponde cortesemente aderendo, ma prega di attendere il ripristino in salute di P. Balduzzi che desidera presente al convegno per la continuità del suo operato in questa questione. Infatti con lettera del 10 febbraio 1926 il convegno viene fissato da II\ IBalduzzi ;preS!So l'avv. Colombo per il 12 febbraio. Non feci in tempo ad avvertire Giannitelli, e perciò il convegno ,si tenne a Milano fra l'avrv. Colombo e P. Balduzzi, No seda e Grandi. L'Incontrdoel 12 febbraio1926 La relazione dell'avv. Colombo e la discussione nostra è durata a lungo in forma cortese e amiche.vole. 10hi scrive non può ,che riassumerla. [l comm. Colombo ·ha riconosciuto che la nostra ultima dichiarazione in risposta alle decisioni della G. C. del 18 gennaio era fon:data su pre·cedentì e ragioni non discutibi:li. Ma, da parte sua, ha osservato che le pratiche e ,gli sforzi fatti dal1' A.C.I. e dalla C.LL. per riprendere i rapporti più cordiali fra l'A.C. ed il movimento sindacale cristiano - ritardati ed interrotti per qualche tempo da una volontà superiore alla sua - dopo l'indagine di P. Balduzzi, e dopo l'emanazione e l'accettazione delle Norme più volte ricordate, dovevano nel desiderio e nel voto dell' A.C.I. B 420 .ca Gino Bianco concludere in un regime di fraterna convivenza ed in più stretti rarpporti e riconoscimenti colla C.LL. e le organizzazioni sindacali aderenti, pur sempre affermata la superiorità del1' A.C. nelle questioni dottrinali, di indirizzo •sociale, educativo e morale. Le «Norme» dovevano anzi ritenersi conclusive e dare quindi il passo alle necessarie pratiche e co-ncordi applicazioni fra l'ICAS e la CIL. Lalegge sindacalefascista Ma è venuta sul tappeto, più sollecitamente di 1 quanto era lecito prevedere, la discussione della nuova legge sindacale, che, a ,suo giudizio, ha turbato ogni piano precedente. L..a G. C. dell'A. C. deve tener conto di essa, e, dopo aver considerato the gli aderenti alle organizzazioni sindacali bianche, per circoistanze non certo approvabili, sono ridotti nella loro entità ed efficacia primitiva, deve preoccuparsi di grandi falanJ?i di lavoratori cattolici, i.scritti alle associazioni cattoliche, che domani saranno rappresentati soltanto dal sindacato unico legalmente riconosciuto. Non credendo, il comm. Colombo, a qual,siasi efficacia delle altre organizzazioni sindacali che la legge pur consente possano eLSistere come « associazioni di fat-- to », pensa C'he l'A.C.I. debba prepararsi al leale esperimento del nuovo co.r,porazionismo legalmente riconosciuto, avviando ad esso le forze operaie cattoliche, debitamente numerizzate per categorie, e preparate moralmente e socialmente nell'ambito delle associazioni cattoliche ad influire beneficamente nel

nuovo movimento ,sindacale. Egli spera anzi che ,sarà cosi possibile ottenere le più precise garanzie sia per la effettiva apoliticità dei Sindacati unici riconosciuti, sia per il reale rispetto ai sentimenti religiosi e morali dei so·ci, e forse anche una effettiva rappresentanza dei lavoratori cattoliici ,ben preparati negli organi dirigenti dei Sindacati ri·conosciuti e nella magistratura del lavoro. Questa opera di Jpreparazione morale ed intellettuale, prima, e di attività pratica, poi, sarà affidata e diretta dall'I.C.A:S. che potrà e dovrà . usare dell'esperienza degli studiosi come dei tecnici del movimento sociale e professionale cattolico, al fine di ottene.re la maggiore influenza nelle !corporazioni riconosciute del programma cattolico soc1ale e dei 1egittimì interessi delle classi larvoratrici. Ciò premesso, e .sempre ;per quanto riguarda il movimento s1ndar.ale ,giuridicamente riconosciuto - e non per quello, ad esempio, degli addetti ai servizi o'd im.,pieghi pubblici, che non ,sarà legalmente riconosciuto, e iquindi le nostre Associazioni dei ferrovieri, dei maestri, ec-c., continueranno a vivere nell'a1nbito dell'A.C. - il comm. ColoonJbo aiggiun,ge ethe è chiaro come l' A.C.I. non possa più come prima preoccuparsi o meno dell'esistenza della C.I.L. e dei Sindacati e Unioni aderenti, delle quali peraltro non può impedire ldhe pro,seguano la loro attività come associazioni di fatto, •ma deve dichiarare che l'A.C.I. · intende essere pienamente libera nelle proprie successive delibere per attuare le decisioni surriferite, che Biblioteca Gino Bianco crede di avere chiaramente illustrate. Non occorre, egregi colleghl tlel C. N., che io e Nose'da v1 esponiamo ,qui le osservazioni e le ragioni che credemmo op- (J)orre a quelle del comm. C<:tlombo. Avevamo, del resto, gia preveduta la risposta, e sapevamo che sarebbe ,stato molto difficile. se non impossibile, il mutarla. L'A.C.I.abbandonala C.I.L. Solo ci permettemmo di o~- servare di non ritenere giustificato l'abbandono in cui l' ACI ·vuole lasciare oggi la C.J:.L. e le Organizzazioni .sindacali ade ... renti, dopo di aver cercato di riannodare con esse i rapporti interrotti non certo per 1oro volontà e dopo che nessuno può distruggere il fatto che per otto anni --.. e te olla de1 bi ta superiore approvazione - la C.I.L. ha rappresentato e diretto in Italia il movimento .sin'dacale dei lavoratori ,cattolici seguendo le diretti ve e gli insegnamenti della scuola sociale cattolica; e -che tale sua attività e differenziazione da ogni altro sindacato è stata nettamente riconosciuta e dalla stessa A. C. e da molte Autorità ecclel.Siastiche le quali nei mom.e111tipiù dri!flficili- ed ,n specie dal '19 al '21 - ne invocarono l'intervento e ne ri• ~onobbero la benefica efficacia contro ogni moto di sovversio ... ni smo .reli-gioso e sociale. Abbiamo aggiunto che rite-- niamo un errore non usare della facoltà ri1 conosciuta dalla legg~ tli far l'esperimento delle associazioni di !fatto, sia perchè questa facoltà ci può dare modo di esercitare un controllo effi .. 421

cace 1 sull'azione dei isindacati uni 1 ci, sia perchè ci permette la vera preparazione ed educazione degli operai cattolici, sia perchè è l'unico modo per difendere gli ultimi residui di libertà ~9in-- daicale in Italia e per mantenere ,i contatti colla organizzazione sindacale ,cristiana d 'Europa e coll'U.I.L. Ed infine ri• battemmo 'che l'unico mezzo pe.r indurre i sindacati unici a rispettare le rvaghe promesse mi• nisteriali è quello di conservare in vita l'organizzazione sindacale bianca, così come resiste la socialista Confederazione general.e del lavoro. Da ultimo non mancam1no di far notare come il rilievo che le nostre organizza .. zioni oggi hanno 'Ll11ascarsa efficienza non ha valore alcuno, perchè tutti conoscono le ragioni trarusitorie di questo stato di cose che scomparirebbe non appena fosse ripristinata la li1 bertà di associazione, sia perch:è i programmi e ile idee che prO!fessiamo non sono meno buone e meno giuste per il fatto che vi aderiscano molti o pochi organizzati. Ai propositi dell'A.C.I. di ìfare il leale esperimento del coI1Poramoniismo letgiailmente riconosciuto, opponemmo il tfatto ohe i sindacati fasci,sti, che $aranno gli unici riconosciuti, non abbandonano anzi ostentano il loro programma politico fascista, la assoluta comunanza e devozione al Partito politico fascista ed ~l Governo fascista, tanto da imporre tale etichetta e disciplina fascista alla stessa Confederazione generale del-- l'industria italiana ed alle or.., ganizzazioni dipendenti. Quindi niente apoliticità, ma isolo vago rispetto ai sentimenti religiosi degli aderenti quando non ur-• 422 ,teca Gino Bianco tino coi fini cosidetti nazionali del fascismo. Dell' «unitàsindacale»imposta Inrfine che noi, modesti ma fe .. deli .seguaci dei più insigni e venerati Maestri di sociologia cristiana, rimaniamo non solo ~ettici ma contrari ad ogni il• lusoria « unità sindacale », e co ... me ci siamo oppo,sti a quella sostenuta dai socialisti, nè credemmo a quella generosa ma poeti1ca tentata dal d'Annunzio, nè aderimmo ad inviti rivoltici in tempi ipropizii cta autorevoli dirigenti del movimento sindacale fascista, così uon vogliamo oggi confondere la nostra responsabilità di cattolici, di organizzatori e di cittadini, varando un esperimento imposto dalla forza legale e non da una matura convinzione delle masse lavoratrici intere.ssate, e compiutosi dopo una violenta ed in- ,giusta compressione contro il diritto di vita delle organizzazioni sindac~li cristiane. ·L'avv. Colombo ha risposto dimostrando di condividere alcune preoccupazioni, specie ·quella contro l'unità sindacale, ma ha insistito nel ritenere che l'A.C. non debba contrastare l'e•sperimento della nuova legge e darvi il suo leale contributo, dietro determinate garanzie. Se l'esperimento fallirà nessuna colpa potrà essere fatta ai cattolici italiani. Infine non ha mancato di cortesemente osser-- vare come il nostro stato d'animo non era, a suo giudizio, cosi spassionato •come è necessario per comprendere le nuove cor- .renti dominanti nel campo politico e isindacale, e trarne i minori svantaggi per l'interesse

generale dei cattolici ed in ispecie dell' A.C.I. Dopo avergli risposto che le nostre povere persone, già da tempo esposte ad ogni .battaglia, sono pronte anche al sacrificio di ogni loro mandato, pur di salvare il patrimonio de.l sindacato cristiano in Italia, abbiamo compresa in utile ogni ulteriore resistenza. Le ultimeillusionicadono Ed &llora chi scrive (Grandi) sotto la sua personale responsa1biQità ha conclUJSo che quando l'A.C.I. avesse messo in pratica i propositi esposti dal commenda tor Colombo, egli riteneva che la C.I.L., che vuole agire in collaborazione cordiale e non in contrasto con l'A.C. - pur lasciando la responsabilità di quanto sarà compiuto in seguHo a chi spetta - potesse chiudere la sua esistenza davvero onorata e gloriosa. Egli e Noseda però si riservano di esporre tali conclusioni al voto libero del Consiglio Nazionale della C.I.L. Dopo questo convegno, non abbiamo avuta più alcuna comunicazione. Solo abbia.mo appreso dai giornali il comunicato ufficiale dei lavori della G.C. dell' A.C.I. nella seduta del 15 febbraio corr_ente. Ne ripJ)rtiaimo qui ÌII1 tegralmente la parte cihe, nélla re1azione dei presidente comm. Colombo, riguarda le attività sociali: Il comunicatofinale « Si aipre ora all'orizzonte per l'Azione Cattolica un pitì ampio campo di opere nell 'assistenza, sociale ai suoi organizzati. Bit · .ca Gino Bianco «- Posto che per legge la tutela professionale dei datori di lavoro e dei datori di opera si svolgerà unicamente in seno ai Sindacati giuridicamente 'riconosciuti, l'Azione Cattolica, compresa della necessità per essi di curare i loro intereisi professionali, ma compresa altre sì di essere in possesso di una propria dottrina e d'una propria, tradizio~e vuol preparare e assistere i suoi organizzati anche sotto questo aspetto. << Essa parte dal principio, che i cattolici non debbano limitarsi a essere oggetto passivo di una attività professionale, ma debbano collaborare alla soluzione dei problemi sociali in virtù della stessa dottrina ripet.utarnente appresa dai documenti pontifici. « Quindi essa ha intanto disposto per una accurata indagtne statistica professionale, da compiersi in seno ai Circoli, Gruppi e Unioni dipendenti, allo scopo di conoscere a quali categorie di datori di lavoro e di datori di opere i soci appartengano. Sarà cura delle rispettive Presidenze 1Generali cfì sollecitare le organizzazioni singole a dare una risposta sollecita e precisa. « Mentre questo lavoro si sta svolgendo, la Giunta Centrale concreta la costituzione dell'ap- 'Oosito "Istituto di Assistenza Sociale". Esso ha il compito di organizzarsi in modo da formare accurati centri di studio, di consulenza e di assistenza su tutti gli svariati ,problemi sociali. Come è noto l'Istituto si suddivide in due seziorni: una di assistenza, una di consulenza; in ciascuna di esse persone,

o gruppi di persone, particolarmente competenti, seguiranno lo studio dei problemi del lavoro, della cooperazione, del1a previdenza e mutualità ovvero avvi:.eranno al modo rnigliore per assistere gli organizzati cattolici. « Il frutto di questi studi e di questa assistenza sarà messo a disposizione delle nostre organizzazioni e istituzioni; dn tal modo i soci, senza uscire dal seno dei Circoli di Azio,ne Cattolica, apprenderanno a conoscere e valutare i problemi sindacali e quelli della cooperazione, della previdenza e del - la mutualità, e si varranno di questa competenza sociale per la difesa dei loro interessi professionali e per l'incremento di tutte le opere di elevazione sociale. « L'Azione Cattolica, quindi, saprà che nelle sue file esistono insegnanti, professionisti, * datori di lavoro, lavoratori delle industrie e della terra, etc. i quali si perfezioneranno . nel1 o studio e nella conoscenza dei loro particolari problemi, e sapranno quindi, in seno a.i sindaca ti giuridicamente riconosciuti, o presso le Amministrazioni pubbliche, portare il contributo della loro dottrina e della loro esperienza. Questo comnnicato è stato dagli amici e da-gli avversari interpreia to come !la conferma del proposito dell'A.C. di avviare i lavoratori cattolici nel~ le ,Corporazioni sindacali fasciste. Da « Relazione del Comitato Direttivo al Consiglio Na.ziona,- le sui rapporti tra l'Azione Cattolica e la Confederazione Italiana dei Lavoratori», Milano 26 febbraio 1926 - Verona, Tipografia. S.E. V. « Corriere del Mattino». Tre lettere di Achille Grandi Mlonza, 1-4-1926 Caro Rapelli, ho ricevuto la Sua lettera d'ieri. Lei rkeverà una mia indirizzata presso << IL Corriere>>, Noi ci vedremo merco•ledì a Milano. La prego di ringraziare Don Cantano della Sua rispostaJ della quale terremo conto, e di ricambiargli i miei saluti ed aunu-ri. La Sua lettera mi addolora, non tànto per ciò che mi rif li!risce di Padre B. Quest'uomo è seccato perchè s:iamo stati costretti a descriverlo, con molta i24' )tecp Gino Bianco parsimonia, neUe sue contraddizioni. Non credo che a Roma si avrà voglia di seriamente tentare una confutazione deUa mia relazione. Non ho detto che una minima parte (anzi l'ultima) di tutta la documentazione triennale eh e ho con me, e che non sono disposto a tacere per un malinteso senso di disciplina. Il pensero .di Mons. Minoretti, esposto a me e in seguito ad altri, corrisponde a queJlo di Don Cantano. Padre B. anche qui equivoca. E' vero, invece, che la

nostra relazione sembra non sia arrivata al Santo Padre, ma abbia seguito le vie burocratiche di Mons. P. e dell'A. C., e ciò mi conferma nel ritenere che il Santo Padre non è esattamente informato del vero stato delle cose, non per colpa nostra cer .. tamente! Sono anch'io del parere che per ora non convenga accentuate il dissidio coll'A. C., ma mi persuado sempre più che non ci convenga demordere dalla posizione presa. Me ne -convince an .. che la recente polemica deZl 'iO.sservatore 1 Romano coZZ'Alvanti! La mozione che le ho trasmessa deve però servire a dimostrare o,i nostri amici, ed all'A. C., che se si vuole c'è molto ancora da fare. Ne faremo un uso riservato. Ma può servire d'indirizzo ai nostri amici che scrivono su giorna;li e riviste anche perchè non accentua dissensi coll' A. C., ma ne separa le responsabilità. A Pr>rovo la sua condotta per U «Lavoratore>> n l'indipendenza ripresa. I nostri gruptpi torinesi si stringano intorno ad esso. Confido che la. Sig.na Luda ci conserverà la sua fede e la sua amicizia. Per il resto faccia ciò che le detta la sua coscienza. Awrendo invece con maggior do•lore e tristezza il suo licenziarnenta dal «Corriere>•. Questi cattolici ... ufficiali hanno un metodo... cristiano davvero sintomatico! Ma ii Signore li ripagherà tL S'U,otempo, perchè tanti sacrifici e tanta nostra buona volontà non vadano del tutto dispersi. lo le auguro con tutto il cuore di poter trovare una occupazione sollecita che sia degna di Lei, e Le possa conserva- .. • I Bi lioteca Gino Bianco re quella indipendenza perchè lavori per la nostra causa. E, non potendo altro, prego ti Signore perchè La aiuti. Le faccio anche i rnigliori auguri e voti per il suo prossimo Niatrilmonio che lddio benedirà coUe Sue più elett;e grazie. Gradisca i miei fraterni saluti. Suo af.f.mo A. Grandi ♦ Monza, 7-10-1926 ,Caro R,apelli, abb-iamo ricevuta la Sua lettera: io ed i colleghi della C.E l'abbiamo letta anche con una certa commozione. Anche lei, come Salvadori, come altri amici, co1ne noi tutti fra qualche mese, pur di non ripudiare o nascondere la ncstra fede, ha preferito riprendere il lavoro come impiegato d'officina! L'ideale che ha tali seguac.i non può morire! Da parte nostra abbiamo deciso che, d'ora innamzi, ci troveremo al.la domenica onde facilitare a tutti i colleghi l'intervento. Le nostre delibere ufficiali sono quelle che avrà lette sul Corriere. Le altre sono le ... so.. lite. Si tira innanzi come .si può, ma si cercherà di resiste- 'te come « Confederazione bianca ». Se poi verrà, ~e verrà, a tempi liberi, sul terreno la questione dell'unità sindacale da voi auspicata, ne discuteremo, o... ne discuteranno i nostri successori. Per qu,anto riguarda l'A.C. ho avuto qualche approccio ri425

chiesto colla mia Giunta Diocesana. Si riconosce in sostanza l'errore co'Tn4)iuto ma .si sta ancora in bilico. Ho parlato molto chiaro in proposito. In fondo sanno che abbiamo ragione, e che continueremo da · soli anche senza il soccorso di Pisa. Ma il puntiglio è puntiglio. Può darsi che continuino col loro Istituto inquadrando in esso le attività economico sociali che aderiscono all'A.C. e segnando di più il loro distacco da noi. Pazienza, vedremo. Non potranno fare di più di ciò che oggi fanno invisi· a tutti e con quei bei risultati ... E veniamo al Lavoratore. E' vero che è stato sequestrato l'ultimo numero? Ho dovuto dare agli amici l'unica copia che avevo. Me ne mandi un'altra se può. Non L1 e nascondo, ancora, caro Rapelli, le mie riserve e quelle degli amici fedeli e che pure vi stimano ed apprezzano. Correte troppo, specie verso il socialismo ed oltre. La Chiesa cattolica può subire e magari trattare anche con governi socialisti e comunisti, ma non favorirà mai il loro avvento e tanto meno cesserà la sua condanna per la dottrina socialista. Facciamo oggi ciò che possiamo; noi qui abbiamo tenuto ancora un, ben riuscito convegno operaio e contadino. Noi li assistiamo ancora, anche se non andiamo presso gli industriali. Gli altri in sostanza non fanno niente se non imbrogliano. I lavoratori non dimenticheranno i loro veri amici purchè ci vadano e li consiglino. Fate altrettanto a Torino attraverso il vostro ufficio di a$w 426 G. 8 . eca 1no ,anca sistenza, a sera, alla festa, quando potete. E tenete fermo, perchè ritengo prossima un'altra visita di padre B. a Torino con nuova concione diocesana. Attendo le notizie promessemi. Saluti cordiali aff .mo Grandi. • Monza, 30-1-1927 Ce,ro Rapelli, ho ricevuta la Sua lettera N t!! ho parlato con Gr. ma io penso con lui che la cosa non avrà il seguito forse sperato da-i confederali. Non ho visto altri amici, anche per il fatto che io sono occupato provvisoriamente a Milano e non ho tempo disponibile. Penso che il nostro sacrificio ormai compiuto e la dignità con la quale lo sopportiamo valgano a farci meglio apprezzare anche dagli avversari leali. Il resto non conta. Oggi, caro Rapelli, si fa della storia, e le impazienze di taluni amici (che pur furono estremisti!) non giovano. Se potrò combinare un ritrovo La avvertirò. Se vorrà tenermi informato degli sviluppi ulteriori e dell'atteggiamento del «Momento» glie ne sarò grato. Gradisca, i miei fraterni saluti. aff .mo A. Grandi

La costituente sindacale del 1923 Nel 1923, dopo la marcia su Roma, vi fu un ,primo tentativo di •costituire l'unità sindacale 'dei lavoratori italiani. Ne fu al centro il sindacalista Alceste De Ambris, morto poi in esilio, durante il fascismo. Ecco la cronaca da lui .scritta di quel tentativo. Lo scorso aaosto - dopo la disastrosa fine dello sciopero generale dichiarato dalla « Alleanza del Lavoro» - uno dei dirigenti confederali mi fece richie-- sta d'un colloquio, mentre mi trov,avo di passaggio a Milano~ La richiesta mi sorprese alquanto: non è ignoto a chi segue il movimento sindacale italiano eh~ io ho combattuto fino dal suo sorgere la Conf ed€'razione Generale del Lavoro, per ragioni che non è il caso di ripe.tere qui; e - sebbene da parecchi mesi mi a.stenessi dalle consuete polemiche - i dirigenti confedera li non potevano certo illud t::rsi che avessi modificato le mie ideP.. Fra l'altro non avevo mai voluto dire o scrivere parola per la « Alleanza del Lavoro» - pur com7Yfendendo obbiettivamente le ragioni del suo sorgere e della sua esistenza - appunto pe-rBiblioteca Gino Bianco * chè mi ripugnava la contaminazione degli elementi che chiamerò ancora, con una denominazione ormai vecchia, sindacalisti interventisti con altri elementi che avevano seguìto e· seguivano una linea di condotta opposta nell'estrinsecazione dell'attività sindacai.e, non meno che nl?lla valutazione del momento storico. I miei rapporti - anche personali - con gli uomini posti alla testa della C.G.d.L. non erano dunque nell'agosto scorso sostanzialmente diversi da quelli degli anni di più aspra lotta reciproca, e la mia sorpresa per la richiesta del sopraccennato colloquio era più che legittima, Non credE.tti tuttavia di poter rifiutare a priori, anche perchè avevo conosciuto il richied~nte sulle vie dell'esilio; ma sopra tutto per la curiosità di udire

quel che potevano volere da me i confederali. Il colloquio ebbe luogo nella sala terit'ena d'un albergo del centro, presente anche una terza persona che aveva servito di intermediario. Il dirigente confederale, con parola diplomaticamente cauta, mi disse in •ostanza erte alla C.G.d.L. molte prevenzioni erano cadute e molte idee s'erano modificate, tanto da poter rendere possibile un riavvicinamento sincero fra essa Confederazione e le organizzazioni che si trovavano sulla nostra direttiva sindacalista. Era dunque venuto il momento di vedere se non fosse possibile di addivenire all'unità sindacale, per salvare dall'estrema rovina il movimento operaio italiano. Mentre il dirigente con:federale parlava, io riflettevo. Se f ossi stato così meschino da far prevalere i miei personali risentimenti, avrei facilmente potuto prendermi un'allegra vendetta dei molti insulti e delle moltissime diffamazioni di cui mi aveva.no gratificato specialmente durante e dopo la guerra coloro in nome dei quali era venuto il mio interlocutore. Ah, non ero io più il traditore, il venduto, il guerrafondaio che aveva voluto la grande strage del proletariato! Non ero io più il forsennato che a Fiume - - non sazio ancora di aver visto scorrere tanto sangue - p?'eparava altri lutti ed altre miserie con le più pazzesche avventure imperialistiche! Non ero io più nemmeno il ciclonico sindacalista traviatore di un proletariato ingenuo, che spingevo alla rovina per certe mie idee deliranti 1 se non per inconfessabili motivi! 4'28 ~caGino Bjanco Non ero io più nulla di tutto ciò, se coloro istessi che fino a. ieri ripetevano l'accusa venivano a chiedermi il concorso per una opera di salvezza del proletariato. od almeno in nome di esso! Questo avrei potuto dire al mio interlocutore. e sono certo che l'avrebbe ascoltato umilmente - allora! - nella smarrita paura del momento in cui tuttora si sferrava la percossa fascista, per la speranza di trovare dalla mia parte una qual- <' he effìcace difesa. Non ci ven- .~ai neppure per un attimo. Comprendevo che gli uomini della C. G.d.L. si sentivano vinti dal proromvere furioso di una violenza che essi - lungi dal preved~rP. e dal saper evitare - avevano · stoltamerite provocato ma non è mio costume infierir(;;, contro i vinti. Anzi, senza essere Catone, il più delle volte mi piace di stare con i vinti, anche se gli Dei sono con i vincitori. D'altra parte - e sopra tutto - perchè recriminare sul passato se l'errore, esso ']YUre, poteva condurre ad una conclusione benefica per la classe lavoratrice? Undiscorsopiuttostolungoma necessario · Era chiaro che i confederali si rivolgevano a me in quanto mi supponevano esponente di quel movimento sindacalista che ave- ?)a permesso a Parma di offrire - unica in tutta Italia - l'esem.pio di una resistenza collettiva così nobilmente fiera da imporsi perfino al rispetto dei fascisti. Era chiaro ancor più che i confederali mi attribuivano la capacità di influire su D'Annun-

zio in modo da farne lo scudo di protezione dell'organizzazione operaia minacciata in ogni sua forma. Parlai se1nplicemente ed esplicitamente. Anzi tutto posi ogni cur1 nell'eliminare ogni equivoco sulla rea;ltà della. mia posizione. Io non rivestivo nes .. suna funzione ufficiale nell'organizzazione sindacalista e non mi ritenei·o autorizzato comunque a rappresentare D'Annunzio. Molto meno potevo lasciar credere alla favoleggiata mia influenza sul Comandante. Tuttavia avrei fatto del mio megl.io per convincere i miei compagni dell'Unione Italiana del Lavoro dell'utilità generale di realizzare l'unità sindacale se ci fossimo messi prEventivamente ri'accordo sulle basi dell'unità stessa: indipendenza da ogni partito politico ed accettazione esplicita del principio nazionale. Aggiunsi subito di non credere che l'unità si potesse rag1iunf}ere mediante l'assorbimento delle varie organizzazioni in una di qtlelle esistenti prospettando invece la necessità di una Costituente Sindacale; e misi in rilievo che - pur senza aprioristiche esclttsioni personali -- bisognava convenire prelirninarmente che gli elementi direttivi di qualsiasi organizzazione gravati di responsabilità per gli errori del passato, avrebbero dovuto tirarsi in disparte per favorire l'unità, che doveva essere il mezzo per salvare il movimento operaio e non alcune posizioni personali. Infine esposi l.'opinione che - per assicurare il successo alla iniziativa BibliÒteca Gino Bianco unitaria - sarebbe stato utile àarle il nome di un organizzatore noto che esprimesse, come si1nbolo immediatamente comprensibile, i concetti pregiudiziali dell'unità: indipendenza dell'ornanizzazione operaia da qualsiasi partito politico e riconoscimento del principio nazionale. Proposi anche il nome: Rinaldo Rigola. Egli che da quattro anni stava in disparte, che non aveva mai partecipato ad atti antinazionali e che si era dimesso da segretario della C.G.d.L. appunto per non accettare l'asservimento di questa al partito socialist,a, mi pareva il più indicato f1, simboleggiare ed a garantire l'invocata unità nei ncstri riguardi, mentre nei riguardi dei confederali poteva essere il pegno della disinteressata lealtà con la quale i sindacalisti s'apprestavano all'opera unitaria. Conclusi ripetendo che queste erano le mie idee personali, non avendo alcuna veste per rappresentare chicchessia; · ma che m'impegnavo a sostenerle presso i miei compagni nella fiducia di vederle accettate. DoveI confederalciominciano a ciurlarenel manico Quando facevo questo discorso, non conoscevo che di vista Rinaldo Rigola. La mia proposta era dunque del tutto spoglia di ogni altro elemento che non fosse il desiderio sincero di stabilire basi più sicure per l'unità sindacale. Ritenevo ino(- tre che il nome di Rigola fosse veramente caro, ai migliori con429

federali, ricordando le loro ostentazioni di rispettoso affetto verso il vecchio organizzato - re. Rimasi perciò molto stupito quando mi accorsi che la mia proposta aveva un'accoglienza piuttosto fredda da parte dell'ambasciatore confederale. Questo, inoltre, mostrò subito la velleità di giocare sul solito equivoco a proposito del principio nazionale, riducendone il riconoscimento al riconoscimento puro e semplice di un fatto innegabile. Quanto all'indipendenza dai partiti, mi assicurò che i dirigenti confederali attendevano il prossimo congre -~- so socialista - nel quale avrebbero certamente trionfato i massimal.isti - per rompere il patto che legava l.a Confederazione al Partito. L'esito del primo colloquio · « unitario » non era dunque del tutto soddisfacente; rma mi pareva in ogni caso leale il proposito manifeslato dai confederali di accG>~tarsi -francamente a noi per fare l'unità. Misi subito al corrente di tutto l'amico Guid-0 Galbiati, segretario dell'U.I.d.L. e qualche altro militante sindacalista. Ebbi la soddisfazione di vedere approvata francamen ... te la mia condotta e non meno francamente accettate le mie idee, ivi comprese ,quelle rriguardanti il Rigola. Vi furono poi altri colloqui con •carattere meno riservato e personale - cui parteciparono ufficiosamente dirigenti della C.G.d.L. e dell'U.I.dL. - finchè si giunse ad una riunione quasi ufficiale nella sede stessa della 1 Confeàerazione, presente anche il Rigola. Non mi dilungherò a riferire quei col- .A'.30eca Gino Bianco loqui, i quali non furono in fondo che a.mplificazion{ del primo ma è necessario ricordare la tesi che sostenni nell'adunanza tenuta nella sede della Confederazione a proposito della necessità di convocare la C-0stituente Sinda,cale per realizzare l'unità con la f ormazione di un nuovo organisrno. Quattropunti Le mie ragioni S1 riassumevano nei seguenti punti: 1) N esst1,no degli organismi nazionali esistenti poteva arrogarsi il diritto di assorbire gli altri, perchè questo avrebbe urtato contro suscettibilità legittime e ad ogni modo non facilmente eliminabili. La. stessa U.I.d.L. che p-0teva vantarsi di rappresentare in atto i principi accettati come base dell'unità .sindacale, si credeva in dovP.- .,.~ di rinunziare a qualsiasi vrRtesa Per questo m-0tivo; 2) Meno di tutti poteva, int·€ce, avere pretese di tal genere la C.G.d.L. che recava un pesante bagaglio di errori commP.ssi contro il principio nazionale e contro l'indipendenza. dell'organizzazione operaia dai partiti. Il fatto che domani venisse infranto il patto che lP.- gava Za Confederazione al Partito Socialista non pcteva ba- $tare 'Per restituire alla Confederazione una verginità irrimediabilmente perduta ,ed a cancellare le responsabilità di carattere antinazionale da essa assunte nel lungo e non ancora chiUio periodo di sudditanza verso il Partito Socialuta. 3) L'unità. realizzata in $eno alla Confederazione avrebbe

lasciato sussistere tutti i motivi allega.ti dal fascismo per la sua offensiva contro le organizzazioni operaie, apparendo come un grossotano inganno diretto al salvataggio di persone o ,U aruppi compromessi, anzichè un rinnovamento coraggioso e &incero della vita sindacale italiana. 4) I comunisti ed i massimalisti che controllavano la 1netd cirr.a r1 elle forze confederali non potevano certo aderire lealmente al principio nazionale ed all'autonomia sindacale. Facendo l'unità in seno alla Conf eder<tzione, essi ,arebbero rimasti, di pieno diritto, per sviluppare un'opera diretta alla distruzione effetti va delle basi stesse dell'unità. Senza contare che la loro presenza avrebbe ancor più accentuato la validità. dei motivi fascisti accennati nel rpuntc precedente. Noi dichiaravamo dunque di non voler condividere responsabilità derivanti da un'azione diarn.etralmente npposta alla nostra, affermando che l'unico mezzo di lasciare com'l.lnisti e rnassimalisti di fronte alle proprie responsabilità, evitando che dovesse continuare a subirne le conseguenze il ptroletariato nostro, era appunto quello di formare un nuovo organismo nazionale, attraverso la Costituente, escludendone a prio-ri tutti quelli che non accettassero senza mezzi termini Fautonomia del Sindacato e il principio nazionale. Queste· ragioni - validamente sostenute dai miei compagni sindacalisti, dal Rigola ed aTeche da qualche altro conf ederale - non poterono vincere Bibl10eca Gino Bianco l'organica incapaieità della più gran parte dei dirigenti conf ederali a comprendere con l.arghezza di criterio la realtà della situazione sindacale quale ~-i presentava ancora nello scor:;o autunno. L'offensiva fascista scatenatasi in seguito alLo sciopero generale dell'agosto aveva prodotto gli effetti di un cataclisma distruttore. Nel campo sindacale non c'era.no più che rottami. La ,Confederazione aveva ancora sulla carta dei grossi effettivi: ma il suo esercito era come l'esercito italiano dorp0 Caporetto: sbandato e senza efficienza. Bisognava ricostruire con paziente ardore lo edificio croliato utilizzando i materiali ancora utilizzabili, evitando di ripetere i vecchi errori, armando·si soprattutto di umiltà e di abnegazione poichè l'orgoglio e l'egoismo erano stati le cause principali della disfatta. Uominsi enza fede Noi - che pure avevamo salvato dal catadisma la maggior parte della nostra organizzazione, e soprattutto l'anima di essa, appunto perchè rneno compromessi nell'errorP. - offrivamo l'esempio. I dirigenti confederali, invece di comprenderlo e di seguirlo, s'ostinavano a considerare la situazione come se si trattasse ancora ed unicamente di assicurarsi un prolungamento del loro dominio, mediante i soliti esvedienti. Solo U1J. grande fervore di fede eà una estrema franchezza potevano aprire le vie della .salvazione: essi, senza fede, continuavano a giocare sull'equivo-

co. Dovemmo accorgerci che, in fondo, i diriaenti confederali vedevano l'unità soltanto come un mezzo per opporre in seno alla Confederazione. alle forze cqmuniste e. massimaliste le forze sindacaliste, permettendo così alla .oligarchia che tuttora detiene i voteri confederali di continuare a. detenerli. Il motivo 1)rincipale - se non unico - che sollecitava i diriaenti coni ederali a ricercare l'unità con noi era insomma quello di modificare l'eauilibrio instabilR delle forze confederate aggiungendo le nostre forze alle loro per sconaiurare la minaccia di una vittoria comunista. Noi volevamo il rinnovamento dello. 'l)ita sindacale italiana. Essi volevano sem,plicemente servirsi di noi per salvarsi dalle bastonate fasciste e per un giuoco di interessi e di ambizioni personali~ Constatato auesto avremmo dovuto abbandonare la partita senz'altro, troncando ogni trattativa; ma nel proletariato. anche confederale, si pronunziava un così vivo desiderio dell'unitJà, çhe c'illuderrvmo di poter vincere ogni meschino equivoco continuando nell'opera intrapresa~ S'aggiunga a que6to l'atuto morale grandissimo che ci veniva dallo atteggiamento di Gabriele l]J' Annunzio e dal concorso fervido di Rinaldo Rigola, e si vedrà ,che la nostra illusione --- se tale deve essere considerata - non era priva di 1giustifi,ca - zione. Perci6 andammo innanzi, ftr,,o alla formazione del « Comitato per la Costituente Sindacale Italiana>/. Nella nostra opinione ~12 ~caGino Bianco questo doveva servire a stimolare le forze confederali che manif estavano una sincera volontd unitaria, rassicurandole sui nostri intendimenti con ia presenza di Rigola e di altri confederali nel Cornitato. In pari tempo intendevamo offrire un « punto di riferimento», una, indie.azione più precisa alle altre iniziative unitarie che sorgevano in Italia, rivelando e determinando uno stato d'animo così imperiosamente favorevole all'unità sin-- dacale, come non s'era mai visto prima. Il ComitatodellaCostituente I capintesta della, Conf ederuzione non videro certo con molta letizia il sorgere del « Comitato per ia Costituente Sindacale Italiana». Essi avevano anzi cercato di prevenire la nostra iniziativa creando un loro Comitato per l'unità sindacale da realizzarsi in seno alla Confederazione. Comitato che ebbe una vita grama e clandestina per un paio di mesi, nello scorao autunno. Tuttavia i capintesta suddetti dissimularono alla meglio ti loro malumore, jìnchè apparve pt!- ricoloso mettersi contro il movimento pra Costituente cui avevano aderito con grande e apontaneo slancio non poche organizzazioni confederali. Come non osavano - e non osano - convocare i! Congresso della Confederazione per paura di essere spazzati via dalla maggioranza comunista-massimalista, non Qsano dichiararsi avversi ad una iniziativa che raccoglieva nelle loro stesse file evidenti sim,,patie. Ma se in pubblico i cavintesta confedera li si contentavano ..

di anguiUeggiare evitando con grande cura di compromettersi nei confronti del « Comitato per la Costituente Sindacale Italiana», non trascurarono di mettere tosto in opera, dietro le quinte, tutti i mezzi più efficaci per sabotare iL nostro movimento. Risparmierò ai lettori il racconto di tutte le ribalderie piccole e grosse adoprate senza risparmio e senza scrupoli: dalle circolari semisegrete, alle caute diffamazioni ed ai mezzi semplicemente infami usati verso Rigola per costringerlo a ritirarsi dal « Comitato per l!L Costituente Sindacale Italiana». Mi ripugna questo sciorinamen-- to di sudicerie, che rivela ancora una volta la incredibile e inguaribile m;i,seria morale di coloro i quali pensano di essere in eterno destinati a guida-• re iL proletariato titalianp. Preferisco arrivare senz'altro alla conclusione, confessando che - sebbene l'esperienza del passato ci rendesse piuttosto scettici nei riguardi dei confederali - la loro malafede 1è risultata di gran lunga superiore ad ogni nostra :più pessimistica previsione. Abbiamo dovuto convincerci finalmente che da sei mesi seguivamo una chimera, supponendo e sperando che le tragiche conseguenze degli errori passati subite dal prole .. tariato avessero potuto renderE'. meno perfidi, meno s-♦.upidamente presuntuosi, m~no goffa·mente settari, i diTigenti confederali. E tuttavia, non ci sentiamo pentiti di aver perduto sei mesi in un tentativo unitario, non Bi' ·· ·~ca Gino Bianco 2 riuscito per opera di coloro stessi che l'avevano invocato. Forse quest'ultimo esperimento era pur esso necessario per orientarci meglio in un momento così difficile come l'attuale. Bilanciodi sei mesi Ad ogni modo resta acquisito: 1) che furono proprio i confederali a fare la prima mossa «unitaria» senza escludere che l'unitrì potesse realizzarsi mediante la convocazione di una Costituente sindacale e quindi all'infuori di tutti gli organismi esistenti. Questo, anzi, fu il solo motivo che ci persuase a discutere. Se .fin dall'inizio ci avessero detto che rimanevano · « fermi nella posizione di unitaristi entro i quadri confederali», noi ci saremmo ben guardati dall'importunarli più oltre; 2) che da parte nostra sono state offerte le prove più convincenti della sincera abnegazione con la quale ci disponevamo a realizzare l'unità. Tolte le questioni di principio (indipendenza dai partiti e riconoscimento del fatto nazionale), sulle quali non potevamo transigere, ci siamo offerti ai maggiori sacrifici personali e di gruppo pur di raggi11,ngere l'unità: indicando Rigola - che non era mai stato dei nostri - come esponente della nuova situazione, offrendoci di sciogliere al .. l'atto della Costituente l'U.I.d.L. e di togliere di mezzo le nostre persone qualora risultassero di ostacolo, dimenticando ooni antico dissidio e sopendo ogni attual<l motivo di contrasto. Si 433

noti inoltre che noi sapevamo perfettamente di dover essere minoranza e in seno alla Costituente e in seno all'organismo unitario che ne sarebbe uscito. Ciò malgrado, eravamo disposti ad accettarne con perfetta lealtà la disciplina, purchè f Ofsero salvi i principii basilari dell'unità sindacale e si potesse così a:,rovvedere più efficacemente alla difesa degli interessi proletari; 3) che in confronto di questa nostra condotta, i dirigenti confederali hanno dimostrato di concepire l'unità sindacale sol .. tanto come un mezzo per tirar l'acqua al proprio mulino e come un ombrello da aprire per difendersi dalla grandinata fascista, senza però sacrificare ef., fettivame11te nulla nè del bagaglio di errori del passato, nè dei propri preconcetti politici e sindacali, nè' - sopratutto - dellE' loro posizioni personali. L'indipendenza dai partiti l'intendevano come la rottura del patto di sudditanza col partito socialif-ta per non subire il controllo dr: lla maggioranza massimali .. st.a, salvo a mettersi effettivamente - anche se non dichia• ratamente - al seguito del partito socinlista unitario, cui so• no inscr ·tti t11tti gli attuali di• rigenti confedf:.rali. Il riconosci-- merto del principio nazionale i,olevano circondarlo di ogni sorta di riserve e di equivoci, in modo da lasciarsi dietro, non una ma dieci porte aperte per tutte le ~peculazi0ni demagogiche, senza comprendere che il giuoco, oltre ad essere disonesto, è ormai anche imbecille, non riuscendo più ad ingannate ~, ~caGino Bianco n,essuno. Infine, mettevano come tacita intesa che loro signori - cartchi di tutte le responsablità per cui il proletariato si ritrova nelle tristi condizioni attuali. - avrebbero conservato il me$tolo e i posti, cui non intendono assolutamente rinunziare, a costo di trascinare <t fondo, con le proprie carcasse, tutta l'organizzazione operaia. Puntoe basta?No I Puntoe a capo Ora, poi, visto e considerato che noi non volevamo consentire al loro giuoco, ì di?"igenti confederali buttano via l'ultima maschera e fanno il ricatto ai loro compagni che sono nel « Comitato per la Costituente Sindacale » per forzarli ad uscire. Mentono come iscrizioni sepolcrali alterando i fatti, e poi dicono: punto e basta! No, signori! Punto e a cavo. se non vi dispiace. In un momento terribile della vita italiana a noi sarebbe stato agevole mettersi dalla parte dei ptù forti. I confederali questo lo sanno e forse, nel loro intimo, si ttupiscono e ci qualificano imbecilli perchè non l'abbiarno fatto. Essi, certament~, non avrebbero avuto i nostri scrupoli. Comunque noi, non soltanto non abbiamo voluto schierarci dalla parte dei vincitori; ma quando i vinti hanno chiesto il nostro aiuto, non abbiamo esitato a dimenticare che erano i nostri nemici I di ieri sttndendo loro la mano per aiutarli secondo le nostre forze ad uscire dal baratro in

cui erano c.aduti a cagione degli errori e delle colpe commesse. Perch~ facevamo questo? Un po, forse per quella dose di donchisciottesche generositd che ci spinge ad essere col debole, anche quando non lo merita; ma certo anche perchè ritenevamo che la sanguinosa mortificazione ricevuta avease modificato l' animo di coloro che c'invocavano ad un certo momento come salvatori. Ma costoro, - i vinti che furono vinti senza che neppure avessero avuto l,onore di combattere - s'avvinghiarono alla nostra mano, non già per trarsi fuori dal pericolo e venire con noi alla luce, ma per tentare di trarci con loro nella fossa buia! E poichè abbiamo resistito, mordono la mano che poteva essere salvatrice. Riconosciamo i denti della vecchia vipera; 11ia il suo veleno non ha ptù }orza. Sappiano dunque gli abitctori della fossa buia confederale che se qualche volta possiamo avere delle generosità donchisciottesche, non vaneggiamo come l'eroico pazzo fino al punto di prendere le ostesse per castellane e i mulini a vento per giganti. Se mai, abbtamo piuttosto l'inclinazione contraria. Come H etne. Le od.teme pose gagliarde dei confederali, m~ntre hanno le spalle ancora indolenzite per le bastonate fasciste, ci fanno rider~. La Conf ederaztone di cut vantano la Biblioteca Gino Bianco « capacità tecnica ad impostare, a dirigere, ed a risolvere t problemi del lavoro », non è più che uno screditatissimo e sbugiardatissimo blumf. Essi somigliano a quel tipo di vagabondo maniaco descritto da Mirabeau, che conta dei ciottoli come se fossero pezzi d,oro, gioielli, somme favolose. E si lamenta che non oli servono a nulla. Trucchsicoperti A chi vogliono darla ancora ad inte.ndere i capintesta confederali? Sappiamo la loro im .. pudenza e la loro doppiezza. S.appiamo pure fino a qual orado di rinunzia vile si prepara- ?tO a scendere per conservare a se stessi l'illusione di contare ancora qualche cosa. Sappiamo anche le strade che seguono. allo scopo di rinnovare con i nuovi padroni un vecchio oiuoco. Mia è tutto inutile: ormai il trucco ,è scope·rto. lo svaventacchio non spaventa più nep .. pu.re i vasserotti. Nessun governanie, oggi, può essere imbecille fino al punto di prendere sul serio quella larva che è dii,entat a la Confederazione. I dirigenti di questa hanno creduto di salvare sè stessi, magari a spese del proletariato, giocanaoci un tiro che giudica .. vano birbone. Si accorgeranno ben p7eito che il tiro era soltanto idiota e che, pur aggTavancio nuovamente le condizioni d~l proletariato che ancora.- 435

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