Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 5 - 31 maggio 1952

Uln giorno, le maestre di scuola ma temft, tutte in blocco, suore ccml{PTese, dhiJudessero i battenti delle scuole. Quia,nte mamme dovrelfuero la..sciare il larvoro! Quanti bambini abbandonati nelle strade! Quante creature senza le cure che molte mammie non sa(IlJlo, 1110npossono. non vogliono prodigare ai piccoli dai tre ai sei anni! Oh, certo non faranno mai sciope:-o le educatrici di scuola materna; nessuno ha paura che ciò arvvemJgQ. Ma è ,perciò che certe cose neandhe si sanno, o. se si sanno, si fa conto di ignora.a-le. Hanno vi&ruto fino ad ora queille disgraziate, e vivranno ancora! Ma non sarebbe dovere di umani1J~ provvedere? Vivono perclhè, dopo souolia, si arraìbbattaino in mille modi, si a1rrurnaz.r.lano per arriva.re non ad andare al cineana od a vestire con elega1t1za, ma a SLallllal"Si, sempì:- cemente. Sono fatti reali, chiunque si informi un poco li può trovare in tutta Italia, nessuna rE-gione eisch.11sa. iBisogna prQIPrio sbraitare per ottenere un mtlnimo di gi,usUzia? Bis0tg;na scendere sttlle piazze, bilSoigtna girare con cartelli in mano? $:periamo di no. E Sjperiamo appunto che qualcuno, reso edotto della si,t.uazio.ne, .s: porti una mano al <.4..1.ore faccia sua la sacrosanta causa. Carolina Gasparini Da Scuola Materna del 15 aprile 1952. A CHI L'ITALIA.? A noi! gridano gli imberbi· studentelli uscendo dalle scuole ne,z sereni pomeriggi di novembre. A noi! gridano alcuni coscritti a.dorni di tricolori, uscendo « riformati » dall'Ufficio di Leva. A noi! gridano le studentesse infreddolite affondando il loro viso nel bavero di eleganti mantelli. Ma se questa povera terra, piena di debiti e di m.alanni dovesse toccare a cn,i se l'è « guadagnata » bisognerebbe guardare le statistiche dei m.orti in guerra che segnano il 90 per cento di contadini. Le trincee erano affollate dalle grosse scarpe, dai lavoratori della terra. Sono contadini 449 mila morti sui 513 mila che segna prtma l'Italia nel suo glorioso libro I A chi dunque l'Italia? Solo chi si sacrifica per 'la patria l'ama,· chi non am.bisce onori, ma le cariche affronta con civico coraggio e con abnegazione profonda, questi è patriota; chi non paventa i pericoli di morte e di fortuna, chi affronta le dicerie e l'ire dei malvagi con maschia fierezza, con costante tenaCia, questi ama sinceramente la Patria ed è degno figlio di essa. Ma gli egOisti, gli arrivisti, gli ambiziosi, i pescicani 1JOliticastri indecenti che trescano cOi pessipii cittadini per servirsi del loro appoggio alla realizzazione di mire riprovevoli e dannose, costoro per quanto abbiano a gridare: Patria! Patria! altro titolo non m eritanc che quello di ipocriti e pesSimi cittadini. GIOVANNI PAPINI (1920) 297 Biblioteca Gino Bianco

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