la potenza motrice irrisoria relativamente ( 54.Q00 ca.valli). Nel 1903 gli addetti all'industria salgono ad 1.275.000, dei quaU 760.000 sono uomini adulti, mentre la ootenza motrice supera 11 mezzo milione di ca valli e le Imprese industriali sono circa centomila. Si può dire di trovarci di fronte e.d una vera rivoluzione ind uNascitadella Confindustria E' stata la pressione dei lavora tori organizzatisi per primi a spingere i padroni a costituire dei loro sindacati. CoSì nel 1908 si costituì la Federazione Industriale Piemontese. La guerra del 1915-18 accrebbe lo sviluppo e dell'orga. nizzazio-ne operaia e di quella iadron'1.le. I Com'ltati di mobilitazione con il potere di regolare i rapporti di lavoro furono il punto d'incontro delle organizzazioni contrapposte. Nel 1919 la Lega Industriale di Torino, che era allora Za più forte a..<:soc:azione padronale, convocò le altre organiz.- zazioni e la Confindustria diventò tln fatto cornpiuto. Il faseismo la irrobustì con l'i~ quadramento obbligatorio di tutte le aziende; nel post-far scismo, gli errori e le divistoni dei capi sindacali operai, l'appoggio datole in contro. pa ·t ita dal Governo - perchè questi ritiene la con/industria un fatto,e d'ordine - l'han fatta sotto un certo aspetto anche la vera 'J)Q,drona del Paese. Biblioteca Gino Bianco striale. P.revalgono ancora le industrie tessili, ma. già si atf ermano quelle meccaniche con 200.000 addetti. Le cifre crescono ancora nel 1911 con oltre 2 milioni di lavoratori, duecentomila imprese, due milioni di cavalli vapore utilizzati. La precedente guerra mondiale ha lasciato tracce profondissime sotto tre punti di vista: ulteriore espansione degli impianti; predominio nello sviluppo della industria meccanica; im.pulso alla form.azione di grandi raggruppament-i ;,ndustriali. L'ultimo trentennio presenta tra grandi crisi: quella di smobilitazione dopo la prima guerra mondiale. la cosidetta grande crisi del 1930-33, e quella nella quale ci ha condotti una pazza politica di violenza. Nel trentennio si è ancora accentuato quel nazionalismo economtco che paghiamo co~l caro e che se ha sviluppato certe iniztative specie nell'industria pesante, chimica e mineraria, ne .ha prostrate e limitate altre, ostacolate nel loro bisogno assoluto di scambi con l'estero per avere materie prime ed esportare manufatti. • Chi scorre le cifre relative alla produzione, mentre ne riconosce J 'au·mento in alcuni settori, non può però non constatare l'arresto di altri, insieme ad una deformazione di tutta la nostra attrezzatura industriale che è stata portata tutta. verso la realizzazione di una auto-sufficienza, che si è ten presto rilevata non solo impossibile, ma inutilt-, impedendo invece quelle produzioni alle quali slamo particolarmente adatti e sulle quali si può fon283
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