Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 5 - 31 maggio 1952

Un mito del I' en1igrazionr.? Q UI NiON possiamo ignorare che in un vasto settore dell'opinione pubbli'ca si va rappresentando l'attività di chi si occupa dell'e1nigrazione icome quella di chi insegue od esalta un « mito )), sia l'emigrazione diretta o 1t r e Oceano, ovvero nei Paesi europei; sappiamo che si vuol dire con quel « mito >> un favoloso ed illusorio miraggio che sarebbe prospettato ad incauti o a disperati per indurli ad abbandonare il proprio Paese, l'Italia, impoverendo di uomini che sono nella migliore efficienza produttiva, quelle regioni dove la loro assenza generereblbe una depressione dell'attività di produzione, uno . squilibrio demografico pericoloso, e 1quindi un danno emergen1'e, non compensato da rimesse che, nella esaltazione del « mii!o », servirebbero a dorarne l'aspetto. Le statistiche dicono che nel 1951 furono 158.000 gli emigranti sta,bilmente trasferiti in Paesi transoceanici; che nello Bibl ' :a Gino Bianco ITALO MARIO SACCO nato nel 1886, senatore democristiano docente univ,e1·- sitario. stesso anno le rimesse sono salite a 120 milioni di dollari, ossia ad 80 miliardi di lire; questa so1nma rappresenta più della spesa per la vita di un nu1nero di persone pari a quello dell'incremento nu1nerico della popolazione italiana nel 1951. iN on vi ha dubbio che quasi tutta la somma rappresentata dalle riinesse degli emigranti, oggi va spesa dai loro familiari per le esigenze della vita; ,un ten1po il fenomeno era diverso; co1ne diverso è anche il comportamento dell'emigrato nel confronto dei suoi fa1niliari. E' lecito sperare che la politica dell'emigrazione tenga conto di 1'utte le ·conseguenze negative denunciate dai sociologi, al fine di scongiurarli; appare sterile discutere se il 267

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