Lettere ai Lavoratori - anno I - n. 5 - 31 maggio 1952

rosa quanto convenzionale ed essere paghi di argomentazioni scientifiche, ma non potremo mai negare che molti lavori apparente1nente inutili abbiano almeno rappresentato un ,mezzo d'emergenza per attuare una diversa e for.se migliore distribuzione del reddito. Infine, non possiamo ignorare .che tutti i governi, quando siano so,ttoposli alla pressione della disoccupazione e quindi a bisogni che non tollerano indugi, stanziano precipitosamente fondi per opere, in se stesse, di assai dubbia utilità. Nei vent'anni fra le due guerre mondiali la politica economica della 1 Germania e dell'Inghilterra, dell'Italia e della Francia, ha mirato .soprattutto a dare· occupazione ai lavora tori. Il successo di Roosevelt e anche quello di Hitler sono strettamente legati a t.w.a politica di pieno impiego; ed i suffragi che i laburisti ,continuano ad avere, nonostante gli errori compiuti, derivano dall'aver .garantito a tutti e comunque il lavoro. 1 Dopo la grande crisi del 1929 la politica americana :fu dominata dalla preoccupazione della disoccupazione. E se gli Sta ii Uniti fanno una generosa politica agraria di sostegno dei prezzi - per cui lo Stato compra tutta la produzione offerta quando i 1 prezzo di un prodotto scende al di sotto di un certo li vello - ciò dipende soprattutto dal timore dj cadere in' una crisi che provochi disoccupazione, della quale gli americani, dopo l'inattesa esperienza del 19?◄ ~-1933, hanno terrore. Bisogna ascoltare chi ammonisce: in primo luogo di evitaBibliot ..,caGino Bianco re di compiere atti che, invece di diminuire, accrescono la disoccupazione. Ma biiSogna altresì evitare (.he questa ragionevole preoccupazione porti alla conclusione· scettica, secondo la quale tutto ciò che il Go,verno fa sia inutile, se non dannoso. D'accordo che non si debbano provocare quelle .situazioni di incertezza che contribuiscono ad a,ccrescere quella disoccupazione che si vuol combattere; d'accordo che il 1 Governo spesso non riesce ad evitare i passi maldestri, ma ciò non impedisce di affermare che, specialmente per la disoccupazione cronica, l'iniziativa spetta al Governo. E presumibilmente si può aggiungere che, in Italia il ~roblema della disoccupazione agricola non .supera, come dimensioni, le concrete e immediate possibilità di una politica economica .rispettosa delle fondamentali libertà dei cittadini. E' stato già dimostrato che nell'agricoltura italiana vi è U..'1. eccesso di mano d'opera; anzi più propriamente si può dire vi sia un eccesso di popolazione rurale, e che il durevole m1.- glioramen to nel tenore di vita sia strettamente legato a quell'incremento delle attività extra agrico1e (industria, commercio, professioni, e•CC.) che possono consentire una migliore distribuzione <lelle nostre forze di lavoro. E' certo però che se l'orientamento generale della nostra politica economica deve favorire l'indicato trasferimen·to dei lavoratori, è altrettanto sicuro che per dare subito lavoro ai nostri disoccupati agricoli non si può attendere lo svo,lgi• mento di un così lento processo 265

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